La rappresentante di classe
La prima (fallimentare) candidatura a fare "il" rappresentante di classe, poi la seconda: «Pà, secondo me non sei adatto...». Ma perché poi?

Essere padre oggi non è un ruolo, ma un cammino incerto, fatto più di domande che di risposte. Continua il viaggio del nostro padre ignoto
È come se non sopportassi più il viaggio (cit. Libro dei Numeri, 21, 4b). Nulla ancora di troppo grave, spero. In passato, mi è capitato di non dormire la notte: per lo più pensando alla scuola dei miei figli. Mia moglie si arrabbia, lei al mattino si deve svegliare presto e salvare vite umane. Tempo sprecato, come darle torto. È che, a me, fino a qualche anno fa preoccupava il calcolo di quanto tempo i nostri figli passano a scuola, ogni giorno. Ore, molto spesso, notevolmente maggiori di quelle trascorse in famiglia e dunque per me potenzialmente significative non solo nel campo dell’apprendimento ma anche, e soprattutto, nell’orizzonte educativo. E se pedinare di nascosto la baby sitter il primo giorno in cui le abbiamo affidato Edoardo forse è stato un eccesso di sfiducia, negli ultimi tredici anni l’idea che avessimo sbagliato la scelta della scuola dei nostri figli mi ha pesantemente contagiato, in almeno due diversi periodi storici. Nella prima occasione ci ha pensato il lockdown a rimettere ordine nella mia testa, quando – da un giorno all’altro – mi sono ritrovato chiuso in casa e sono diventato, io, l’insegnante di una bambina di 6 anni, mia figlia Giada, per un intero lungo quadrimestre. Prima di quel momento, non avevo ancora ben chiaro in cosa concretamente consistesse l’idea della «scuola-perfetta-per-mio-figlio/a» che, come il mito omerico, sentivo solo tramandare a parole da genitori più esperti di me.
«Ma per scegliere la mia scuola siete forse andati agli open day»? avevo chiesto ai miei di genitori, per una veloce conferma, registrando di contro l’immagine dei loro volti increduli. Nella mia ingenuità, pensavo dunque che l’open day fosse stato creato per aiutare le giovani coppie inesperte del nuovo millennio (alle prese con una società sempre più complessa e con una istituzione-scuola sempre più in difficoltà), affinché venisse loro restituita – quasi come un imperativo categorico morale – un’immagine reale ed esaustiva dell’offerta formativa di riferimento. Così alcuni anni prima di quella esperienza da insegnante in pandemia, dopo le prime sorprese iniziali avevo pensato che piuttosto che lamentarmi e non dormire la notte dovessi, finalmente, scendere in campo e dare il mio piccolo contributo al cambiamento positivo. Da li ad alzare la mano per offrire la disponibilità a diventare «il» rappresentante di una classe di seconda elementare il passo è stato breve. E forse troppo affrettato, non avendo considerato la ricandidatura della rappresentante dell’anno precedente: ma lo stupore che anche un uomo potesse essere in grado di farsi carico di una tale responsabilità fu così grande che la prima riunione dell’anno si concluse con un rinvio sul punto al mercoledì successivo, al fine di verificare se si potesse davvero pensare ad una suddivisione dell’incombenza in capo a due persone, indipendentemente dal loro sesso.
In quella settimana di attesa ricordo, come mio primo punto programmatico, di averle proposto la sostituzione della chat WhatsApp di classe con una mailing-list: «Una forma di comunicazione tra genitori meno istantanea di regola alimenta il ragionamento fecondo» dissi io. Queste mie esatte parole segnarono la fine di una intesa, e io feci un passo indietro. Così, ripensando a quella esperienza, nelle scorse settimane ho trovato il momento giusto e questa volta ho chiesto prima al figlio più grande: «Ma se io, quest’anno, mi proponessi come rappresentante della tua classe?» (sempre che in prima liceo, così come nelle elementari e nelle medie, fosse ancora necessario svolgere questo compito genitoriale). «Insomma pà… non credo saresti adatto» dice lui. «Ma perché?» chiedo io, sorpreso. «Sarebbe troppo… impegnativo, per te». Ho indossato un sorriso di circostanza e sono uscito dalla sua stanza. Ma cosa ne sapranno mai i nostri figli di quello che è o non è impegnativo per noi… Eccoli qui, i serpenti mandati dal Signore contro il popolo dei padri in viaggio!
N.N.
[2 - continua, forse]
Ci sono momenti in cui ci sembra di non sapere più nulla, e il nostro essere padri diventa sconosciuto. Ignoto, prima a noi che ai nostri figli.
E tu hai mai pensato di impegnarti attivamente per la scuola dei tuoi figli?
Quali ostacoli hai incontrato?
Quale esperienza positiva ne hai ricavato?
Volendo, puoi scrivere a ilpadreignoto@gmail.com e condividere le tue riflessioni ed esperienze. Contiamo di pubblicarle così da costruire uno spazio di confronto a più voci che sia utile a tutti.
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