“La morte di mio figlio Ricky ha permesso la rinascita di 94 bambini”

Dalla sofferenza atroce al desiderio di aiutare altri ragazzi cardiopatici a ritrovare una speranza di vita. Storia di Marco Galbiati e della raccolta fondi “QuindiCiSiamo” con Mission Bambini
August 7, 2025
“La morte di mio figlio Ricky ha permesso la rinascita di 94 bambini”
Marco Gabiati con il progetto di Mission Bambini
Riccardo aveva 15 anni. Amava lo sport e studiava per realizzare il suo sogno di diventare uno chef. Se n’è andato all’improvviso, in un giorno di dicembre di sole, neve e vacanze. Stava sciando con Marco, suo papà, quando il suo cuore si è fermato.
Mentre Marco ricorda quel giorno, racconta di una perdita così grande e terribile da lasciare un vuoto senza definizione - perché nella nostra lingua non c’è una parola per indicare la condizione innaturale di un genitore che ha perso un figlio - di un dolore senza fine, di una mancanza fisica ed emotiva che annienta, che non lascia tregua, di giorni in lacrime e notti insonni, non ci si può non lasciare prendere da un’emozione così forte da farti sentire impotente.
Poi, però, quando la conversazione cambia registro e Marco inizia a raccontarti di quello che è successo dopo, della sua volontà di rialzarsi - “perché Ricky avrebbe voluto così” - della scelta di “fare”, di fare qualcosa di concreto per gli altri, le emozioni cambiano. Si fanno più dolci, più pacificanti. E allora non puoi fare a meno di pensare che Marco Galbiati, nonostante il suo grande dolore, sia un uomo di un entusiasmo contagioso. E che sia stato proprio questo entusiasmo, insieme al legame indissolubile con suo figlio Ricky, ad aver dato un nuovo senso alla sua vita.
“In volo sull’elicottero che portava Riccardo verso l’ospedale, non sentivo nessun rumore. C’era il sole sopra le montagne. E intorno a noi vedevo solo una luce bianca, pazzesca. Poi il medico si è girato verso di me e ha inequivocabilmente scosso la testa. Di colpo il colore del cielo è cambiato, la luce è svanita, io ho ricominciato a sentire i rumori intorno a me. E ho pensato che quello che stavo facendo fosse il viaggio per accompagnare Ricky in Paradiso” ricorda Marco. “Nei primi mesi dopo la sua morte non provavo che disperazione. Non sapevo più chi fossi né dove fossi. Non avevo più emozioni. Mi mancava tutto di lui, soprattutto la fisicità, il contatto.
Un giorno, però, un mio caro amico mi ha detto “smettila di piangere perché credo che Riccardo non avrebbe voluto vederti così. Prova a trasformare quello che ti è successo così come lui si sarebbe aspettato da te”.
Pian piano, questo pensiero si è fatto strada dentro di me. E poi è stato proprio Ricky a venire in mio aiuto, facendomi vedere che potevo fare qualcosa per dare una mano a chi ne aveva bisogno. Così, è nata l’associazione Il tuo cuore la mia stella, con l’obiettivo di sostenere progetti, rivolti ai più giovani, legati alle due grandi passioni di mio figlio: lo sport e la cucina”.
Poi, però, il suo impegno ha preso una strada nuova ed è arrivato fino a Paesi in cui ai bambini, spesso, non è garantita nemmeno la sopravvivenza, perché non possono avere le cure che darebbero loro la vita, il futuro.
Sì, anche in questo caso è stato un amico a coinvolgermi in un progetto che, in memoria di Riccardo, avrebbe avuto come obiettivo quello di aiutare 15 bambini - 15, come l’età che aveva mio figlio quando se n’è andato - con gravi problemi cardiaci. Devo confessare che all’inizio ero un po’ perplesso, perché la vita di mio figlio si è fermata proprio perché il suo cuore si è fermato.
Di nuovo, però, è stato proprio Ricky a spingermi a fare questa cosa e a farmi capire il senso più profondo di questo progetto: trasformare una perdita in un gesto di amore e speranza.
