domenica 18 aprile 2021
Denunciati 9 assistenti sociali. Avrebbero affidato una ragazza allontanata dalla famiglia al padre condannato per violenze in via definitiva
L'esterno della Procura della Repubblica di Bologna

L'esterno della Procura della Repubblica di Bologna - Archivio Ansa

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È un incubo lungo 12 anni quello descritto dall’avvocato Pasqualino Miraglia, nel comunicato in cui riassume la storia di una quarantaseienne emiliana, vittima di abusi e violenze da parte del compagno, che si è vista sottrarre i due figli a favore dell’ex e tuttora lotta per vedersi riconosciuto il danno subito.

Un danno che potrebbe essere gravissimo quantomeno per la figlia: la giovane, sebbene abbia oggi ricostruito faticosamente un rapporto con la madre, anche grazie al presidente del Comitato 'Angeli e demoni', Francesco Cattani, si è purtroppo avvicinata alle sostanze stupefacenti, all’insaputa degli assistenti sociali che – racconta l’avvocato – avrebbero dovuto tutelarla e nonostante la madre abbia inutilmente segnalato la situazione.

Ora la giovane ha comportamenti aggressivi anche a scuola, quando ci va. In qualunque modo si legga la narrazione di questa dolorosa vicenda fatta dal legale, la difficile situazione della ragazza appare un fallimento collettivo. Il figlio maggiore, che aveva mantenuto i rapporti con la madre fino ai 18, ora ha preso un’altra strada, dopo che il padre è stato condannato in via definitiva.


Ora la minorenne trascurata dalle assistenti comunali,
secondo lʼavvocato Miraglia, sta lottando con lʼabuso
da sostanze stupefacenti
Secondo lʼAmministrazione comunale,
che respinge ogni addebito, i fatti non si sono svolti così
«Tutte le decisioni al riguardo assunte dal Tribunale»



È l’Emilia-Romagna lo sfondo della difficile esistenza di questa famiglia distrutta: mentre ancora questa terra, che del welfare è stata emblema per decenni, si scrolla di dosso con fatica il ricordo dei fatti di Bibbiano, a Bologna la donna, originaria di Reggio Emilia, ma residente da tempo nella città capoluogo, ha depositato un paio di settimane fa una denuncia per falsità ideologica nei confronti di nove assistenti sociali di due diversi quartieri cittadini, riservandosi di costituirsi parte civile per il risarcimento dei danni materiali e morali subiti.

Stando al racconto dell’avvocato Miraglia, già difensore proprio di alcune famiglie di Bibbiano, tutto comincia oltre un decennio fa, quando la donna si decide a denunciare il compagno, che la sottopone a violenze, vessazioni, arrivando a minacciare addirittura di sfregiarla con l’acido. Ma la denuncia, sempre stando alla ricostruzione dei fatti, non segna la fine di un incubo, bensì l’inizio di un nuovo calvario. Protagonisti, stavolta, i servizi sociali bolognesi. «Oltre ad averla convinta inizialmente a ritirare la denuncia contro il compagno convivente, per anni la abbandonano a se stessa e, addirittura, arbitrariamente e senza un provvedimento del tribunale, le tolgono i figli e li mandano a vivere niente meno che dal padre già condannato per violenze e maltrattamenti »: questa la grave accusa mossa dal legale della madre.

«Se i Servizi sociali avessero ascoltato le ripetute richieste avanzate da questa madre, tutto questo non sarebbe accaduto», precisa l’avvocato Miraglia. Che rincara la dose, raccontando di come i nove assistenti sociali sotto accusa, che si sono avvicendati negli anni, l’avrebbero mandata, almeno per un periodo, anche «in case famiglia fatiscenti e sporche, dove giravano liberamente i topi e veniva servito cibo scaduto, trattandola come 'ostile e non collaborativa' ogniqualvolta palesasse le sue difficoltà, chiedendo soltanto il supporto psicologico, peraltro indicato dai giudici».

Il tutto in assenza di «un progetto di sostegno o un aiuto psicologico, mirato ai figli, che lanciavano chiari segnali di problematicità » e in assenza totale di controllo, da parte dei servizi sociali territoriali, sulle condizioni delle case famiglia di cui si servivano. «Chi pagherà per tutto questo?», si chiede Miraglia. «Chi risarcirà questa donna e sua figlia per anni di incuria, ingiustizia e abbandono e per gli effetti che questi hanno causato? E a farne le spese sono stati principalmente i minori».

Secondo il legale, i Comuni dell’Emilia-Romagna «decantano l’attenzione al welfare, al benessere delle persone e delle famiglie, ma nel concreto mancano, di fatto, i controlli su strutture e provvedimenti e continuiamo a trovarci di fronte a comunità fatiscenti, nonostante i Comuni paghino abbondantemente le realtà che accolgono le madri e i minori. Così come troviamo, come in questo caso, assistenti sociali che fanno il bello e il cattivo tempo, senza preoccuparsi del benessere delle persone in difficoltà, che sono invece chiamati a sostenere».

Ma si tratta di una ricostruzione, questa, totalmente sconfessata dal Comune di Bologna: in una nota inviata dall’Amministrazione, si respinge ogni accusa a riguardo. «L’Amministrazione Comunale sottolinea che ogni attività svolta dai Servizi Sociali in questa vicenda è stata autorizzata in via preventiva dall’Autorità giudiziaria minorile e, anche quando i servizi hanno agito in via amministrativa, le decisioni sono state successivamente ratificate dalla competente Autorità».

La ricostruzione della vicenda da parte dello studio legale, secondo la portavoce del sindaco Virginio Merola, «presenta diversi elementi che non corrispondono a verità. Visto il coinvolgimento di minori si ritiene doverosamente di non entrare in dettagli, ma si può sicuramente obiettare che l’unico collocamento in comunità della madre e dei figli è durato quattro mesi nel 2012 e si è concluso per espressa volontà della signora, che voleva rientrare nella propria abitazione, mentre non risulta che nessuna denuncia verso il coniuge sia mai stata ritirata». L’Amministrazione comunale rigetta quindi le accuse e smonta il caso. Ora la parola passa ai giudici.

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