Con la tassa piatta ai super ricchi ci guadagnano solo i super ricchi

Siamo pedine di un meccanismo perverso di concorrenza al ribasso, dove alla fine perdono gli Stati, i beni pubblici e i cittadini
September 15, 2025
Con la tassa piatta ai super ricchi ci guadagnano solo i super ricchi
ANSA | Molti super ricchi attirati in Italia dalla flat tax hanno deciso di comprare casa a Milano
La vittoria del derby Italia-Francia sui conti pubblici sta generando un certo senso di euforia nel nostro Paese. L’azzeramento dello spread Roma-Parigi sui titoli di Stato, deficit e debito francese in crescita e l’instabilità sociale e di governo in Francia hanno messo in moto il dibattito su cosa sia cambiato nei due Paesi. L’accusa dell’ex premier francese Bayrou di concorrenza fiscale sleale rivolta all’Italia per la flat tax sui super ricchi ha alimentato compiacimento su questa misura, una specie di inno e invito alla “ricaduta benevolente” (trickle down) – tanto criticata come strumento di sviluppo anche da papa Francesco – che si contrappone radicalmente alla proposta, avanzata nel 2024 dall’economista Gabriel Zucman, di una tassazione minima dei miliardari globali pari al 2% del valore dei loro patrimoni netti. In Italia un prelievo fiscale più marcato sugli ultra ricchi è oggetto della proposta di Oxfam di tassare progressivamente le fortune dello 0,1% più ricco dei nostri connazionali (circa 50.000 individui con patrimoni superiori ai 5,4 milioni di euro).
Non c’è bisogno di sottolineare quanto il tema sia centrale dal punto di vista economico e sociale. In un Paese “a clessidra”, dove ceti deboli e ceti abbienti si allontanano progressivamente, favorire e non frustrare la creazione di valore nell’economia e finanziare al contempo la spesa in beni pubblici (sanità, istruzione, infrastrutture) appare indispensabile per difendere le nostre conquiste sociali in una fase storica nella quale – si pensi alla non autosufficienza – nuove emergenze si affacciano nel prossimo futuro. I sostenitori entusiasti della flat tax sui super ricchi (un contributo fisso di 200mila euro all’anno per 15 anni sui redditi di fonte estera per chi sceglie di trasferire la residenza fiscale in Italia) sostengono che spingerà almeno 3.500 di loro a trasferirsi, con effetti indotti rilevanti su investimenti e consumi nel nostro Paese. A ben vedere, la fruizione del regime agevolativo non è però esplicitamente subordinata alla concreta realizzazione di investimenti: la Corte dei Conti ha più volte lamentato la mancanza di trasparenza circa il costo-opportunità per lo Stato dell’agevolazione, molti esperti hanno rilevato potenziali profili di incostituzionalità della misura nonché il rischio che il regime incentivi la produzione di reddito in Paesi a fiscalità privilegiata.
L’effetto dell’arrivo (possibilmente solo sulla carta) dei nuovi super ricchi ammonterebbe a 700 milioni annui, un magro bottino, senza possibilità di aumento di entrate per 15 anni. E il fiscal drag (drenaggio fiscale, ndr) lo pagano i poveri. A questo effetto andrebbe sommato il presunto impatto di consumo ed investimento delle attività dei super ricchi in Italia, ma a oggi non esiste alcuna stima attendibile. Oxfam calcola invece che la tassa sui patrimoni dei super ricchi potrebbe portare nelle casse dello Stato tra i 13 e i 15 miliardi l’anno. Nella proposta, sofisticata e tutt’altro che ingenua, la base imponibile stimata è frutto di un calcolo statistico e aggregato (a partire dalle stime della distribuzione della ricchezza netta in Italia), non essendo ovviamente disponibili le informazioni sui patrimoni personali di ogni singolo soggetto passivo del tributo. L’aliquota massima dell’imposta, attorno al 3,5% sui patrimoni superiori ai 21 milioni di euro, non depaupererebbe tali patrimoni, che si stima rendano rendono il 5% l’anno. Nella proposta si indicano anche meccanismi per ridurre le opportunità elusive e i rischi di trasferimento di asset patrimoniali fuori dai confini nazionali. In fin dei conti, ci facciamo beffe del principio di progressività fiscale, sancito dall’articolo 53 della Costituzione, forse perché pensiamo di essere furbi, e di fatto consideriamo la furbizia un valore superiore alla solidarietà. Ma siamo furbi veramente? Pensiamo che nei prossimi anni nessun Paese al mondo possa avere l’idea di creare una flat tax più conveniente?
Siamo in realtà pedine di un meccanismo perverso di concorrenza al ribasso, dove alla fine perdono gli Stati, i beni pubblici e i cittadini e vincono solo i superricchi. E una volta entrati anche noi in questa competizione non possiamo certo chiedere un’armonizzazione fiscale a Paesi Ue che ci fanno concorrenza fiscale sui redditi d’impresa, con effetti ben più pesanti sui bilanci pubblici. Ormai va di moda pensare che strade, ospedali e scuole nascano come i funghi dopo la pioggia. E che con le tasse lo stato metta le mani nelle tasche degli italiani per sadismo. Il problema è molto più profondo. Non basta fare bene i conti e scoprire che tanto furbi non siamo. Bisogna anche ricostruire le basi etiche e morali del patto sociale nel nostro Paese.
Leonardo Becchetti è professore di Economia politica all'Università di Roma Tor Vergata
Mikhail Maslennikov è Policy advisor di Oxfam Italia

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