Pizzaballa e Hillesum, una domanda per ciascuno

Nel fondo del male ti aspetteresti solo il buio. E invece, proprio come è avvenuto nei campi di concentramento, ecco svettare la dignità dello spirito umano anche a Gaza
July 21, 2025
Pizzaballa e Hillesum, una domanda per ciascuno
«Abbiamo camminato tra la polvere delle rovine, oltre edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia, tende che sono diventate case per chi ha perso tutto… Gli aiuti, sono ormai questione di vita o di morte». Eppure, ha aggiunto a Gerusalemme il Patriarca latino Pizzaballa, descrivendo Gaza vista con i suoi occhi, “in mezzo a tutto questo abbiamo incontrato madri che preparavano il cibo per gli altri, infermiere che curavano le ferite con dolcezza e persone di tutte le fedi che ancora pregavano il Dio che vede e non dimentica mai».
Oltre alla morte e alla fame e alla spietatezza dell’Idf di Netanyahu colpiscono, nella denuncia trasparente di Pizzaballa, queste parole. Sotto alle bombe, nell’assoluta miseria, madri, infermiere, uomini di ogni fede che pregano. Nel fondo dell’inferno, come una lama di luce. Ricordano, queste righe, il Diario e le Lettere di Etty Hillesum, la ragazza ebrea olandese che ha testimoniato il massacro del suo popolo in pagine straordinarie. (Etty, ricordata da Benedetto XVI nella sua ultima Udienza- quasi un memento: leggetela).
La cronaca della Hillesum è straziata ma scabra, non una parola di troppo. I treni che caricano 3000 ebrei per volta e partono, le mani che sporgono dalle fessure dei carri merci. Il pianto acuto dei neonati nella notte, la bolgia degli elenchi di chi deve partire per primo ; e un cieco che scappa dal campo, e, subito, colpi di fucile. Pagine che tolgono ogni voglia di discutere su cosa sia stata la Shoah, e anche una certa propensione di molti di noi a dire con troppa facilità che “la vita è bella”. Sì: fino a che almeno non passi da certi punti del mondo, in una certa ora. I lager nazisti, i gulag sovietici, le prigionie degli ucraini. La notte del 7 ottobre, e Gaza City oggi, con i tank che sparano su una chiesa o, come ieri, su un campo profughi – vecchi che dormono, bambini che giocano.
I bambini, racconta Pizzaballa, abituati ai bombardamenti, «continuavano a giocare senza fare una piega». Anche i bambini di Westerbork, Olanda, 83 anni fa: «Giocano ad acchiapparsi in mezzo alla folla degli adulti, o cadono addormentati sull’assito polveroso delle baracche» scrive la Hillesum. Nel fondo del male ti aspetteresti il buio totale: eppure i bambini continuano, finché hanno fiato, a correre. E le madri, più che mai madri: «In lavanderia ho incontrato una donna che reggeva una bacinella gocciolante. Mi si è aggrappata addosso, in un fiume di parole: “È impossibile, come è possibile, devo partire e non riesco nemmeno a fare asciugare il bucato. Il mio bambino è malato. Ha la febbre, non ho vestiti asciutti da mettergli, potrò portare almeno una coperta? Lei che dice, lasceranno i bambini con le mamme?”» scrive Etty, che madre non è. Etty che, dentro la tragedia delle SS ad Amsterdam, aveva cancellato un figlio, sembra guardare rapita a quell’amore. E, i vecchi? «Ce n’era una che aveva dimenticato gli occhiali e la sua medicina sul caminetto di casa, e chiedeva: “Potrò riaverli?”. Una donna di 87 anni si era aggrappata alla mia mano, e non voleva più lasciarla andare …Non potete avere idea di quel ciabattare, barcollare e cadere a terra, del disperato bisogno di aiuto, delle domande - come di bambini».
Westerbork come Gaza? Stiamo a discutere la non unicità della Shoah? Non è questo che mi interessa dire. Invece, che nel fondo del male ti aspetteresti solo il buio. Eppure, Pizzaballa: «A Gaza ci siamo imbattuti in qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano». I bambini, le madri, e quelli che pregano, ostinati, «un Dio che non dimentica mai». Come Etty, che a 27 anni fra le baracche fangose dei deportati riconosceva Dio. E voleva essere, laggiù, «un tetto a Dio»: se ciascuno, diceva, «riuscisse a farti in sé un po’ di spazio, mio Dio». Con questa sua domanda tagliava la notte. Una domanda per chi uccide e per gli incalzati, per chi grida, e con ottime ragioni incita solo all’odio. Anche per chi, semplicemente, impotente o ignavo, sta a guardare.

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