venerdì 18 aprile 2025
In cinque punti la proposta del Coordimento Ola che raggruppa otto enti autorizzati. E la Consulta interviene ancora: se l’adottato ha 18 anni può scegliere di mantenere il suo cognome
Ecco come dovrà cambiare l’adozione internazionale
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Per la seconda volta in pochi giorni la Corte costituzionale torna sul problema delle adozioni. Lo scorso 21 marzo aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 29-bis, comma 1, della L. n. 184/1983 nella parte in cui non include le persone singole fra coloro che possono adottare un minore straniero residente all’estero , aprendo di fatto la strada all’adozione per i single. Oggi , in una nuova sentenza, ha spiegato che «la scelta legislativa di non consentire la sostituzione del cognome dell’adottato maggiore d’età con quello dell’adottante non determina una lesione del diritto all’identità personale dell’adottato, né comporta una irragionevole disparità di trattamento rispetto all’adozione piena del minore d’età».

In sostanza, quando un maggiorenne viene adottato, può mantenere il suo cognome senza assumere quello della famiglia o del singolo che l’adotta. La Corte ha ricordato che l’articolo 299, primo comma, del codice civile è stato già recentemente oggetto di una dichiarazione di incostituzionalità che ha consentito, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore d’età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto (sentenza numero 135 del 2023). Simile intervento è servito a rimuovere una lesione del diritto all’identità personale che proprio intorno al cognome originario dell’adottato a mano a mano si stratifica. Questo perché, se un ragazzo di 18 e più anni fosse costretto a cancellare il suo cognome al momento dell’adozione, finirebbe per mettere da parte ciò «che per (almeno) diciotto anni ha rappresentato il segno distintivo della sua identità personale». E quando è la persona adottata a chiedere di assumere il cognome della persona adottata? Ci sono leggi che già lo consentono. «In particolare, l’articolo 89, comma 1, del d.P.R. numero 396 del 2000 prevede che chiunque voglia cambiare il cognome, motivandone le ragioni, deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l’ufficio dello stato civile dove si trova l’atto di nascita al quale la richiesta si riferisce».

Due interventi in pochi giorni, al di là degli episodi concreti legati a situazioni che hanno richiesto l’intervento dei giudici, evidenziano anche un’altra cosa. La legge 184 del 1983, dopo oltre quarant’anni, mostra lacune sempre più evidenti e impone interventi urgenti. Vanno in questa direzione le diverse proposte di legge che puntano alla riforma della legge. Ma si muovono, con proposte concrete anche gli enti autorizzati. Qualche giorno fa il Coordinamento Ola – Oltre l’Adozione, che raggruppa 8 Enti Autorizzati dalla Commissione Adozione Internazionale (CAI) a seguire le procedure di Adozione Internazionale in Italia – ha diffuso un comunicato con cinque punti considerati fondamentali in vista di una revisione della legge 1984. Ecco cosa prevede

1 - Rivedere il ruolo, l’organizzazione e le risorse della Cai - L’Autorità centrale che rappresenta l’Italia presso i Paesi esteri, che deve essere messa in grado di creare e coltivare legami internazionali volti non solo ad assicurare un percorso adottivo, ma anche un dialogo di collaborazione e cooperazione che, attraverso la rete operativa che ciascun Ente Autorizzato ha nel tempo costruito all’estero, possa dare il senso di un effettivo ed efficace contributo ad avere cura dell’interesse dei minori. Sul fronte interno, deve essere messa in condizione di adempiere, con mezzi e risorse adeguate, ai compiti di controllo e vigilanza sull’attività degli enti autorizzati, di promozione della cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori; di promozione di iniziative di formazione, di informazione della collettività in merito all'istituto dell'adozione internazionale.

2 - Prevedere un ruolo più incisivo e protagonista del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per favorire la collaborazione diplomatica e operativa; una maggiore e più specifica formazione del personale delle Ambasciate e Consolati italiani sull’adozione internazionale; una presenza dello Stato italiano nei Paesi in cui opera che favorisca sul territorio relazioni, dialogo e collaborazione sul territorio con le istituzioni locali coinvolte nella protezione dell’infanzia e le Autorità centrali preposte all’adozione.

3 - Ripensare al ruolo e ai compiti degli Enti Autorizzati che hanno la responsabilità di formare gli operatori e le coppie aspiranti all’adozione e accompagnare queste ultime nel percorso dell’adozione internazionale, sempre più complesso. I bambini che sono dichiarati adottabili hanno caratteristiche molto più impegnative di tanti anni fa; la Cai ha, in particolare evidenziato: età maggiore di 7 anni; presenza di traumi, problemi comportamentali, incapacità fisica e mentale; presenza di fratelli e/o sorelle (fratrie).

4 - Ripensare al ruolo delle istituzioni coinvolte nel percorso adottivo: i Servizi e i Tribunali per i Minorenni, che hanno un ruolo fondamentale per assicurare la formazione degli adottanti, cercando di dare la risposta migliore alle esigenze dei bambini da abbinare.

5 - Pensare a forme di sostegno economico per alcuni servizi offerti dall’Ente a favore delle famiglie, ovviamente mettendo in atto seri controlli sulle attività finanziate (quantitativi e qualitativi), senza rinunciare ad una riflessione anche sul carattere pubblico delle funzioni svolte dagli Enti Autorizzati.

Perché, al di là degli interventi della Corte Costituzionale è importante ripensare tutto il pianeta adozioni?

Spiega Beatrice Belli, portavoce del Coordinamento Ola (Amici di don Bosco, Amici Missioni Indiane, Avsi, Azione per Famiglie Nuove, Ciai, Il Conventino, International Action, La Casa, La Maloca, Mehala, Nova Orizzonti): «Secondo i dati pubblicati dalla CAI, dal 2012 si è registrato un calo costante che ha portato a chiudere il 2023 con 478 coppie che hanno concluso il percorso adottivo per un totale di 558 minori autorizzati all’ingresso. Non ci sono ancora i dati ufficiali del 2024 ma al momento l’incremento segnalato è veramente ancora molto lieve: 536 adozioni realizzate per 690 minori. Questi dati – prosegue l’esperta - non desterebbero preoccupazione se la riduzione del numero di adozioni internazionali fosse proporzionale ad un aumento di benessere delle bambine e dei bambini nei paesi d’origine, ma sappiamo bene che così non è. I profondi cambiamenti nell’Adozione Internazionale, dovuti a diversi fattori come le caratteristiche di coloro che si dichiarano disponibili all’adozione internazionale e le mutate peculiarità dei Paesi di origine e dei bambini e delle bambine proposti per l’adozione».

Ecco perché, secondo la portavoce di Ola, questi cambiamenti impongono un riesame completo della legislazione interna e una rivisitazione dell’approccio con gli Stati di provenienza dei bambini. «Crediamo che sia necessario ripensare al modello dell’Adozione Internazionale studiando e identificando risposte efficaci alle nuove necessità e strumenti più idonei per dare risposte adeguate alle nuove esigenze dei bambini. Occorre ripensare ad una nuova politica di tutela dell’infanzia e del diritto del minore a una famiglia; avere a cuore anche la condizione dei “minori di età” che tuttavia non sono più “bambini piccoli”, hanno un’età che li condanna alla definitiva perdita della possibilità di vivere in un nucleo familiare, quei bambini che “nessuno vuole” e che tuttavia – conclude Beatrice Belli - sono portatori esattamente come tutti gli altri, del diritto pieno ad avere una famiglia».

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