martedì 3 novembre 2020
Durante il lockdown hanno lavorato da remoto quasi un terzo dei dipendenti italiani: 6,5 milioni di persone
Lo smartworking è diventato un'abitudine consolidata

Lo smartworking è diventato un'abitudine consolidata - Fotogramma

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Una rivoluzione silenziosa destinata a cambiare per sempre il modo di lavorare degli italiani. Lo smartworking è passato nel giro di pochi mesi da una anomalia per pochi ad un'abitudine per molti. Durante il lockdown ha coinvolto un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili,circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019. In particolare ha coinvolto il 97% delle grandiimprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane e il 58%delle pmi. Al termine dell'emergenza si stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno 5,35 milioni. Numeri certificati dall'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, che da anni studia il fenomeno e presentata oggi durante ilconvegno online "Smart Working il futuro del lavoro oltrel'emergenza".

La scorsa primavera il maggior numero di smart worker era nelle grandi imprese (2,11 milioni), 1,13milioni nelle Pmi, 1,5 milioni nelle microimprese sotto i dieci addetti e infine 1,85 milioni di lavoratori agili nella PA. La ricerca calcola che in futuro per adattarsi a questa "nuova normalità" del lavoro il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate da remoto, portandole in media da uno a 2,7 giorni alla settimana, mentre una su due modificherà gli spazi fisici. Il ricorso al lavoro da casa forzato ha rivelato la fragilità tecnologica delle imprese, anche quelle più grandi e strutturate. Il 69% di queste, ad esempio, ha dovuto aumentare la disponibilità di pc portatili e altri strumenti hardware. Il 38% ha dato ai lavoratori la possibilità di utilizzare i dispositivi personali. Tre quarti delle amministrazioni pubbliche, poi, hanno incoraggiato i dipendenti a usare dispositivi personali a causa delle limitazioni di spesa e dell'arretratezza tecnologia.

"L'emergenza Covid19 ha accelerato una trasformazione del modello di organizzazione del lavoro che in tempi normali avrebbe richiesto anni - dice Mariano Corso, Responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working - Ora è necessario ripensare il lavoro per non disperdere l'esperienza di questi mesi e per passare al vero e proprio smart working che deve prevedere maggiore flessibilità e autonomia nella scelta di luogo e orario di lavoro"

"Nell'emergenza - dice Fiorella Crespi, direttore dell'Osservatorio - abbiamo acquisito rapidamente consapevolezza dei vantaggi del lavoro agile e abbiamo avuto l'opportunità di sperimentarlo su vasta scala, pur se in una forma atipica Il rischio, però, è di trattarlo come un obbligo normativo o una misura temporanea ed emergenziale: si tratta invece di un'occasione storica che ci porterà verso un "New Normal", con benefici non soltanto nel lavoro,ma sull'intero ecosistema di servizi, città e territori".

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