Così, nel 2022, insieme alla Fondazione Mission Bambini - che dal 2005 con il progetto “Cuore di bimbi” opera per ridurre la mortalità di minori affetti da malattie cardiache, con particolare attenzione per i Paesi dove l’accesso alle cure è più difficile - abbiamo lanciato “QuindiCiSiamo”, una raccolta fondi che, grazie alla generosità di tante persone, ci ha permesso di salvare 94 bambini cardiopatici in diversi luoghi del mondo (n.d.r, si può sostenere la nuova campagna attraverso la piattaforma ufficiale della Fondazione: https://attivati.missionbambini.org/project/quindicisiamo-seconda-edizione/donate).
E ora la raccolta fondi “Quindicisiamo” riparte, per la seconda edizione, con l’obiettivo di realizzare tre missioni operatorie pediatriche in Nepal, Uganda e Zambia e dare una speranza di vita ad almeno 30 bambini che vivono in contesti dove le cure non sempre sono accessibili.
I risultati che abbiamo ottenuto con la prima edizione sono stati per me uno stimolo a rinnovare il mio impegno nel fare qualcosa di concreto per far sì che il nome di mio figlio continui a significare speranza. Ogni bambino salvato è un pezzetto di Riccardo che continua a vivere. È il suo cuore che continua a battere in quello dei bambini che possiamo aiutare. Ho potuto vederlo con i miei occhi quando, due anni fa, sono partito per il Nepal: conoscere di persona i piccoli che sono stati salvati, sentire i loro cuori battere, è stata una gioia indescrivibile.
Marco e Riccardo Galbiati
Marco e Riccardo Galbiati
Decidere di partire per quella missione operatoria, però, per lei non è stato semplice.
No, perché mi spaventava l’idea di rivivere il dramma che avevo dovuto affrontare in quei tre giorni durante i quali Riccardo era in terapia intensiva e io speravo che potesse ancora farcela. Il primo bambino che è stato operato in Nepal aveva 15 anni, la stessa età di mio figlio. Ricordo ancora bene il dolore e la paura sul viso dei suoi genitori. Le lacrime di gioia del medico all’uscita dalla sala operatoria mentre comunicava loro che tutto era andato bene. La tristezza che spariva per lasciare spazio ai sorrisi. La grande emozione, unica, che ho provato nel veder ripartire un cuore.
Un ticchettio di speranza, un rumore di vita… In quel viaggio ho vinto le mie paure. E da tutti i bambini che ho conosciuto in quei giorni ho ricevuto molto più di quanto io abbia fatto per loro.
Perché vedere che la mancanza di Ricky si trasforma in nuova vita mi dà una grande serenità.
Com’era Ricky?
Faccio fatica a rispondere a questa domanda, perché ho paura di non rendergli giustizia. Riccardo aveva tanti amici e me ne sono reso ancor più conto quando se n’è andato. Era onesto, volenteroso e aiutava gli altri. Era sempre sorridente, un po’ burlone, proprio come me… Amava la vita. Per me era un ragazzo speciale. E ringrazio sempre Gesù per avermi dato mio figlio per 15 anni. Purtroppo, sono stati pochi, ma per me sono stati importantissimi. L’amore che avevo per lui ancora oggi mi dà forza, serenità e positività. E quando ho bisogno di lui, del suo aiuto, Ricky c’è, lo sento accanto a me, mi sprona ad andare avanti e a raggiungere gli obiettivi che mi sono dato.
Riccardo ha donato i suoi organi: che cosa ha significato per lei questo gesto?
Quando i medici mi hanno chiesto se volevo acconsentire alla donazione, non ero in grado di rispondere, perché il mio pensiero era concentrato solo su quella macchina che teneva in vita mio figlio. Non avrei mai voluto che si spegnesse… Io dico sempre che è stato proprio Ricky a darmi la forza per dire di sì. E oggi sono contento che questa scelta abbia dato ad altre persone la possibilità di migliorare la loro vita. È un gesto importante e lo rifarei. Io ho avuto anche la fortuna di conoscere chi ha ricevuto uno degli organi donato da mio figlio e fra di noi è nata una bellissima amicizia.
Quindi l’incontro con questa persona è stato importante per lei?
Sì, molto. Mi ha aiutato a metabolizzare il lutto perché mi ha fatto capire che questa scelta non ha solo salvato la vita di un’altra persona ma ha anche permesso che nascesse una nuova famiglia. Per questo oggi mi impegno per far sì che anche altri possano vivere la mia stessa esperienza. Se chi acconsente alla donazione e chi la riceve sono entrambi d’accordo, credo sia un loro diritto potersi conoscere. Perché l’incontro non può che portare positività e dare un senso a tanto dolore.

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