Il coraggio dell'essenziale

Cosa ci insegna la dedizione di tanti sacerdoti messi sotto pressione durante il periodo natalizio. Ecco perché più della mancanza di operai va sottolineato che "la messe è molta"
December 27, 2024
Ha un impatto inevitabile anche sui tempi della Chiesa la destinazione dei giorni festivi agli acquisti e a frenetiche relazioni di consumo, riferita da Francesco Riccardi su queste pagine (vedi Avvenire del 21 dicembre) a una precisa “visione del mondo”: tanti lavoratori cristiani costretti a “coprire” 365 giorni all’anno perché altri possano fare acquisti, programmi liturgici condizionati da relazioni sociali piegate alla logica del consumo “concentrata” in alcuni giorni.
In questi giorni di Natale mi è stato chiesto di riflettere come pastore di un territorio dalla forte attrazione turistica sul vissuto a rischio stress di tanti nostri sacerdoti, che proprio in questo periodo si ritrovano sempre più pressati da richieste di servizi liturgici, ma anche meno supportati dagli stessi collaboratori laici, a loro volta impegnati in questo calendario stravolto. Una condizione che emerge ad ogni confronto periodico con il clero e che “rivedo” ogni sera in volti ben precisi: parroci che devono coordinare anche una quindicina di parrocchie in una valle di periferia, puntando a rendersi presenti, almeno a rotazione, in ogni comunità; anziani collaboratori che affrontano i tornanti di strade di montagna per garantire la Messa festiva o un funerale; cappellani ospedalieri, già oberati dai ritmi della struttura sanitaria, richiesti per altri servizi o, ancora, referenti di servizi diocesani pronti a trasferirsi ogni giorno festivo o prefestivo in chiese distanti. Questi volti mi ispirano sempre profonda riconoscenza, come provo a testimoniare loro ad ogni incontro locale.
La loro dedizione mi conforta e mi provoca. In alcuni casi mi edifica, come è avvenuto quest’anno con don Renzo Caserotti, un prete che si è speso fino agli ultimi giorni di vita nelle parrocchie della val di Sole, dando una straordinaria testimonianza di fede nella Risurrezione, di coraggio e di libertà da sé stesso, senza mai far pesare sugli altri la sua malattia.
La disponibilità di tanti sacerdoti, ben conoscendo anche i rischi di logorio psicofisico imposto da troppe incombenze loro richieste, mi ha convinto a capovolgere l’interpretazione della frase evangelica che insiste sulla mancanza di operai. Invito, piuttosto, a guardare con ottimismo e fiducia l’abbondanza della messe, comprendendo in essa anche quanto è determinato dal lavoro generoso degli operatori pastorali, preti e non solo. Il titolo del messaggio “La messe è molta” scelto per la prima Visita pastorale è stato confermato da questi primi tre mesi: continuo a trovare sacerdoti che sanno alimentare preghiera e Parola comprendendo che è la spiritualità personale a supportare l’attivismo pastorale, appesantito con impegni crescenti, non solo nel tempo di Natale.
Di fronte a un cambiamento d’epoca, avvertiamo l’esigenza di lasciare modelli e calendari di un passato superato, compiendo coraggiose scelte all’insegna della semplificazione e dell’essenzialità. Per il presbitero mi sento di riportarle a due aspetti prioritari: la frequentazione della Parola di Dio e la relazione di ascolto con le persone.
“Lasciar riposare la terra” è una delle indicazioni bibliche sulle modalità celebrative dell’Anno Santo che si è appena aperto. Mi piacerebbe poterlo interpretare come un “lasciar riposare l’agenda”, ovvero staccare la spina, ritagliarsi un proprio spazio nel tempo libero troppo spesso “pre-occupato”, potersi ritrovare in quella “camera segreta” di ognuno di noi, dove abitano i desideri, vero motore della vita. Quest’invito a “lasciar riposare l’agenda” è rivolto non solo ai preti ma anche ai laici e alle laiche e a tutti gli altri componenti della comunità, come ci siamo detti in alcuni Consigli pastorali: devono essere anche loro a trovare modalità per lasciar decantare l’agenda del prete, riuscendo a supplire e supportare i vari servizi pastorali, liturgici o caritativi. Un esito che non solo consente di dare continuità all’annuncio del Vangelo e di non spossare i nostri sacerdoti, ma anche di rendere grazie al Signore per l’abbondanza della messe. Con la fiducia che da essa si generano anche nuovi operai.
Arcivescovo di Trento

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