I giovani che “ci hanno portato” dentro una Chiesa in ascolto

Si conclude il nostro percorso nel mondo interiore di una generazione inquieta che ha saputo sorprenderci. Molto oltre gli stereotipi
November 12, 2025
I giovani che “ci hanno portato” dentro una Chiesa in ascolto
I ragazzi che hanno partecipato al Giubileo dei giovani a a Tor Vergata /Siciliani
Il nostro viaggio nel mondo interiore dei giovani è giunto al termine. È stato un percorso lungo che ha attraversato temi non scontati; che ci ha posto in ascolto e ci ha fatto scoprire dimensioni inaspettate della sensibilità giovanile. Ha smentito l’opinione troppo diffusa che i giovani siano spensierati, indifferenti, disimpegnati. Il loro ascolto ci ha fatto incontrare con le loro domande, le loro paure, con quella solitudine che spesso genera in loro disorientamento e dolore. I giovani sono persone in ricerca; esigenti, non si accontentano di risposte a portata di mano, ma vogliono andare oltre lo scontato, essere accompagnati nel difficile impegno di abitare le domande, per giungere a profondità impossibili ad uno sguardo distratto o troppo sbrigativo. La loro ricerca è resa complessa dallo svolgersi in un contesto in movimento rapido; la loro crescita avviene nel dialogo e nel confronto con una generazione adulta che ha altri punti di riferimento, maturati in un’epoca diversa, e che oggi si sente immersa in un cambio d’epoca. Per i giovani il cambiamento non esiste; questo mondo è il loro, quello in cui sono nati: non ne hanno conosciuto un altro. Difficile il dialogo tra le generazioni in una situazione simile, difficile la ricerca esistenziale di giovani che hanno una sensibilità aperta ad aspetti e interrogativi diversi da quelli della generazione che li ha preceduti.
L’inquietudine e le domande dei giovani aprono ad una spiritualità nuova, che non parte più da Dio per esprimersi come forma personale della propria esperienza di fede, ma che si sviluppa tutta dentro l’umano, a partire da una forte consapevolezza di sé e del proprio mondo interiore. Ma che cos’è umano per i giovani? Per generazioni che vivono la loro umanità in dialogo con un tempo inedito, in cui stanno cambiando i valori di riferimento? I cambiamenti in atto influiscono anche sul modo di pensare se stessi e il proprio rapporto con la realtà. Chi ha seguito il percorso, lungo il quale ci siamo avventurati in queste settimane, si sarà reso conto che nella sensibilità giovanile e nei percorsi spirituali dei giovani non appare quasi mai la parola Dio. Questo non significa che Dio sia escluso dalla loro vita, ma che il loro percorso spirituale si sviluppa su un piano diverso: quello della loro umanità, della loro coscienza, del loro mondo interiore, che è molto intimo, a rischio di soggettivismo. Ed è in questo viaggio interiore che scoprono se stessi, la propria identità, la forza delle relazioni, la connessione con la natura e la responsabilità verso di essa, l’appello ad un impegno per l’ambiente e per gli altri, a partire dalla riflessione sulla propria dignità. Nella loro interiorità i giovani possono incontrare Dio; se questo avviene, può essere quasi esclusivamente lì, nel segreto della coscienza, con una fede personale che non hanno né ricevuto né ereditato ma scoperto, in un’esperienza in cui la fede è soprattutto relazione. L’esperienza religiosa, quando è approdo di questo percorso spirituale, è viva e dinamica così come lo è una relazione: coinvolge tutta la persona, fa tutt’uno con l’esistenza.
