Tra i bunker della notte europea, viaggio con la speranza in spalla

Dal litorale di Dover alla costa settentrionale della Francia e oltre: il cammino mostra le memorie di conflitti ma anche i segni della fede
August 1, 2025
Tra i bunker della notte europea, viaggio con la speranza in spalla
La via Crucis di Amettes
Con questo articolo prende il via un reportage a tappe lungo il tratto francese e svizzero della Via Francigena, baricentro simbolico dei pellegrinaggi europei verso Roma, Gerusalemme e Santiago. Un cammino che, nell’Anno giubilare della Speranza, assume un valore ancora più profondo dopo la rinascita della culla transalpina della fede, la cattedrale di Notre-Dame. Lo spunto di questo percorso, da Calais fino al passo del Gran San Bernardo, confine con l’Italia, nasce anche dall’associazione Lunghi Cammini, che propone percorsi a giovani in difficoltà, ispirandosi all’esperienza francese di Seuil, scoperta proprio leggendo un nostro articolo su queste pagine. Segno di quanto la speranza sia contagiosa.
In certi angoli d’Europa, all’alba, i sogni danzano lucenti sull’orizzonte. Come non vederli? In altre lande, invece, puoi rischiare d’urtare incubi ad ogni passo. Ma una volta diretto a Roma sulla Via Francigena, di fronte al mare fra Dover e Calais, ti chiedi presto dove sei finito. Fra sogni, o incubi? Per il grande pioniere dell’asse storico, l’arcivescovo inglese Sigerico partito nel 989 da Canterbury, le dune del litorale francese di Calais furono un sogno, dopo il primo serio ostacolo superato. E oggi, in senso inverso, le stesse acque strapiene di petroliere e altri bastimenti fanno sognare pure i migranti anglofoni, d’Asia o Africa, giunti nell’estremo Nord francese. Fissano le scogliere inglesi oltre il mare. E per molti, dopo tante privazioni e sofferenze, sono come il sole che rispunta a marzo sulle Svalbard norvegesi alla fine dei lunghi mesi nel tunnel della “notte polare”. Sì, la geografia tutt’attorno è prodigiosa. I litorali inglese e francese si avvicinano come labbra d’innamorati. Di che far dimenticare, per un attimo, le drammatiche traversate clandestine sui gommoni. O la ferita della Brexit che ha riallargato la Manica.
A Calais, vicino all’imbarco dei traghetti, luccicano al suolo le prime frecce segnaletiche della Francigena, dopo il breve tratto britannico fra Canterbury e Dover. La bella chiesa di Notre-Dame è il punto zero sull’area continentale, come mostra una sagoma di pellegrino che simbolizza la via. Sotto le vetrate, alcuni pregano la Vergine. Altri, spesso “in ricerca” spirituale, apprendono pure che nella chiesa si sposò, nel 1921, una coppia celeberrima: Yvonne Vendroux, ragazza locale, con un certo Charles de Gaulle, entrambi figli di patrioti cattolici. Del resto, in una vicina piazza sul mare, ritroviamo le loro statue, mano nella mano. Incoraggiati dal sole, vorremmo puntare presto verso il litorale, lungo l’itinerario storico. Ma François, gioviale cicerone locale incontrato ai piedi della torre più antica, ci consiglia di visitare «il bunker».
Non lontano, nel verde d’un parco pubblico pieno di graffiti coloratissimi, spunta il profilo piatto e cupo di ciò che fu, durante l’ultima Guerra Mondiale, la base operativa nazista lungo il tratto più sorvegliato del Muro dell’Atlantico, l’immane serpentone costiero di strutture difensive volte a “blindare” la Francia occupata contro uno sbarco alleato dall’Inghilterra, poi giunto il 6 giugno 1944 in Normandia. Finiamo fra gli stanzoni spartani, allineati e senza finestre, convertiti in museo. In mezzo a uniformi, cimeli, residuati d’ogni tipo, compreso un motore d’aereo trasformato in curiosa scultura da un impatto fatale che ne fuse l’acciaio. «Un capolavoro!», ironizza François, stemperando l’atmosfera. Ma il sorriso bonario del cicerone, tondo come i suoi occhiali, ci sta introducendo nell’incubo meno noto addossato al primo tratto transalpino della Francigena. Perché fra Calais e Saint-Omer, in mezzo a rilievi verdeggianti popolati da volatili rari spesso gelosamente protetti, si snodano le tappe del progetto bellico forse più mostruoso mai concepito nel Vecchio Continente. Non poche fitte al cuore garantite, insomma, tanto più per chi ha già portato un giorno i figli a Disneyland Paris. Perché fra le attrazioni del celebre parco, la più poetica è forse il volo notturno di Peter Pan su Londra. Quel tuffo in un buio incantato ricamato di luci che trasforma pure gli adulti, per qualche minuto, in ragazzini per nulla desiderosi di crescere. In effetti, visitanpellicola do in successione gli ex siti segreti nazisti di Mimoyecques, Eperlecques e Helfaut, dissimulati fra boschi e costoni rocciosi, il sangue precipita vicino al punto di congelamento: proprio tutto era programmato per ridurre Londra in polvere. Una vendetta al cubo che portò le sigle sinistre di V1, V2, V3, come si chiamavano i programmi e i vettori-ordigni sperimentali tedeschi. I l Blockhaus di Eperlecques si staglia dietro le fronde come un colosso cieco di cemento armato degno d’una sceneggiatura horror.
