lunedì 18 settembre 2023
I dati dell'Osservatorio dell'Agenzia delle Entrate: compravendite in calo del 16% nel secondo trimestre. Le politiche restrittive della Bce raffreddano il settore dopo anni di espansione
L’immobiliare rallenta ma Milano non si ferma: prezzi su del 7%

FRANCO SILVI

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Rallenta il settore immobiliare, con un crollo delle compravendite, ma i prezzi delle case restano elevati soprattutto al Nord anche se assorbono di fatto l'inflazione. I dati diffusi oggi dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle entrate segnalano per il periodo aprile-giugno una flessione del 16% delle compravendite (era dell'8,3% nel primo trimestre) mentre i prezzi sono cresciuti a livello congiunturale del 2% e a livello tendenziale dello 0,7%. La nuova decelerazione dei prezzi risente del rallentamento dei prezzi delle abitazioni nuove ed è distribuita a macchia di leopardo sul territorio. Al Nord i prezzi restano in crescita con Milano che registra un aumento del 7,1% su base annua, seguita da Torino con un aumento del 4,1% mentre Roma si ferma allo 0,6%. In flessione i prezzi al Centro e al Sud.

Compravendite in calo e tassi dei mutui in ascesa ma il “mattone” in Italia non vacilla. Se a livello mondiale il mercato immobiliare ha cominciato ad accumulare indicatori negativi, dal fallimento dei colossi cinesi delle costruzioni al crollo del valore delle case in Inghilterra, in Italia il settore è stabile. La dinamica dei prezzi è piatta: sono cresciuti dell’1% nel primo semestre del 2023 secondo il rapporto Nomisma Immobiliare ma hanno andamenti profondamente differenti tra il caso Milano, dove le Olimpiadi invernali ha tirato la volata ad una crescita iniziata ai tempi dell’Expo (+24% dal 2008), e il Mezzogiorno in affanno. A preoccupare però è un dato che secondo gli operatori rappresenta un primo campanello di allarme: il numero di compravendite, che dopo la pandemia aveva avuto un rimbalzo consistente, nel 2023 ha invertito la tendenza.

«È in atto una contrazione del mercato. Nel secondo trimestre è stata del 16% rispetto all’anno scorso, nel primo era dell’8%. Si sta intensificando quella flessione iniziata sul finire dello scorso anno e che fa ipotizzare 120mila compravendite in meno rispetto al 2022 – spiega Luca Dondi, Ceo di Nomisma–. C’è una riduzione della domanda che dipende dalla riduzione del credito. Anche i prezzi danno segnali di rallentamento, si stanno stabilizzando dal punto di vista nominale sono fermi ma dal punto di vista reale. Il valore è in calo perché non si sono adeguati all’inflazione. È quello che accade ai redditi: gli stipendi sono fermi ma il potere d’acquisto si è ridotto per effetto dell’inflazione». Secondo Nomisma i primi effetti sui prezzi, se ci saranno, si vedranno tra un anno, bisognerà capire se si va verso una fase di recessione o solo di stagnazione. «Da noi la reazione agli scossoni arriva in ritardo. A differenza dei mercati anglosassoni, dove i mercati sono più trasparenti e reattivi, in Italia c’è una maggiore rigidità perché la componente proprietaria è più alta e l’incidenza del credito ipotecario è minore – sottolinea Dondi –. Il mercato immobiliare è più legato alle dinamiche familiari e patrimoniali, c’è un approccio culturale e non finanziario».

Scenari immobiliari, istituto indipendente di studi e ricerche, nel corso del 31esimo Forum che si è svolto a Rapallo, assicura che il fatturato crescerà del 3,6% in un anno, con un giro d’affari che si avvicinerà ai 150 miliardi di euro. Per il presidente Mario Breglia non c’è nessun allarme. «Le previsioni sono di 650-680mila compravendite l’anno, nei periodi di crisi si arrivava a 400mila, il problema è che si tratta di un mercato rigido, con pochi margini. Siamo di fronte ad una crisi di offerta, non di domanda, la spinta all’acquisto c’è da parte degli italiani. Mancano soluzioni abitative adeguate, mentre ci sono molti appartamenti poco appetibili che restano invenduti e man mano perdono valore». Il problema secondo Breglia è la carenza di case nuove: i cantieri si sono fermati con il Covid e si è puntato tutto sui bonus, e soprattutto di case in affitto.

Abitare Co, intermediatore delle vendite, ha analizzato i dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate e sottolinea che il calo delle compravendite nel secondo trimestre ha avuto punte del 22,8% a Bologna, del 21,5% a Roma e del 17,1% a Milano. Uno stop brusco per le grandi città causato dall’aumento dei tassi di interesse e dall’esaurirsi della ricerca di spazi abitativi più ampi iniziata durante la pandemia.

Una tendenza confermata da MutuiOnline.it, il sito di comparazione dei mutui bancari per le famiglie, che segnala aumenti insostenibili per le rate a tasso variabile (con picchi del 70%) e un calo drastico dei mutui prima casa che sono appena il 56,2% del totale (erano il 72,9% l’anno scorso). «Sicuramente stanno diminuendo le compravendite e cresce la percentuale di chi compra senza mutuo – spiega Nicoletta Papucci, direttore marketing –. Si comprano case meno costose e si assiste anche ad una diminuzione della cifra richiesta per cercare di avere delle rate più accettabili: l’importo medio è di 130 mila euro, era di 141 mila un anno e mezzo fa». Tengono invece i prezzi, che però non riescono ad assorbire l’inflazione: «Soltanto negli ultimi mesi stiamo assistendo ad una leggera diminuzione dei prezzi che sono sostanzialmente stabili ma a fronte di un’inflazione dell’8% in realtà sono diminuiti. Sicuramente non c’è stato quel crollo che si è avuto in altri paesi come Inghilterra e Stati Uniti». Il calo delle compravendite secondo Papucci non avrà effetti catastrofici. «C’è un mercato a due velocità, in molte zone d’Italia i prezzi sono più bassi di quelli del 2008, nelle grandi città molto più elevati. A lungo termine preoccupano da un lato l’invecchiamento della popolazione dall’altra la necessità di adeguamento ai requisiti europei in termini di efficienza energetica».

Un effetto positivo ha avuto la garanzia statale per gli under 36 introdotta dal governo Draghi che ha fatto crescere del 30% le richieste dei mutui prima casa da parte dei giovani. Una misura in scadenza a fine mese che il governo sta pensando di riproporre ma con parametri più stringenti che limiteranno la platea di beneficiari.

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