Cripto, Eurodigitale e la sfida alle "valute private" di Trump

Chi controllerà il denaro nel futuro tecnologico: Banche centrali o Big Tech?
October 19, 2025
L'illustrazione mostra una serie di monete, da quelle tradizionali ai bitcoin
ICP
«Una tal carta, in vece di gemme, perle e oro/ è proprio un gran tesor/ Oh quella carta, Sire, che gran comodità», faceva dire Goethe, che fu anche ministro delle Finanze del Duca di Sassonia e dunque se ne intendeva, ad un personaggio del Faust. A due secoli da quelle parole anche il percorso di quei bigliettini che sostituirono le poco trattabili monete d’oro e d’argento tra Sette e Ottocento sembrerebbe arrivato al capolinea.
Come tutti sappiamo sono le cripto a mettere in discussione il vecchio sistema di pagamento, grazie alla svolta tecnologica. Attenzione però, perché il salto è epocale: non si tratta di wallet elettronici usabili al telefonino come accade da qualche tempo, né di Bancomat, carte di credito come è normale abitudine da anni e ancor meno di assegni: quello che oggi è in ballo è la moneta in senso stretto, quella che per così dire viene stampata per conto di tutti dalle Banche centrali, dalla Bce alla Fed, dalla Bank of Japan alla Bank of England e che per l’appunto ha un nome proprio, euro, dollaro, yen e sterlina. Chi decide quante monete devono stare in circolazione? Appunto la Banca centrale che poi lascia al mercato e alle banche il “dosaggio” dei prestiti e ai cittadini gli strumenti per scambiarsi denaro, con bit o assegni, ancorandosi al proprio conto corrente bancario. Cosa è accaduto? La novità sta nel fatto che negli ultimi anni sono nate monete concorrenti a quella della Banca centrale, ad esempio i famosi Bitcoin, emessi da privati e spesso di oscuro controllo proprietario. Ebbene, di fronte a questo rischio le Banche centrali, anche quella italiana, hanno detto più volte: nessuno vi costringe ad accettare queste monete come mezzo di pagamento e fate attenzione perché mentre euro e dollari hanno dietro forzieri pieni d’oro e di riserve e garantiscono la stabilità delle loro valute, delle criptovalute non risponde nessuno.
Così la Bce, la Bank of England e in prima battuta la Banca centrale svedese (la prima ad essere fondata alla fine del Seicento) sono corse ai ripari e hanno cominciato a studiare la possibilità di emettere un Central Bank Digital Currency, ovvero l’equivalente del contante in versione elettronica. Un esempio pratico mostra la differenza: se perdete la carta di credito, il Bancomat o il telefonino con il wallet oggi non perdete i vostri soldi (a meno che non ve li rubino manipolando il dispositivo) perché restano sul vostro conto corrente in banca, invece con l’Eurodigitale (forse alla fine del decennio) i vostri denari elettronici saranno contenuti nel telefonino e se li perdete sarà per sempre perché non sono contenuti nel conto corrente ma stanno stivati nel dispositivo, sarebbe insomma come se aveste perso il vostro portafoglio. Tanto è vero che le future transazioni potranno essere fate anche off line, in caso di caduta delle linee del Web.
Questi dettagli tecnici sono indispensabili per capire la grande battaglia che si sta aprendo e che dopo il Genius Act di Trump del luglio scorso, ha messo lo sprint all’Europa e alla Bce. Perché? Perché Trump di fronte alla rivoluzione tecnologica delle monete ha preso tutt’altra strada rispetto all’Europa: ha addirittura proibito alla Fed di “stampare” dollari elettronici e ha dato di fatto corso legale alle stablecoin, emesse da privati e coperte da riserve 1 a 1 in dollari. Il ministro del Tesoro Usa, Scott Bessent ha già previsto che in poco tempo si arriverà a 2 trilioni dollari di stablecoin, molti ipotizzano l’arrivo di Amazoncoin o Googlecoin. Nessuno vieterà al consumatore europeo di rifornirsi, o farsi pagare da qualcuno, in Amazoncoin e poi spenderle liberamente. Come ha scritto l’autorevole rivista della comunità finanziaria Banker si tratta di monete «sicure, liquide, trasferibili e stabili».
La Bce, che sta facendo pressing sulla Commissione e sui Paesi europei, teme, come ha avvertito in un convegno alla Bocconi il membro del board Piero Cipollone, ci potrebbero esser rischi per la stabilità bancaria. Tradotto in termini meno tecnici: molti correntisti potrebbero togliere i soldi dalle banche ed effettuare transazioni per conto proprio, anche quelle internazionali senza l’ausilio del sistema creditizio. E l’euro che fine farebbe? E soprattutto che fine farebbero i depositi dei colossi bancari europei? La partita è delicata anche perché la Banca centrale è un organismo che sta nella sfera pubblica e in questo modo garantisce stabilità e risparmio. Se la massa monetaria va in mano ai privati, chi si attiverebbe in caso di crisi finanziaria per fare il prestatore di ultima istanza e tenere a bada i mercati? Nel frattempo le banche europee stanno correndo ai ripari e nove istituti hanno deciso di mettere mano a uno stablecoin garantito dall’euro. Per non farsi trovare impreparati qualora l’Europa ritardasse. Anche in questo caso le tecnologie vanno bene, ma l’etica e la politica sono chiamate a governarle.
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