mercoledì 7 dicembre 2022
Viaggio nella sede di tre aziende - Montello, Julia Vitrum e Cartesar - che si occupano del recupero della nostra raccolta differenziata
Campioni di riciclo: in tour nella seconda vita di plastica, carta e vetro
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Conai, Consorzio nazionale imballaggi, è un Consorzio privato che opera per rispondere al problema ambientale. Vi aderiscono circa 760mila imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi. Nato nel 1997 ha segnato il passaggio dal sistema basato sulla discarica a quello integrato, facente leva su prevenzione, recupero e riciclo dei sei materiali da imballaggio e collabora con i Comuni in base all’accordo Anci-Conai, rappresentando per i cittadini la garanzia che i materiali provenienti da raccolta differenziata trovino utilizzo attraverso corretti processi di recupero e riciclo. Le aziende aderenti versano un contributo obbligatorio che rappresenta la forma di finanziamento che permette a Conai di intervenire a sostegno delle attività di raccolta differenziata e di riciclo dei rifiuti di imballaggi. Conai indirizza l’attività di 7 Consorzi dei materiali: acciaio (Ricrea), alluminio (Cial), carta/cartone (Comieco), legno (Rilegno), plastica (Corepla), bioplastica (Biorepack), vetro (Coreve), garantendo il necessario raccordo tra questi e la pubblica amministrazione. « L’Italia è leader in Europa nel riciclo degli imballaggi», spiega il presidente Conai, Luca Ruini. «Siamo primi fra i grandi Paesi e secondi solo dietro al Lussemburgo, per riciclo pro-capite. Nel 2021 abbiamo avviato a riciclo più del 73% dei pack immessi sul mercato: è un grande risultato, se consideriamo che l’Unione Europea chiede ai suoi Stati membri il 65% di riciclo entro il 2025.

Come mostra il nostro Rapporto di sostenibilità, questi risultati hanno grandi benefici economici e ambientali: il valore riciclo gestito da Conai è di un miliardo e mezzo di euro e permette di risparmiare materia prima pari al peso di 339 Torri di Pisa. Senza contare che oggi il riciclo si impone come attore contro il cambiamento climatico, perché evita l’emissione in atmosfera dell’anidride carbonica che producono 11mila tratte aeree Roma/ New York. Anche per questo è sempre più importante guardare alle nostre città come a miniere urbane che producono risorse e non rifiuti: è un cambio di paradigma sempre più urgente». Per capire cosa accade nel cosmo del riciclaggio nel nostro Paese, Conai ci ha condotto in tre siti di eccellenza: Montello, Julia Vitrum e Cartesar. Tre comparti differenti che dimostrano come il riciclo non faccia solo bene all’ambiente ma anche all’economia.

MONTELLO

Montello è un paese della Bergamasca. Aerea industriale dove, al posto dei forni di una grande acciaieria è stata creata un’industria del recupero e del riciclo. L’intuizione di Roberto Sancinelli ha fatto sorgere un’area industriale di circa 450mila mq, di cui 120mila coperti. Fino a fine 1995 era, appunto, un’azienda siderurgica per la produzione di acciaio e tondo per cemento armato. Nel 1996, anche a causa delle crisi del settore siderurgico, si decise la chiusura riconvertendo il sito in attività di recupero e riciclo dei rifiuti di imballaggi in plastica post consumo e dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata che, allora, cominciava a diffondersi in Lombardia. Nasceva la Montello e si sviluppava il concetto di rifiuto/risorsa verso l’economia circolare. Oggi la Montello ha 650 addetti contro i 320 dei tempi della chiusura della siderurgia. Qui vengono riciclate 200mila tonnellate l’anno di imballaggi in plastica post-consumo, da cui si ricavano nuovi manufatti e 600mila ton/anno di frazione organica FORSU provenienti dalla raccolta differenziata da cui si ricava biogas, utilizzato per produrre sia energia elettrica e termica sia biometano, recuperando contestualmente anche l’anidride carbonica per uso tecnico industriale e producendo un fertilizzante organico di elevata qualità.

