martedì 3 maggio 2022
Zoja Svetova di «Novaja Gazeta» al Giardino dei Giusti di Milano per la Giornata per la libertà di stampa: «Qualsiasi informazione è una fake news: noi giornalisti rischiamo 15 anni di carcere»
La giornalista russa Zoja Svetova: «In esilio se scrivo di Ucraina»
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Storica collaboratrice di Novaja Gazeta, dal 22 marzo scorso Zoja Svetova ha cessato di scrivere articoli, come tutta la redazione diretta dal Nobel Dmitrij Muratov. "Gli innocenti saranno colpevoli” è il titolo del suo libro dedicato al sistema giudiziario russo. Invitata da “Gariwo”, è intervenuta alla manifestazione per la Giornata mondiale della libertà di stampa al Giardino dei giusti di Milano.

Zoja Svetova, lei ha scritto “Gli innocenti saranno colpevoli”, un libro dedicato al sistema giudiziario russo. Ormai non si parla più delle proteste scoppiate subito dopo l’invasione dell’Ucraina. Proseguono? Cosa accade agli arrestati?

Non se ne parla in Occidente perché non sono proteste di massa: sono giovani coraggiosi che vanno sulla Piazza rossa a Mosca o in altre città con dei cartelloni che contestano ciò che avviene in Ucraina. Sono arrestati, interrogati: spesso vengono multati e passano 15 giorni nei posti di polizia. Dopo 3 o 4 fermi possono avere un processo penale e rischiano 4 anni di prigione. È una protesta elitaria, ma che continua: direi mille arresti la settimana.

È stata sorpresa dall’invasione dell’Ucraina? Cosa pensa delle accuse di crimini di guerra contro l’esercito?

Pochissimi pensavano che l’esercito russo sarebbe entrato a Kiev e che l’aviazione avrebbe bombardato: era inimmaginabile. Ora tutti i giornalisti russi che coprono gli avvenimenti in Ucraina, poi restano in Occidente: all’inizio di marzo la Duma ha votato la legge sulle “fake news” e dunque qualsiasi informazione sull’Ucraina, sulle vittime civili, sull’esercito russo, è considerata menzoniera e questi giornalisti rischiano da 10 a 15 anni di reclusione.

Come definisce ciò che accade in Ucraina: è una operazione militare? L’esercito ha cambiato strategia?

Dal 24 febbraio c’è la censura militare, che vale non solo per la stampa. Il governo, i deputati chiamano ciò che accade in Ucraina l’«operazione speciale militare». Io, in quanto cittadina russa che rispetta la legge, dico come afferma il governo che è una operazione speciale militare. L’esercito russo è in Ucraina. Cosa sta facendo? Una operazione militare speciale.

Quali sono i veri obiettivi di Putin: si fermerà in Ucraina?

Non ho contatti con l’entourage ristretto di Putin, non so quale sia il suo pensiero: afferma che vuole liberare l’Ucraina dai fascisti. Io non sono andata in Ucraina, se avessi visto con i miei occhi cosa avviene ve lo potrei dire. Ho partecipato a una trasmissione televisiva in Italia, ho visto dei filmati. I giornalisti russi che sono sul posto, di cui ho fiducia, raccontano una versione del tutto differente: dicono che Putin vuole far cambiare il presidente in Ucraina. Non so se sia vero, seguo gli avvenimenti, leggo i reportage.

Quali sono le conseguenze delle sanzioni?

La vita è due volte più cara: il cibo, i vestiti, i trasporti sono più cari e non comprendo come la gente comune riesca a vivere. Anche per gli oligarchi ci sono problemi: non possono più andare in Occidente a fare affari. Tra qualche tempo la popolazione sarà ancora più povera e sarà pesante anche per gli oligarchi. Le sanzioni hanno cambiato la situazione economica.

Nell’introduzione italiana del suo libro, edito da Castelvecchi, lei descrive l’arresto di sua madre. Suo nonno, famoso storico, fu fucilato nel ’37 da Stalin, sua nonna ha conosciuto carcere e confino, come i suoi genitori. Sakharov e Solgenitsin erano amici di famiglia. Perché non ha lasciato la Russia?

Amo la Russia, la mia città, la mia casa. A Mosca c’è la tomba di mio marito, morto due anni fa. Ci sono molti amici e se non posso lavorare come giornalista, posso scrivere libri. A volte ho paura di una nuova perquisizione dopo quella di 5 anni fa: una vendetta per la mia attività di giornalista.

Zoja Svetova, visitando il Giardino dei giusti si è fermata davanti all’albero di Anna Politkovskaja. Perché le ha dedicato il suo libro?

Non eravamo amiche ma la conoscevo bene come collega: con lei ho seguito dei processi. Per me è l’esempio di come deve essere una vera giornalista che ha pagata con la vita per aver fatto bene il suo lavoro. E nel suo libro sul regime di Putin aveva previsto molte cose. Diceva: i soldati che hanno fatto la guerra in Cecenia rientrano in Russia e vivranno con la sindrome cecena, saranno molto feroci. È un onore essere in questo giardino e vedere il cippo dedicato ad Anna Politkovskaja.

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