Aiuti (pochi) e pacchi dal cielo, ma per Netanyahu «non c'è fame a Gaza»
di Redazione
Al via le “pause umanitarie”, con scarsi risultati per la popolazione: la maggior parte dei pacchi sarebbe caduta in zone off limits per la popolazione. E i raid sulla Striscia continuano

Spinto da una pressione internazionale sempre più intensa di fronte alla catastrofe umanitaria provocata dalla fame e dalla mancanza dei beni più essenziali, Israele ha ceduto e ha annunciato una "pausa tattica" per 10 ore al giorno delle sue operazioni militari in alcune parti di Gaza, insieme all'apertura di “percorsi sicuri” per l'arrivo degli aiuti alla popolazione ormai ridotta allo stremo. L'Idf ha ripreso il lancio dal cielo di pacchi contenenti farina, zucchero e cibo in scatola, mentre anche Giordania ed Emirati hanno paracadutato nell'enclave almeno 25 tonnellate di beni con i loro aerei. E dopo 150 giorni, anche l'Egitto ha fatto entrare dal valico di Rafah 120 camion di aiuti umanitari, tra cui cibo e forniture mediche dell'Onu, della Mezzaluna Rossa egiziana e degli Emirati. Un primo passo per alleviare la crisi che intanto continua a uccidere ogni giorno a Gaza: sei persone decedute per la fame solo nelle ultime 24 ore, di cui due bambini, mentre a decine continuano a morire per gli attacchi in tutta la Striscia, compresi 24 uccisi nelle zone designate alla distribuzione degli aiuti.
Secondo quanto annunciato dall'Idf, le attività militari saranno sospese fino a nuovo avviso dalle ore 10 alle 20 locali ad Al-Mawasi, Deir al-Balah e a Gaza City, mentre «dalle 6 alle 23 saranno istituiti percorsi sicuri designati per consentire il passaggio dei convogli dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie che consegnano cibo e medicine alla popolazione in tutta la Striscia». Una promessa ben presto tradita, visto che a ovest di Khan Yunis i raid sarebbero proseguiti e avrebbero fatto altri 13 morti, La decisione, d'altronde, non indica di certo che la fine della guerra si avvicina: l'esercito israeliano ha precisato che «continuerà le operazioni offensive» contro Hamas, che intanto ha sottolineato come «la tregua non avrà alcun significato se non si trasformerà in una reale opportunità per salvare vite umane».

Ma per Benjamin Netanyahu, secondo cui (parole sue, pronunciate sabato sera durante un evento a Gerusalemme), «non c'è alcuna politica della fame a Gaza, e non c'è fame a Gaza», con questa mossa le Nazioni Unite «non avranno più scuse» e non potranno incolpare il suo governo, il premier israeliano deve fare i conti con le critiche dell'ala più estrema del suo esecutivo capitanata dal ministro Itamar Ben-Gvir, secondo cui la decisione sugli aiuti rappresenta una «capitolazione» a Hamas, ribadendo il suo appello a bloccare gli aiuti, conquistare Gaza e sfollare i palestinesi. Da parte sua, il responsabile umanitario Onu Tom Fletcher ha accolto con favore l'annuncio dell'Idf della sospensione umanitaria delle attività militari, sottolineando che i suoi team sul campo «faranno tutto il possibile per raggiungere quante più persone affamate nella questa finestra temporale».

Ma intanto restano le critiche al lancio aereo degli aiuti, giudicato inefficiente e pericoloso: secondo la testimonianza di un giornalista di Gaza alla Bbc, «la maggior parte» dei pacchi finora paracadutati sono finiti in zone militari off-limits per i civili. E per molte organizzazioni umanitarie, l'ultima mossa di Israele rappresenta solo una goccia nel mare di necessità umanitarie dei civili di Gaza. In questa direzione vanno anche le parole del ministro degli Esteri britannico David Lammy, secondo cui la pausa tattica è «essenziale ma in ritardo», e non basta «ad alleviare i bisogni di coloro che soffrono». Anche il cancelliere tedesco Friedrich Merz, in una telefonata con Netanyahu, ha esortato il premier a «fornire ora ai civili affamata di Gaza gli aiuti umanitari di cui ha urgente bisogno». E soprattutto, a «fare tutto il possibile per ottenere un cessate il fuoco immediato». Con i negoziati di Doha al palo dopo il ritiro dei team di Israele e Stati Uniti, l'accordo per la tregua resta ancora lontano. Il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha detto che Washington «deve cambiare strategia a Gaza». E dalla Scozia, il presidente americano Donald Trump ha sottolineato che sul futuro della Striscia «non spetta a me decidere, tocca a Israele farlo». La guerra resta così la tragica realtà per milioni di gazawi. «Un convoglio di aiuti o qualche lancio aereo non saranno sufficienti» ha detto alla Bbc Rasha Al-Sheikh Khalil, madre di quattro figli a Gaza City. «Abbiamo bisogno di una vera soluzione, della fine di questo incubo, della fine della guerra».
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