Caro Lino Banfi: l'azzardo manda in rovina, altro che "sfizio"

Da testimoniale anti-truffe ai casinò online: cosa è successo a "nonno Libero"?
April 8, 2025
Caro Lino Banfi: l'azzardo manda in rovina, altro che "sfizio"
Imagoeconomica | Lino Banfi
Caro Lino Banfi, anzi: caro nonno Libero, nonno e bisnonno d’Italia. Che cosa ci combini? Alla tenera età di 88 anni ti metti a fare il croupier, in gilet e fifì? Assoldato da un sito di gioco d’azzardo online? Proprio tu, l’amico e protettore delle famiglie? Lo spot, all’apparenza, è un invito a «giocare responsabilmente». A tre giovanottoni spavaldi che entrano nel locale – un casinò reale – proclamando «Io mi gioco tutto!», tu replichi, ma non a loro, bensì a tutti noi perché guardi dritto dentro la telecamera, con un gioco di parole dei tuoi: «Il gioco non deve essere un vizio, ma uno sfizio».
Sembreresti farci intendere che i tre che vogliono «giocarsi tutto» sono dei « viziosi».
Ebbene, le cose stanno ben diversamente. Ricordi i tuoi spot e i corti di due anni fa? Ti avevano ingaggiato Carabinieri e Polizia di Stato per mettere in guardia gli anziani dalle truffe telefoniche. Lì sì ci piacevi: proteggevi la gente, facevi egregiamente il nonno d’Italia. Partecipavi a una nobile campagna sociale, che non mirava a spillar soldi dalle nostre tasche ma a proteggerci. Bravo, nonno Libero. Ma adesso... Che cosa ti hanno detto quelli del sito per convincerti? Che si trattava di impedire ai giocatori di precipitare nella patologia? Beh, dispiace dirtelo ma sei tu, stavolta, a essere stato truffato. Perché non ti hanno detto la verità.
Impossibile: se l’avessi saputa, non avresti accettato. Te la diciamo noi adesso, caro Banfi. Intanto, chi perde il controllo e «si gioca tutto» passa dal vizio alla malattia. Il Dga (Disturbo da gioco d’azzardo) non è un vizietto ma una patologia riconosciuta dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e, da una dozzina d’anni, entrata nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), ossia è a carico della Sanità locale. Altro che vizio.
Un ammalato di Dga si gioca tutto in senso proprio: tutto lo stipendio, la casa, l’azienda se ce l’ha, i gioielli di famiglia; si indebita; e quando le banche non gli concedono più prestiti, si rivolge agli usurai. Un ammalato conduce con sé nel baratro famiglia e amici. Ci dirai: infatti io metto in guardia gli italiani, li aiuto. E la società che mi ha ingaggiato ha nobili intenti. Davvero? Devi sapere che i malati di Dga in Italia sono circa 800mila, non più del 3-4 per cento del totale dei giocatori. Una percentuale minima che l’industria dell’azzardo – dopo aver negato per anni che esistesse anche un solo ammalato – considera un incidente, uno sgradevole effetto collaterale che non può bloccare una grande industria.
Già: sai quanto fattura (raccoglie) l’azzardo in Italia? Nel 2024 ha superato quasi sicuramente i 160 miliardi di euro, quasi quanto i bilanci statali di Sanità e Istruzione messi assieme. E vuoi sapere la verità fino in fondo? Quel misero 3-4 per cento garantisce all’industria dell’azzardo, da solo, oltre la metà del fatturato. Proprio così: senza i malati, il fatturato si dimezzerebbe, e addio azzardo in Italia.
L’inganno in cui ti hanno trascinato, povero nonno Libero, è che l’industria dell’azzardo voglia fare prevenzione, mentre invece è letteralmente fondata sulla patologia. Ha bisogno di quei malati, altrimenti sparisce. Ed è così in Italia e in tutto mondo. Caro Lino Banfi, dobbiamo darti una notizia che temiamo non ti farà piacere. La metà della tua parcella per quello spot proviene dalle tasche consunte dei malati di azzardo, da disperati sprofondati nell’abisso, da famiglie rovinate, proprio quelle famiglie di cui per anni sei stato lodevole paladino. Ma che ora, certo non consapevolmente, stai tradendo. Ripensaci, nonno Prigioniero. E torna Libero.

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