All'Onu passa il piano di Trump, ma il difficile arriva ora
L'approvazione della risoluzione è solo il primo passo, anche perché i particolari della seconda fase sono troppo vaghi. Mosca e Pechino, astenendosi, hanno però già "incassato"

Il difficile viene adesso. Raccogliere i voti in Consiglio di sicurezza necessari a fare approvare una bozza sulla fase due del piano Trump a Gaza, perché tale resta il documento presentato all’Onu, non è stato così difficile. Piegare le ostilità (più di facciata che concrete) di Russia e Cina è stato per il presidente americano un ostacolo superabile con le telefonate e gli incontri. La Cina vuole altro e sui dazi e commerci ha già ottenuto, alla Russia basta invece l’Ucraina. Qui è sintetizzato il senso della mediazione che ha postato alla astensione di due dei membri con diritto di veto. Fin dalla tregua si era invece capito nottetempo che per il resto del mondo era un gigantesco sollievo liberarsi anche di questo faldone e metterlo sotto il mucchio delle scartoffie sulla scrivania delle crisi internazionali, in attesa di eventi futuri che nessuno conosce.
La pace di Trump faceva comodo e fa comodo a tutti e lo si è visto in queste ore e nel voto. O meglio Israele e The Donald li hanno ben chiari questi eventi, gli altri statisi si limitano a calcolare quanti soldati mandare per il contingente internazionale che è di là da venire. Con i presupposti che sono sotto gli occhi di tutti in questi giorni. Il premier israeliano Netanyahu che dice che la Palestina non esisterà mai, il suo “moderato” ministro urlante Ben-Gvir che distruggerà l’Anp se non accetterà (come ha fatto anche stanotte con malcelato imbarazzo, mentre Hamas ha buttato l'acqua sporca e il bambino attaccando il documento)e farà arrestare il presidente Abu Mazen e tutto il vertice di Ramallah.
Oppure i carri armati dell’esercito di Tel Aviv che ancora una volta prendono a cannonate l’Unifil, la forza di interposizione dell’Onu schierata in Libano. Lo stesso destino di impotenza con un bersaglio disegnato sulla schiena, che potrebbe toccare al contingente che sarà schierato a Gaza. Un'ipotesi che in molti temono possa essere il destino finale dell'asse portante della "fase due", quello della forza di pace. Anche perché questa risoluzione, che ha fatto esultare Trump per la rilevanza di “portata storica” della “maggiore pace nel mondo”, poggia le sue basi sulla “madre di tutte le risoluzioni” sulla Striscia di Gaza: la numero 242 del 1967, ricordata dall’Onu anche dopo la guerra dello Yom Kippur nel 1973, ma mai attuata fino in fondo e fino ad oggi dai governi che si sono succeduti in Israele. Fino alla legittima risposta all’attacco al cuore del Paese il 7 ottobre, ma la cui efficacia è andata ben oltre ogni più tetra aspettativa per quanto riguarda le vittime civili.
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