La speranza nel futuro: cosa resta alla famiglia dopo il Giubileo
In contesti complessi o disgreganti, la tentazione è chiudersi, proteggersi, sopravvivere. Ma le famiglie possono essere segno di speranza se restano aperte, se si mettono in rete

Il Giubileo delle Famiglie dei giorni scorsi è arrivato come un vento inatteso che scuote, rinfresca e invita a rialzare lo sguardo. La famiglia è quell’ambiente vitale e spesso invisibile come l’aria, che sostiene la vita personale e comunitaria. Eppure, oggi, come accade nei tempi di crisi, fatichiamo a riconoscerne la forza generativa, e ancor più facciamo fatica a sperare. Come l’aria: finché è buona la diamo per scontata e poi improvvisamente diventa un problema e non si sa di chi sia la responsabilità.
La speranza è l’elemento vitale per la famiglia, ciò che la rende fertile non solo biologicamente, ma anche relazionalmente, spiritualmente, socialmente, imprenditorialmente. Come i contadini di un tempo, che accendevano fuochi per leggere i segnali del cielo, oggi ci chiediamo: siamo ancora capaci di cogliere i “segnali di fumo” della speranza per la famiglia? O il cielo ci appare soltanto opaco, incerto, privo di orientamento?
Viviamo un tempo in cui la speranza è messa alla prova. La crisi demografica, ad esempio, di cui ha parlato anche il governatore di Bankitalia, non è solo il riflesso di condizioni economiche precarie o ritmi di vita insostenibili, ma è prima di tutto crisi di desiderio, di fiducia, di futuro. Come famiglie corriamo anche il rischio di essere abbacinati da “troppe luci inutili” che non ci aiutano ad “uscir a riveder le stelle”, a de-siderare e poi a sperare. In molte famiglie si è insinuata una sensazione di precarietà esistenziale che impedisce di progettare. E dove non si spera, non si genera. Non solo figli, ma neppure sogni, legami duraturi, visioni condivise, impegni resistenti.
Tuttavia, come ci ricorda Eugenio Borgna, nella memoria del passato si annida anche la speranza del futuro. Ed è proprio nel vissuto quotidiano delle famiglie che si custodiscono frammenti di felicità, gesti ordinari che ci ricordano chi siamo e dove possiamo tornare. Basta un gesto d’amore, un profumo familiare, un ricordo felice per riattivare il senso del possibile, per riaccendere un desiderio sopito.
La speranza non è ottimismo ingenuo. È una virtù radicata nella realtà, che richiede azione e responsabilità. La sua forza non sta nella promessa che tutto andrà bene, ma nella consapevolezza che, anche attraversando crisi e difficoltà, è possibile costruire qualcosa di buono. È apertura al futuro, ma fondata su radici solide: le relazioni autentiche, l’educazione dei figli, la reciprocità tra generazioni, doni ricevuti prima, anche immeritatamente. In famiglia, la speranza è una scelta e anche un esercizio quotidiano: si alimenta nel chiedere permesso, nel dire grazie, nel saper domandare scusa. Piccoli gesti che hanno la forza di trasformare, di ricucire, di far ripartire.
La speranza ha bisogno di “respiro” e di circolarità. In contesti complessi o disgreganti, la tentazione è chiudersi, proteggersi, sopravvivere. Ma le famiglie possono essere segno di speranza se restano aperte, se si mettono in rete, se generano prossimità. Insieme abbiamo il grande compito si sostenerle perché imparino a «saper abitare, oltre i limiti della propria casa» (AL 276) per prendersi cura della casa comune (Laudato si’). È in questo spirito che le reti familiari diventano veri e propri laboratori di umanizzazione: costruiscono relazioni, generano partecipazione, stimolano la solidarietà e le alleanze. La speranza si rafforza nella condivisione tra le famiglie e nella “compromissione” delle famiglie con il mondo.
Ecco perché non possiamo permettere che la famiglia venga lasciata languire da sola a fronteggiare solitudine, precarietà, fratture. La sua resilienza ha bisogno di azioni pastorali promuoventi, di politiche adeguate, di sostegni concreti, ma anche di uno sguardo nuovo. La famiglia non è solo un problema da gestire, ma soprattutto una risorsa da vivificare e valorizzare. E proprio per questo non possiamo accontentarci di narrazioni catastrofiste: occorre denunciare, sì, ma anche annunciare. Esclamare che c’è ancora un vento che soffia, e che la primavera ritorna sempre.
Anche le giovani generazioni, spesso accusate di essere fragili o disimpegnate, chiedono invece contesti dove sia possibile coltivare speranze concrete. Hanno bisogno di adulti credibili, di comunità accoglienti, di istituzioni giuste. Hanno bisogno di famiglie che testimonino che è possibile scegliere, impegnarsi, costruire.
La speranza, come diceva Sant’Agostino, ha due splendidi figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere l’ingiustizia, e il coraggio di cambiarla. Oggi la nostra sfida come famiglie è proprio questa: non cedere alla rassegnazione, ma scegliere la speranza. Farlo insieme, come famiglie, come Chiesa, come società.
Presidente del Forum delle Associazioni Familiari
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