giovedì 16 luglio 2020
L’emergenza da coronavirus ha fatto scoprire i benefici dello "smart working" a manager e lavoratori che ora ne chiedono un’adozione totale o parziale
Il lavoro del futuro è smart e si fonda sulla fiducia
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Il lavoro del futuro è smart e si fonda sulla fiducia, questo quanto emerge dalla ricerca condotta da Variazioni, società di consulenza specializzata in innovazione organizzativa e smart working, e presentata durante la prima giornata dell’evento Smart Working Marathon promosso da Copernico, la rete di luoghi di lavoro, uffici flessibili e servizi che favoriscono lo smart working e la crescita professionale e di business. I risultati emersi sono stati presentati da Variazioni all’interno del webinar Lessons learned e nuove prospettive: lo smart working oltre l'emergenza, nella ricerca di Variazioni, e dibattuti con Confindustria Bergamo ed Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.


La ricerca
L’indagine, che ha coinvolto un campione di 15mila rispondenti del settore privato, di cui il 47% donne e il 53% uomini, ha fatto luce sullo stato dell’arte di aspettative e desiderata di manager e lavoratori. Sono quasi otto su dieci i manager che consigliano lo smart working, mentre raggiunge l’86% la percentuale di lavoratori entusiasti e intenzionati a continuare con la pratica del lavoro agile.

«A emergenza sanitaria quasi conclusa, lavoratori e manager si ritrovano a fare un bilancio su come e quanto questa situazione abbia cambiato il proprio modo di lavorare e di relazionarsi con colleghi e team. L'emergenza sanitaria e il lockdown sono stati dei banchi di prova che hanno messo in evidenza come il lavoro agile sia un abilitatore di innovazione, una piattaforma win-win capace di generare valore per aziende e lavoratori. – spiega Arianna Visentini, fondatrice di Variazioni –. Adesso che il peggio sembra esser passato, è ora di guardare in avanti decidendo che tipo di lavoratori vogliamo essere. Smart e fiducia sono le parole che accompagneranno le sfide personali e lavorative del futuro».
Se lo smart working non è sinonimo di lavorare peggio, non significa nemmeno lavorare meno: il 60% degli intervistati ha dichiarato che la qualità della propria prestazione non ha subito variazioni mentre il 26% ha constatato un miglioramento. A dichiarare che la propria vita privata non ha subito cambiamenti se non in positivo sono il 74% degli intervistati, evidenziando come le persone siano riuscite ad organizzarsi raggiungendo nuovi equilibri. Tra gli elementi positivi, gli smart worker hanno segnalato l’aver creato nuove forme di collaborazione, l’aver messo in campo energie positive e l’essersi sentiti parte di una community virtuale. Una rimodulazione del lavoro e della comunicazione con lavoratori e team ha coinvolto i vertici aziendali che hanno imparato a gestire le relazioni con più fiducia e consapevolezza oltre che a delegare. Il 58% di loro afferma che la propria prestazione lavorativa non ha subito variazioni, mentre per il 25% del campione questa è stata superiore agli standard abituali. Le relazioni improntate sulla fiducia sono state matrice di responsabilità tra gli smart worker che hanno raggiunto gli obiettivi prefissati nel 70% dei casi.


Se l’esperienza smart è stata positiva per i manager e lavoratori, maggiori difficoltà sono state riscontrate da chi non aveva avuto modo di attuare il lavoro agile in precedenza: solo il 42% di questi ha infatti dichiarato di essersi fatto trovare pronto a gestire l’emergenza contro il 64% dei navigati. A Fase 3 inoltrata ci si interroga, dunque, su quali siano le modalità del lavoro del futuro. Dove solo il 2% degli intervistati non vede possibilità di adozione del lavoro agile, la maggioranza ne pronostica l’adozione integrale (76%) o parziale (22%). Quasi nove lavoratori su dieci vorrebbero continuare a lavorare in smart working, mentre circa otto manager su dieci ne consigliano l’adozione. Risultati che attribuiscono in maniera risolutiva l’aggettivo smart al lavoro del futuro.


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