giovedì 9 giugno 2022
Il progetto di legge, presentato dal Partito socialista e sostenuto anche da Ppe e Podemos, pene fino a 6 anni per gli sfruttatori e sanzioni per i clienti. Ma è scontro su diversi punti
Un'immagine d'archivio del Parlamento spagnolo

Un'immagine d'archivio del Parlamento spagnolo - Ansa

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«Nel gennaio 1932 in questa stessa Camera si discusse l’abolizione della prostituzione poiché incompatibile con la dignità umana e un fallimento per l’etica di uomini e donne». Novant’anni dopo, la vicesegretaria del Psoe, Adriana Lastra, ha citato le parole della pioniera del suffragio femminile, Clara Campoamor, per difendere in Parlamento la proposta di legge socialista per abolire la prostituzione. Che in Spagna – secondo paese per consumo in Europa dietro la Germania e avanti all’Italia – è ancora “a-legale”, nonostante le pene per lo sfruttamento previste dal Codice penale, perché consentita in assenza di coercizioni, se non praticata da minori e in spazi pubblici.

Era uno dei principali impegni del premier Sánchez nella legislatura. Si è fatto ora il primo passo avanti, con il via libera all’iter parlamentare dell’iniziativa del Psoe con 232 voti, grazie all’appoggio del Partito Popolare e di Podemos, dal quale però si sono smarcati i deputati di En Comun, il braccio di Unidas Podemos che fa capo alla sindaca di Barcellona, Ada Colau, a favore di depenalizzare la prostituzione e di tutelare i diritti di chi esercita la professione.

Nel dibattito sono apparse irriconciliabili le posizioni fra socialisti e gli alleati di sinistra, gli indipendentisti catalani, contrari alla normativa, che a loro dire «criminalizza» chi sceglie la prostituzione, dà le spalle alle “lavoratrici sessuali”, e «confonde tratta con prostituzione».

Fra i 38 no anche i liberali di Ciudadanos, a favore di una “regolamentazione” sul modello tedesco. Fra le 69 astensioni, i baschi del Pnv e di Bildu, e Vox, per motivi diversi. I primi esigevano una riforma della legge per gli stranieri e una normativa integrale contro la tratta, promessa dal governo. Mentre l’estrema destra ha criticato il «proibizionismo» del Psoe, «senza rafforzare la lotta alle mafie che controllano il traffico di immigrati».

La proposta ha riacceso l’aspro e plurale dibattito nel movimento femminista e le dispute all’interno della coalizione rosso-viola sul fronte delle Pari opportunità. In pratica contiene i due emendamenti che i socialisti erano stati costretti a ritirare alla legge di libertà sessuale e contro la violenza, nota come «Solo sì è sì» e approvata di recente, perché i soci di Podemos avevano minacciato di non votarli. Il giorno dopo il Psoe ha registrato un’iniziativa legislativa specifica. Non rende illegale la prostituzione, ma “corregge” l’articolo 187 del Codice penale, introducendo pene da 3 a 6 anni per gli sfruttatori e sanzioni per i clienti. Adriana Lastra ha ricordato che in Spagna ci sono 45.000 donne sfruttate sessualmente e ha fatto appello a mettere fine «all’impunità dei prosseneti», gli sfruttatori.

La polizia stima siano circa 1.400 «club de alterne», i supermarket del sesso concentrati soprattutto a La Junqueras, alla frontiera fra Catalogna e la Francia, meta del turismo sessuale di mezza Europa. E dove donne e donne transgender, nell’80% dei casi portate in Spagna da organizzazioni criminali per prostituirsi sotto costrizione, sono spesso in situazione di schiavitù.

La normativa, che il governo spera di approvare entro l’anno, punisce chi affitta appartamenti o locali, e introduce il carcere per i proprietari dei postriboli. Ma, secondo molte associazioni che offrono assistenza alle donne in situazione di prostituzione, non offre protezione, formazione e inserimento alle “sopravvissute” alla tratta, né a chi decide di denunciare lo sfruttamento. E può ottenere l’effetto opposto di ricacciare la prostituzione, che oggi si svolge soprattutto attraverso internet, ancora di più nella clandestinità.

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