Difendere il giudice Aitala per difendere il diritto internazionale

Il caso del magistrato italiano condannato a 15 anni da un tribunale russo merita una difesa a tutto campo, capace di opporsi all’opera di crescente delegittimazione della Cpi
December 17, 2025
Difendere il giudice Aitala per difendere il diritto internazionale
Salvatore Aitala, giudice della Corte penale internazionale (Cpi). ANSA/ US/ CORTE PENALE INTERNAZIONALE +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ NPK +++
Gentile direttore,
ho conosciuto il giudice Rosario Aitala attraverso la lettura dei suoi preziosi articoli su "Avvenire", nei quali ho trovato una consonanza profonda con le idee che avevo maturato in me. Aitala è un giudice della Corte Penale Internazionale (Cpi), nata nel 1995 e situata all’Aja, che ha emesso nel 2023 e 2024 due sentenze di importanza capitale. Nella prima, nell’ambito delle indagini sulla situazione in Ucraina, chiese due mandati di arresto nei confronti V. Putin e Maria Lvova-Belova. Gli illeciti contestati erano il crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa. La seconda riguarda gli eventi del 7 ottobre e successivi nello scontro totale a Gaza tra Hamas e Israele.
Pochi giorni fa un tribunale ordinario moscovita, presieduto dal giudice Andrey Suvorow, che a suo tempo spedì Alexey Navalny nella prigione in cui trovò la morte, ha emesso una sentenza di condanna al carcere per 15 anni contro R. Aitala (e altre minori per altri otto magistrati), in quanto membro della Cpi e primo firmatario del mandato di cattura contro Putin. Un passaggio del discorso del Presidente Mattarella agli ambasciatori d’Italia, e la dichiarazione dell’esecutivo di Magistratura democratica sono stati chiari nel giudizio negativo, ma le reazioni dovrebbero proseguire. Il caso Aitala merita una difesa a tutto campo, capace di proteggere il magistrato e di opporsi all’opera di crescente delegittimazione della Cpi. Il Governo italiano, già incappato nel caso Almasri, dovrebbe mostrarsi consapevole che Russia (e Stati Uniti) procedono nell’opera di delegittimazione della Corte, proprio quando la giustizia e il rispetto del diritto penale internazionale risultano più necessari.
La Cpi emise nel novembre 2024 un ordine di cattura verso i leader di Hamas, responsabili dei massacri del 7 ottobre 2023, e verso il premier israeliano B. Netanyahu (e l’ex ministro della difesa Y. Gallant) con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante il conflitto a Gaza per gli attacchi intenzionali contro la sua popolazione civile. I leader di Hamas sono stati poi eliminati dagli israeliani, mentre il premier israeliano ha osannato l’ordine esecutivo di Trump di qualche mese dopo. In effetti il 6 febbraio 2025 il Presidente ha firmato un ordine esecutivo che impone sanzioni alla Cpi, accusata di «minacciare la sicurezza nazionale e di intraprendere azioni illegali contro gli Stati Uniti e il nostro stretto alleato Israele». Il testo vieta l’ingresso negli Stati Uniti ad alti funzionari e impiegati coinvolti nel lavoro investigativo della Cpi, oltre che ai loro familiari più stretti. Prevede anche il congelamento dei beni da loro detenuti negli Stati Uniti. Il ministro degli esteri israeliano ha manifestato grande soddisfazione per l’intervento di Trump, dichiarando illegittime e immorali le decisioni della Cpi. I Paesi europei hanno perlopiù espresso inquietudine per l’atteggiamento Usa, ma quasi con malinconica rassegnazione.
Il significato degli eventi non può sfuggire a coloro che vedono negli attacchi al diritto internazionale sia l’intento di spazzare via ogni istituzione multilaterale di garanzia, sia di proteggere i propri alleati a prescindere da ogni altra considerazione. Gli Usa dichiarano di proteggere Israele in quanto alleato, non in quanto privo di colpe. Le politiche autoritarie a vocazione imperiale minacciano spietatamente il diritto internazionale, momento primario di un sistema multilaterale in cui non possa dominare il sovrano assoluto. È amaro riconoscere che dinanzi ai crimini di cui sopra la reazione dell’opinione pubblica europea sia stata in genere modesta. Certo il massacro a Gaza ha mobilitato tanti, ma le decisioni legali, le uniche in grado di portare sul banco degli accusati i presunti colpevoli per un giudizio ponderato, sembrano lasciare indifferenti i cuori. Una rassegnazione malata, poiché senza una sentenza il male commesso non verrà sanzionato e i massacri dimenticati. In tanta stanchezza morale e disattenzione gli ultimi Papi hanno ricordato l’importanza del diritto internazionale. La prima sua violazione avvenne nel 2003 nella guerra preventiva di Bush e di Blair all’Iraq, basata su menzogne. Giovanni Paolo II si impegnò allo spasimo ma senza esito per evitare l’attacco, che si rivelò catastrofico per il popolo iracheno, che ancor oggi ne paga il prezzo.

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