Guardiamo i volti dei piccoli: la guerra a Gaza è disumana

Ho guardato sul web le immagini dalla Striscia. Le ho guardate, ciascuna, a lungo. A Gaza i giornalisti non possono entrare. Ma le foto degli degli smartphone escono. Ed è necessario guardarle...
June 4, 2025
Guardiamo i volti dei piccoli: la guerra a Gaza è disumana
Ansa | Un combo di alcune immagini drammatiche delle sofferenze dei bambini nella guerra israelo-palestinese
Ieri ho guardato sul web delle immagini da Gaza. Le ho guardate, ciascuna, a lungo, non cercando di sfuggirle, come verrebbe istintivo fare. A Gaza i giornalisti non possono entrare. Ma le foto degli smartphone, e non solo, escono. Ed è assolutamente necessario guardarle.
Nella prima foto che ho visto una madre palestinese è china su un sudario bianco. Accanto, stretto a lei, un bambino sui sette anni guarda fisso davanti a sé, negli occhi neri un dolore che non dimenticherà. Nella seconda foto la stessa giovane madre bacia il volto bianco di quel figlio perduto. Che dalla bocca delicata, dalle lunghe ciglia nere, sembra però una figlia. Una ragazzina. È l’eterno dolore delle madri, il più insostenibile, giacché quei figli partoriti restano in qualche modo una parte di loro, per sempre. È il dolore assoluto che Cristo affrontò.
«Giunsero alla casa del capo della Sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: “Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”». La figlia di Giairo. Questa foto del Terzo millennio potrebbe essere una istantanea della casa di Giairo. Anche qui tante donne, strette attorno alla piccola morta, piangono. Qui però non c’è Cristo, a dire: «talita, kum» -«fanciulla, alzati». Mi domando come il governo israeliano non capisca che non serve vietare Gaza ai media, quando poi da laggiù vengono queste immagini. Immagini sulla cui verità non si possono avere dubbi. Immagini più crude di qualsiasi parola.
Ieri era la Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di Aggressioni, proclamata dall'Onu nel 182, in occasione di gravi violenze contro i palestinesi. Nel 1982, cioè 43 anni fa. Si potrebbe dedurne la completa inutilità delle Giornate internazionali dell’Onu. Si potrebbe, ma quelle foto sul web costringono a continuare a guardarle, come in un imperativo morale.
La terza foto è un giovane uomo, forse un padre, che in un ingresso di ospedale regge fra le braccia una bambina sui sei anni, ferita. La bocca dell’uomo è spalancata in un urlo che pare di sentire. Grida aiuto, invoca un medico. Ma sembra che attorno non ci sia nessuno. Oppure tutti sono troppo occupati su altri pazienti. Nessuno ferma le emorragie di un figlio, nessuno lo rianima.
Noi, qui, intanto, si continua a vivere. L’Inter ha perso a Parigi 5 a 0, un bel pezzo di Italia è in lutto. Al Senato sul Decreto sicurezza quasi si menano. E Garlasco, ancora: l’omicidio di Garlasco interessa molto di più.
L’ultima immagine da Gaza che vedo è un bambino di 5 anni, in un letto d’ospedale, denutrito, gli occhi persi nel vuoto nell’antico, atroce sguardo dei bambini che muoiono di fame. «Gaza è diventata peggio dell’inferno sulla Terra»: lo ha detto la presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa, Mirjana Spoljaric, alla Bbc. Insomma, non che non sappiamo. Non che possiamo dire di non sapere.
Ricordiamo anche i volti dei bambini Bibas, di due dei bambini dei kibbutz del 7 ottobre, che non sono più tornati. Di quella spaventevole notte, al mondo è stato mostrato relativamente poco. Per rispetto delle vittime. Perché non erano immagini sostenibili. Bambini colti nel sonno e massacrati davanti alle madri. Bambini rubati e uccisi, chissà come. No, non ci siamo affatto dimenticati del 7 ottobre, di cosa deve essere stato quel rigurgito di orrore sbucato fuori come magma dal sottosuolo. Odio puro, ansia di sterminio. E, tanti bambini, ancora.
Ma, un anno e mezzo dopo, a Gaza di bambini ne sono morti – cifre all’ingrosso, chissà quanti ancora sotto le macerie – decine di migliaia. Hamas, certo, Hamas. Ma hanno pagato ancora una volta gli innocenti. Quella ragazzina dalle ciglia nerissime, quasi adolescente – come la figlia di Giairo. Quel bambino che sta morendo di fame, i suoi occhi come due pozzi neri in una silenziosa insostenibile domanda: perché?
Già, perché. Netanyahu insiste a dire di volere sterminare Hamas, quando quel bambino accanto alla madre e alla sorella nel sudario, tra 12 anni, non avrà affatto dimenticato, e potrà desiderare la vendetta? Non sa Netanyahu quanto dura, il dolore? Ma almeno Israele non può non saperlo. Israele, popolo di incalzati, inseguiti, sterminati nei pogrom e nei lager, sa quanto dura il dolore. E come vorremmo allora, in un sussulto di memoria, in una ribellione, ritrovare, di Israele, il vero volto.

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