mercoledì 1 giugno 2022
Luisa Pogliana, co-fondatrice dell’associazione Donnesenzaguscio, analizza la diversità di un'organizzazione del lavoro al femminile che mette al centro la persona e non il potere
Le donne dirigenti in Italia sono appena il 17%

Le donne dirigenti in Italia sono appena il 17%

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I primi manager della storia? Sono donne: a loro si deve l’invenzione di questo ruolo cruciale nell’organizzazione e nella gestione delle imprese. Un protagonismo femminile iniziato a metà Ottocento in Inghilterra e negli Usa. Ad indagare questo mondo in cui il potere non è un esercizio di controllo ma una costruzione dal basso è Luisa Pogliana, co-fondatrice dell’associazione Donnesenzaguscio e docente alla Scuola di Alta formazione Donne di Governo, nonché manager di Mondadori con «Una sorprendere geneaologia» edito da Guerini Next. Un volume che non vuole essere un saggio ma un affresco che tratteggia sorprendenti analogie di pensiero.

Si parte da due scrittrici, Charlotte Bronte e Elisabeth Gaskell che a metà dell’Ottocento descrivono la vita nelle fabbriche. Ma è a cavallo tra il XIX e il XX secolo che due studiose, Beatrice Webb in Inghilterra e Mary Parker Follett (considerata la madre del managment moderno) negli Usa iniziano ad elaborare teorie sul campo, visitando le fabbriche e cercando di contrastare il taylorismo dominante per ridare dignità all’essere umano. «Non erano teoriche ma donne pratiche molto richieste come consulenti. Usano la loro autorità a favore della comunità, introducendo un concetto di potere rivoluzionario. Parker Follett teorizza la partecipazione dei lavoratori e la leadership diffusa il 'potere con' al posto del 'potere su' di stampo maschile». Nel secondo dopoguerra l’inglese Joan Woodward elabora il modello di contingenza: l’organizzazione migliore per un’azienda è quella che risponde alle sue specifiche caratteristiche.

Un capitolo viene dedicato all’italiana Marisa Bellisario. «Ha fatto una rivoluzione soprattutto per quanto riguarda la relazione con i lavoratori. Manager in Olivetti è stata l’autrice, negli anni ’80, del miracoloso salvataggio dell’Italtel: c’erano 10 mila esuberi su 30mila lavoratori e lei è riuscita ad evitarli. Non si è mai piegata alle pressioni che subiva e proprio per questo è stata fatta fuori» spiega l’autrice. La seconda parte del libro si concentra sulle sfide attuali. La pandemia ha visto le donne vittime di una misoginia che le ha relegate in smart working. «Conciliazione è una parola che va abolita dal dizionario e sostituita con 'tutto il lavoro necessario per vivere'» sottolinea Pogliana. Le donne rischiano di essere sopraffatte da questa nuova crisi e relegate ai margini: le quote rosa nei cda non corrispondono ad una parità effettiva nei luoghi di comando. Tra i dirigenti solo il 17% è donna, percentuale che si riduce ai livelli più alti e sparisce quasi del tutto quando si parla di presidenti e amministratori delegati. «C’è una differenza retributiva enorme in Italia ma soprattutto uno stereotipo che va ribaltato quando si parla di lavoro e ambizione, che è una parola giusta per gli uomini e sbagliata per le donne. Le lavoratrici devono avere maggiore consapevolezza e fare rete tra di loro. La malattia delle donne è la mancanza di fiducia, il non darsi abbastanza valore. Ma questo è il momento in cui si può avviare una rivoluzione». Nel solco di quella visione lungimirante dell’azienda come luogo di condivisione e non di sopraffazione, che le prime donne manager, con grande lucidità, avevano inviduato.

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