sabato 25 luglio 2020
Crescono i consensi all'appello del patriarca maronita Béchara Rai affinché il Paese affermi la sua neutralità. A causa della crisi pandemia l'80% degli istituti cattolici chiuderanno
In piazza, a Tiro, contro il governatore della Banca centrale

In piazza, a Tiro, contro il governatore della Banca centrale - Reuters

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Hezbollah sempre più solo. L’appello, lanciato dal patriarca maronita Béchara Rai, al riconoscimento dello status di neutralità al Libano riscuote sempre più consensi in un Libano alla ricerca di un’ancora di salvezza dai suoi guai economici e politici. L’ultimo sostegno è arrivato dal ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, giunto a Beirut nella prima visita di un alto responsabile occidentale da parecchi mesi.

Dal 5 luglio, il patriarca non perde occasione per ribadire che i mali attuali del Libano, tra cui il suo attuale isolamento internazionale, è il risultato del suo schieramento (o, meglio, di una determinata fazione) a fianco di tale o talaltra potenza regionale. Riconoscere all’Onu la neutralità del Paese, secondo il patriarca, sbloccherà gli aiuti internazionali attesi, ma rappresenta anche un ritorno alla vocazione che il Libano si era sempre attribuito, ossia quella di essere un ponte tra Oriente e Occidente, un punto di incontro tra diverse culture e religioni.

L’idea ha riscosso l’appoggio di diverse autorità politiche e religiose libanesi, cristiane e musulmane. Silenzio totale, invece, da parte di Hezbollah, che si considera il “perdente” di tale politica. Un segnale poco rassicurante, a due settimane dal verdetto del Tribunale internazionale dell’Aja sull’assassinio di Rafiq Hariri, che vede accusati quattro membri del movimento. Nella sua visita, il capo della diplomazia francese ha invece lanciato un severo monito alle autorità: "Aiutatevi che possiamo aiutarvi ".

Il senso è chiaro: la Francia (e l’Europa in generale) è disposta a mobilitare i suoi sforzi per risollevare l’economia libanese, colpita dalla peggiore crisi della sua storia, ma vuole prima vedere attuate riforme credibili e, soprattutto, una seria lotta alla corruzione. L’esecutivo di Hassane Diab – sostenuto con forza da Hezbollah anche se si autodefinisce “tecnico” – non è riuscito, nei sei mesi di governo, a ridare ai libanesi fiducia nelle loro istituzioni. Anzi. Gli ultimi giorni hanno visto il licenziamento in tronco di 850 dipendenti e infermieri del prestigioso ospedale americano di Beirut, segno dei disagi incontrati dal settore sanitario nazionale.

Le difficoltà economiche, dovute in particolare al deprezzamento della valuta nazionale rispetto al dollaro, hanno già pesato sulle scuole private, una delle “gemme” culturali del Libano. A giugno, il segretariato generale delle scuole cattoliche ha affermato che circa l’80% degli istituti chiuderanno le porte nel prossimo anno scolastico per mancanza di mezzi necessari alla loro missione educativa.

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