Psicologa a domicilio
Il difficile rapporto tra figlie femmine e padri davanti ai primi scogli dell'adolescenza. E se lo psicologo (anzi, la psicologa) servisse a noi?

Giada, a meno di un mese dal compimento del suo undicesimo anno, seduta sulla sedia si volta un attimo verso di me - prima di spegnere la luce della lampada della sua scrivania - e mi dice: «Papà, oggi a scuola ho chiesto di andare a parlare con la psicologa». «Bene», dico io rimanendo seduto sul suo letto, «ed è importante che tu me lo abbia raccontato, grazie». Cerco di riorganizzare i pensieri mentre mi congratulo con la nuova scuola, che mia moglie ed io abbiamo scelto per i nostri figli, perché prevede anche questa risorsa (ed in effetti sono alcune settimane che riesco a dormire tranquillo).
Ma il notiziario familiare delle 21.30 non è finito. C’è solo una piccola pausa di pubblicità («dopotutto poi tu non mi avevi detto che da grande vorresti fare la psicologa?» aggiungo) e lei, rimanendo seduta sulla sedia di fronte a me, ride. Entra subito nel personaggio, prendendo in mano uno dei suoi numerosissimi block notes e una penna: quando era più piccola (e da grande voleva fare la maestra) li usava come registro per mettere i voti a tutti gli altri componenti della famiglia, previa interrogazione a sorpresa su una materia a scelta. E mentre la luce rimane ancora accesa, aggiunge: «Però ora è difficile parlare con te di certe cose… insomma papà, certe cose da donna… meglio la mamma».
L’onda d’urto, questa volta, ha la forza di uno tsunami e non mi resta che approfittare del setting, sdraiandomi sul suo letto: «Buonasera dottoressa, vuole essere la mia psicologa a domicilio?». «E perché?» mi chiede, questa volta anche lei sorpresa. «Così le posso raccontare anche io qualcosa di importante: le difficoltà che sto avendo, in quest’ultimo periodo, con mia figlia Giada e mio figlio Edoardo». C’è stato un tempo passato che mi ha regalato l’illuminazione di un concetto base, ora sempre più ovvio nonostante sia per me una delle sfide quotidiane più tremende: essere padre di due figli significa essere due padri diversi. Ho fatto la prova del nove chiedendo conferma di questo anche ad un padre di due gemelli, e mi ha fatto notare tutte le differenze tra loro, ignote ai più ma che lui riusciva a vedere in loro. Mannaggia. Già difficile esserlo in un modo, un buon padre… figurarsi (ri)trovare anche un «mio doppio»! Il che dovrebbe significare, in un gioco di specchi, essere padre che «riflette» (ed in questo «interagisce con») l’unicità di ciascuno dei suoi figli. Se il tuo patrimonio genetico ti ha aiutato con l’elasticità, magari è un pochino più facile. E’ invece certo che io, che sono nato rigido, parto svantaggiato. A maggior ragione essere padre di un figlio e di una figlia implica, a mio modesto parere, avventurarsi su percorsi simili alla celebre litografia di M.C. Escher, con differenti sistemi di gravità che coesistono nonostante il senso di vertigine.
Guardo il grande specchio della camera di Giada, davanti al quale – per lasciarci orgogliosamente alle spalle i primi nove anni di vita insieme – allo scoccare della mezzanotte ci siamo scattati un selfie dove io per l’occasione indossavo, come copricapo, il suo pigiama rosa preferito a forma di unicorno. E’ passato meno di un anno ma sembra una vita intera, ora che anche ieri – mentre mi accingevo a svolgere di buon grado, sia pure abusivamente, l’attività di taxista – ha sentenziato «e smettila di cantare le canzoni alla radio quando ci sono le mie amiche, ché mi imbarazzi». Mentre penso a tutte queste cose non so quanti minuti sono, intanto, passati. La luce nella camera si spegne e, nella mia testa, rimane solo il suono di una voce: «Bene, intanto sono 5 euro solo per fissare il primo appuntamento: così finalmente avrai un valido motivo per darmi la paghetta».
N.N.
[5 - continua, forse. Qui le puntate precedenti]
Ci sono momenti in cui ci sembra di non sapere più nulla, e il nostro essere padri diventa sconosciuto. Ignoto, prima a noi che ai nostri figli.
E tu come riesci ad essere un padre diverso per ciascuno dei tuoi figli/e? Pensi sia più facile essere padre di un figlio maschio o di una figlia femmina?
Se vuoi, puoi scrivere a ilpadreignoto@gmail.com e condividere le tue riflessioni ed esperienze. Contiamo di pubblicarle così da costruire uno spazio di confronto a più voci che sia utile a tutti.
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