L’umano cui i giovani sono sensibili è in forte dialogo con questo tempo, con le sue emergenze per le quali hanno una sensibilità anche maggiore rispetto a quella degli adulti: la pace, il creato, la giustizia, la solidarietà, la dignità della persona. La sensibilità dei giovani spinge ad una ridefinizione della cultura delle comunità cristiane e della loro proposta formativa: i percorsi di crescita di cui oggi si avverte l’esigenza hanno bisogno di piedi per terra, di forti radici umanistiche, di linguaggi attuali, di attenzione al tempo in cui viviamo, compreso come ‘luogo’ in cui abita lo Spirito. La sensibilità di oggi orienta verso il discernimento, verso un’attenzione profonda; non lo sguardo curioso del turista, ma quello inquieto di chi cerca nel tempo le provocazioni dello Spirito, i segni della sua presenza, i segnavia di una nuova umanità. Spiritualità è anche questo; i giovani stanno spingendo fortemente verso una esperienza spirituale di umanità, disponibili ad un lavoro su di sé, per capire e vivere sempre meglio l’umano che li abita e che abita nella vita degli altri. La loro ricerca spirituale ha una connotazione universalistica nella quale ci si può ritrovare tutti, credenti, non credenti, diversamente credenti, con nuove possibilità di dialogo. Al di là di una prassi ancora troppo attivistica, le nuove generazioni si aspetterebbero dalla comunità cristiana ascolto e attenzione alle tensioni che orientano le loro esistenze.
Per parrocchie, associazioni e gruppi sarebbe l’occasione anche per riscoprire la sua grande tradizione spirituale che non porterebbe tanto lontano dalla sensibilità giovanile: basti pensare ad Agostino, solo per fare un esempio, al suo invito a cercare la verità nel profondo della vita, perché’ «lì abita Dio», «più intimo a noi di noi stessi». Ed è l’occasione anche per ravvivare e reinterpretare la propria anima umanistica; c’è nei giovani la domanda di un umanesimo reale, non proclamato in astratto, ma vissuto e testimoniato nelle scelte quotidiane di una Chiesa inclusiva e aperta al dialogo, e di comunità cristiane calde, accoglienti, rispettose, umili. Questa nuova sensibilità potrà contribuire anche a rinnovare le proposte spirituali e formative delle comunità, ancora impregnate di una mentalità dolorista e sacrificale che sembra negare la domanda di vita piena che il Signore è venuto ad annunciare; che continua ad offrire una proposta che trasforma il cristianesimo in una morale, svuotando di senso la buona notizia di una salvezza e di una relazione nuova con Dio. I giovani non sono chiusi alla fede, ma sono in cerca di una fede amica della vita, aperta, contemporanea. Comunità cristiane aperte a queste dimensioni sarebbero un guadagno per tutti.
Qualcuno potrà obiettare che i giovani non possono influire sulla Chiesa e sulle comunità cristiane perché «se ne sono andati». La generazione giovanile attuale, che in parrocchia ha fatto in genere il percorso dell’iniziazione cristiana, è ancora sulla soglia, spesso con nostalgia; aspetterebbe qualche segnale che dica che nella comunità c’è posto per i dubbi, per le domande, anche per quelle che non hanno risposta; che ogni ricerca è benedetta, che c’è in tutti un umile desiderio di autenticità. Sono le presenze di cui la Chiesa oggi ha bisogno per svecchiare stili desueti, per aggiornare la sua cultura, per diventare trasparenza del Vangelo. I giovani, con le loro inquietudini e con le loro provocazioni, sono per la Chiesa di oggi una presenza particolarmente preziosa, un dono dello Spirito. Prima che interrogarsi su che cosa fare per loro, le comunità cristiane oggi dovrebbero chiedersi come ascoltarli, come lasciarsi mettere in discussione da loro. Più che riportare i giovani in Chiesa, occorre oggi lasciarsi portare da loro fuori dai confini troppo angusti di sensibilità solo nostalgiche del passato; lasciarsi portare nel mondo di oggi, a incontrarsi con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce (Cfr Gaudium et Spes 1) della gente di questo tempo. Il nostro percorso, se ci ha portato a scoprire che i giovani sono un luogo teologico, cioè un luogo dove Dio parla, non sarà stato inutile. Il mio congedo è un augurio: a lasciarci incontrare dallo Spirito nei giovani che avremo la grazia di conoscere e di frequentare.

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