mercoledì 21 marzo 2018
Fresca dell'ingresso del fondo Apax, con 200 milioni di euro, la multinazionale milanese del consulting Bip vuole rafforzarsi in Europa, per conquistare assicurazioni francesi e le industrie tedesche
La mappa della presenza globale della multinazionale italiana della consulenza Bip

La mappa della presenza globale della multinazionale italiana della consulenza Bip

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Il mercato mondiale della consulenza alle imprese è dominato dalle cosiddette big four, quattro aziende che fanno il 40% del giro d’affari complessivo: Pwc, Ey, Deloitte e Kpmg. Non è scontato che questa egemonia duri per sempre, lo sanno anche loro: fino a quindici anni fa erano le big five, ma poi il quinto gigante del settore, la Andersen, è fallita travolta dal crack di Enron. Durante il riassetto del comparto che ha seguito quella crisi, nel 2003 un gruppo di partner di Deloitte in Italia ha lasciato l’azienda per fondare Bip, sigla che sta per Business Integration Partners.

Rischiava di essere uno dei tanti tentativi velleitari di sfidare dalla “piccola” Italia i colossi anglosassoni. Invece ha funzionato. Partita con 50 persone, dopo un decennio Bip gestiva già 800 consulenti. Oggi ne conta 1800 distribuiti in undici Paesi. Ha chiuso in utile tutti i bilanci della sua storia, dal 2008 i ricavi crescono a una media del 14% all’anno. La sua forza sono l’innovazione e la capacità di portare risultati. La scorsa settimana Apax Partners, fondo di private equity britannico che ha in gestione 50 miliardi di dollari, ha investito 200 milioni di euro* per comprare la quota di controllo di Bip. L’obiettivo, hanno spiegato i manager di Apax, è «accrescere la leadership di Bip nel campo della consulenza a livello mondiale».

Suona strano sentire parlare di leadership internazionale di un’azienda italiana nel mondo della consulenza. Carlo Capè e Fabio Troiani, co-fondatori e amministratori delegati di Bip, non sono però tipi che si tirano indietro davanti a certe sfide. «A livello di attività in Italia siamo già allineati, anzi, un po’ superiori, alle big four e non le temiamo – ricorda Troiani –. Ma dobbiamo crescere. La quarantesima azienda di consulenza al mondo è grande tre volte noi. Abbiamo fatto un piano strategico che punta a triplicare la nostra dimensione, prevalentemente attraverso acquisizioni. Apax ci dà l’esperienza e la capacità finanziaria per riuscirci». La strategia, spiega Capè, è acquisire marchi forti che diano credibilità all’estero in mercati come quello tedesco o francese, in cui resistono vecchi pregiudizi sulle aziende italiane: «In Inghilterra, per esempio, abbiamo fatto fatica a imporci. Vogliamo accelerare. Acquisire brandci aiuterà ad entrare nei primi quaranta gruppi del settore e rendere Bip davvero autonoma».

Bip lavora all’estero dal 2007. Ha seguito in Paesi come la Spagna, la Turchia o il Brasile le grandi multinazionali italiane con cui lavora, in particolare nei settori delle telecomunicazioni, dell’energia e dei servizi finanziari. In quei mercati si è guadagnata anche grandi clienti stranieri, come Walmart per le sue attività brasiliane. Costruire basi forti all’estero le permetterà di conquistare altre multinazionali straniere. Nel mirino ci sono le banche spagnole, le assicurazioni francesi, i gruppi industriali tedeschi.

Viviamo anni di cambiamenti, può essere il momento della scoperta della consulenza "a l’italiana". «Essere italiani in questo momento conta – conferma Troiani –. Le nostre scuole, le nostre università e i nostri politecnici sono tra i migliori in Europa, difatti riusciamo ad assumere persone che hanno una qualità media molto elevata. E abbiamo creatività, un talento molto italiano che consente ai nostri consulenti di fare orchestrazione tra uomini e tecnologie in maniera nuova». L’italianità porta anche maggiore flessibilità, aggiunge Capè: «Il consulente straniero è più simile a un avvocato o un commercialista: lavora a parcella, fa solo ciò che gli è stato precisamente chiesto. Gli italiani sono meno rigidi, si buttano sui problemi dei clienti, ce la mettono tutta per aiutarli a raggiungere l’obiettivo. Difatti gli stranieri apprezzano».

Apprezzano anche i ragazzi delle nostre università, che hanno trovato in società di consulenza come Bip le scuole italiane di “managerialità” che un tempo offrivano le grandi aziende come Fiat, Olivetti o Eni. Bip fa 500 assunzioni all’anno, in gran parte neolaureati. Anche quest’anno servono nuovi ingressi. «I consulenti sono i primi ad essere tagliati quando c’è crisi, ma anche i primi che vengono chiamati quando si avverte che la ripresa è in arrivo – nota Capè –. Dal 2016 il settore in Italia è in grande crescita. Agli imprenditori italiani, che sono tornati a investire con Industria 4.0, serve aiuto per capire come adattarsi al meglio alla trasformazione digitale del settore industriale».


* Per errore nell'articolo pubblicato su Avvenire il 21 marzo l'ammontare dell'investimento di Apax Partners era indicato in 400 milioni di euro. La cifra corretta dell'operazione è 200 milioni di euro.

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