Un edificio smisurato e quasi inverosimile, concepito come base per i primi ordigni balistici nazisti. «Me ne sono occupato perché le future generazioni possano sapere», ci spiega Hubert de Mégille, non più giovane ma sempre prestante, divenuto da decenni proprietario e gestore del posto. « All’epoca, nessuno voleva occuparsene, la vegetazione invadeva tutto. Ma mi sono detto che non si poteva lasciare un luogo simile in malora», racconta con fervore, facendoci salire presto pure ai piani non aperti al pubblico, fra mura d’uno spessore di 5 metri concepite per proteggere le installazioni.
Nel labirinto tridimensionale cupamente saturo di misteri, fra postazioni di lancio vertiginose, stalattiti gocciolanti, stagni sotterranei traversabili in barca, intelaiature arrugginite, colonne di luce dai crateri d’impatto dei bombardamenti inglesi, impossibile non pensare all’Ucraina di questi anni, o all’enigmatica “Zona” filmata in Stalker, la ipnotica del 1979 di Andrej Tartovskij. «Qui crescono i nostri cuccioli», osserva di colpo il gestore sorridendo, mostrandoci di sguincio una nicchia dove nidificano dei rapaci. Come dire: un grammo di speranza in mezzo all’orrore che fu. I n proposito, una comunità protetta di pipistrelli colonizza invece d’inverno Mimoyecques, il vasto sito sotterraneo dei «super cannoni V3», anch’esso labirintico. Non lontano, l’imponente Cupola balistica di Helfaut è ormai un centro museale di sicura efficacia divulgativa, in primo luogo sui progetti nazisti d’annientamento di Londra. Il filotto d’orrori ha di che stordire. Per fortuna, lungo il cammino, ammiriamo pure, a Wisques, le abbazie benedettine splendenti di Notre-Dame e Saint-Paul, rispettivamente femminile e maschile. A rinfrescarci al momento giusto è invece il tratto nella foresta di Guînes, dove una colonna commemora il primo sorvolo della Manica in mongolfiera, nel 1785. Ma un conforto ben più grande ci giunge chiacchierando con padre Philippe Demeestère, gesuita 76enne, già incontrato nel 2021 durante un suo sciopero della fame prolungato a Calais in favore dei migranti. Per tanti, resta un faro. Per tutti, è un grande testimone del Nord francese. Attualmente, offre rifugio a giovani isolati di diversi Paesi, dalla Guinea al Bangladesh: « L’accoglienza dei migranti proseguirà, c’è tantissimo da fare. Una solidarietà stimolante che ripaga sempre. Ogni giorno è un avvenimento e inventiamo nuovi modi di fare, fronteggiando pure situazioni di violenza. Ma m’indispone chi, fra le autorità o i cittadini, considera tutto ciò un dettaglio».
Quando evochiamo le ombre e luci attorno alla Francigena, ci ferma: «Vada ad Amettes, la città di san Benoît- Joseph Labre, luminoso miserabile. Non ebbe mai paura d’incamminarsi, trovando così un posto grazie alla sua devozione per la Passione di Cristo. Amettes è un simbolo per chi si mette in strada. Vagabondi, mendicanti, ambulanti, viandanti d’ogni tipo. Un posto che per me è un’esortazione: danziamo e restiamo allegri proprio dove tanti prima si strappavano i capelli. Spero proprio che diventi un giorno un punto d’incontro internazionale, come Lourdes. Per me, è un seme destinato a germogliare, un giacimento o una terra rara. Prima o poi, ci riconosceremo tutti come un popolo in marcia. Non dimentichiamoci che l’Eucaristia giunge per scuotere ogni pesantezza e immobilismo». Un invito che non si rifiuta, chiaro. Proseguiamo così verso la cittadina del protettore degli esclusi, il «vagabondo di Dio» morto a Roma nel 1783, canonizzato nel 1881 da quel papa Leone XIII caro all’attuale Pontefice. All’arrivo, piove sulla bella Via Crucis monumentale in pendenza, sulla cappella spalancata, sulla casa-rifugio dove entriamo e nulla turba la serenità. Allora, ci tornano in mente delle parole di padre Demeestère: « La Speranza è come la Via Francigena. Del lungo termine, oltre l’orizzonte dei nostri sguardi e ambizioni. Non vediamo il lievito nella pasta del nostro tempo. Ma il profumo del pane arriverà».
(1. continua)
Il Blockhaus di Eperlecques è un colosso di cemento armato, un edificio inverosimile, concepito come base per i primi ordigni balistici nazisti. Dal buio alla luce nella città di san Benoît-Joseph Labre La Via Crucis in pendenza e il parco dedicato a san Benoît Joseph Labre, ad Amettes

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