JULIA VITRUM

Friuli, San Vito al Tagliamento. Qui sorge Julia Vitrum, fondata nel 2019 da due produttori di bottiglie. Ovviamente si ricicla vetro che viene pulito da inquinanti per lavorarlo e fare altre bottiglie: da 1 kg di vetro si ottiene 1 kg, non c’è spreco. L’importante è che non ci siano ceramica e pietre, perché la ceramica ha un punto di fusione più alto del vetro. Questo impianto, in buona sostanza, è fatto come integrazione verticale di due produttori di bottiglie e più vetro arriva meno ne va in discarica. E quello prodotto è di più alta qualità. Dario Lorenzon è il responsabile di questa struttura innovativa, dalla progettazione unica in Europa a tal punto che viene visitata da addetti di tutto il mondo, anche perché la raccolta differenziata non si fa per colore ma la separazione viene fatta qui, dove il vetro arriva mischiato ad un po’ di tutto. La prima separazione è manuale partendo dal grosso, al medio al fine, il tutto per dimensione. Fatta la preselezione si passa ad una fase automatica nell’impianto a torre (che sfrutta la gravità) selezionando ferro, alluminio ed altri scarti, passaggi ripetuti 3 volte con 25 macchine. Infine un ultimo controllo. Innovazione ed economia circolare in un sito costato 30 milioni, operativo da un anno che dà lavoro a 40 persone (tra diretti e soci di una cooperativa) e dalla capacità di 300mila tonnellate annue, con scarti che arrivano da tutta Italia. Dove l’esempio di riciclo è ben dimostrato dal fatto che ferro e alluminio recuperati sono venduti ad aziende che lo lavorano. Il vetro finale, che non ha silice e per questo è molto richiesto, è pronto per l’uso e va in vetreria.

CARTESAR

Da Nord a Sud, Coperchia, frazione di Pellezzano nell’immediato entroterra di Salerno. La cartiera che non ti aspetti, Cartesar un’azienda di famiglia nata nel 1974 in questo sito che era un agrumeto. Inizia la produzione nel 1978 – cosa oggi impossibile con l’attuale burocrazia – con produzione di carte povere per poi passare a quelle da imballo. Oggi fa 350 ton/giorno di riciclate per ondulatori. Industria gasivora ed energivora, ha due impianti di cogenerazione per 11 MW e produce biogas dalle acque reflue e minimizza l’utilizzo dell’acqua. È il primo player della raccolta differenziata della carta dall’Umbria alla Sicilia, con oltre 120mila tonnellate di macero. Lo stabilimento – guidato dai tre fratelli De Julis, Carlotta Fulvio e Carlo – ha una superficie di 13 ettari ed è inserito in un contesto ambientale simile ad un polmone verde. Funziona 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed è parte del progetto «100% Campania », idea di economia circolare sul territorio. Quest’anno registra un fatturato di 70milioni, conta 44 dipendenti ai quali andranno aggiunti 8 in corso di formazione. « Le fasi di produzione – ricordano i tre fratelli – sono le stesse di quando la carta è stata inventata, cambiano le macchine e la velocità di produzione». E poi, se va ricordato che la carta vergine non è dannosa per l’ambiente perché per ogni albero tagliato ne vengono piantati due, va detto che il prodotto in fibra vergine costa di più perché la cellulosa arriva da Nord Europa e Usa. Ecco perché serve più sensibilizzazione sull’opinione pubblica. Riciclo e sostenibilità: il bobinone finito è utilizzato al 70% dal polo pastaio campano. Quando si trova il marchio “Greenbox” si tratta di imballaggi prodotti con carta realizzata qui. Certo, gli scenari sono mutevoli, perché le aziende che producevano carta per giornali sono state riconvertite per realizzare carte da imballaggio e questo fa sì che ci sia più produzione della richiesta. Il tasso di riciclo della carta in Italia è dell’88% e ci potrebbero essere nuove “frontiere”. Le parti di scarto – che hanno ancora un 40% di residuo di cellulosa – e quindi non utilizzabili sono del 15%: sarebbero da impiegare per fare biogas, il che eviterebbe di dipendere dall’import di gas, se non ci fossero di mezzo troppi problemi burocratici.

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