venerdì 1 dicembre 2023
Scattata la presentazione delle domande autorizzare lavoratori extracomunitari a entrare in Italia per contratti stagionali o fissi. L'incognita dei tempi burocratici e la "sanatoria mascherata"
Alle famiglie italiane servono sempre più badanti

Alle famiglie italiane servono sempre più badanti - Icp

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La prima tornata di pratiche del maxi decreto flussi, varato nei mesi scorsi dal governo, è al nastro di partenza. Fra venerdì 1, sabato 2, lunedì 4 e martedì 12 dicembre hanno luogo i primi tre click day previsti dal ministero dell’Interno, relativi alla tranche iniziale di ingressi regolari per lavoratori stranieri – 136mila, su un totale di 452mila in un triennio – autorizzati a entrare in Italia per svolgere le mansioni previste dai contratti di chi li assumerà. E le proiezioni di queste ore fatte dal Viminale, confermano ciò che il mondo datoriale e le associazioni del terzo settore dicono da tempo: le richieste di imprenditori e datori di lavoro privati, nel caso di colf e badanti, è assolutamente superiore alle quote stabilite dal governo.

Per agevolare le operazioni durante le giornate del click, l’Interno ha infatti dato possibilità a chi volesse – fra il 30 ottobre e il 26 novembre – di compilare in anticipo i moduli di domanda, tramite il “Portale Servizi ALI”. Ebbene, al termine della fase di precompilazione, sono state inserite 607.904 istanze, un numero oltre 4 volte superiore a quello dei 136mila ingressi 2023 e perfino più grande dei 452mila stabiliti in tre anni. Fra queste, 253.473 richieste sono relative al “lavoro subordinato non stagionale” (a fronte di 52.770 posti), 260.953 relative al “lavoro stagionale” (82.550) e ben 86.074 al “settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria”, a fronte di soli 9.500 posti per colf, badanti e baby sitter disponibili. Insomma, benché ampie, le quote fissate dall’esecutivo risultano nei fatti lontane dalle esigenze reali del sistema produttivo del Paese e del welfare privato sociale, per così dire, con cui i cittadini cercano di dare risposte alle necessità di familiari anziani o dei propri bambini.

Un affare per l’erario. E una sanatoria “mascherata”

A ben guardare, e al netto della retorica politica e dei diversi punti di vista, il meccanismo messo in moto dai click day può essere visto come un prisma dalle molte facce: per le casse dello Stato è obiettivamente un buon affare; per le famiglie diventa una buona occasione per accendere o regolarizzare rapporti di lavoro; e in fondo, anche se il governo di centrodestra non lo ammetterebbe mai, diventa di fatto uno strumento per introdurre una limitata sanatoria di immigrati irregolari (già presenti sul territorio nazionale da tempo come lavoratori in nero ma privi finora della possibilità di emergere) senza esplicitarlo politicamente.

Le stime dei datori di lavoro

Proviamo a fare qualche conto. Secondo i calcoli elaborati dall’Osservatorio sul lavoro domestico di Domina, una delle maggiori associazioni datoriali, la sola assunzione di 9.500 tra colf, badanti e baby sitter stabilita dal decreto flussi per il 2023 (altrettante ne sono previste per il 2024 e il 2025, ma abbiamo visto che le sole domande per quest’anno sono quasi dieci volte i posti consentiti) determinerà maggiori entrate nette per 16,2 milioni di euro. Il calcolo è stato effettuato tenendo conto che la retribuzione del nuovo lavoratore non potrà essere inferiore al minimo previsto per l’assegno sociale (503,27 euro mensili) e ipotizzando che i guadagni dei lavoratori si distribuiscano solo nelle prime tre classi di reddito possibili (6-10 mila; 10-15 mila; 15-25 mila). Su questa base, vengono stimate imposte Irpef per 4,2 milioni di euro e contributi previdenziali per 15,9 milioni che le famiglie e i lavoratori pagheranno a favore dei nuovi rapporti di lavoro, per un totale di 20,1 milioni. Cifra alla quale vanno però sottratti gli effetti indiretti legati alla componente deducibile Irpef del datore di lavoro e al trattamento integrativo per il lavoratore domestico, per cui lo Stato dovrebbe “restituire” circa 3,9 milioni, riducendo così il saldo delle entrate totali appunto a 16,2 milioni di euro. Secondo lo studio di Domina, l’impatto fiscale del primo anno andrebbe poi a incrementarsi con le nuove assunzioni previste di 28.500 addetti all’assistenza familiare nel triennio, con un introito complessivo netto di 48,6 milioni di euro. Calcolatrice alla mano, dunque, si tratta di un’operazione conveniente, che conferma come «Il lavoro regolare in ambito domestico rappresenti un beneficio anche per le casse dello Stato e andrebbe quindi meglio sostenuto e incentivato sempre con sgravi per le famiglie datrici di lavoro», commenta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina. Il bacino d’intervento e le potenzialità della convenienza per i conti pubblici in effetti sono decisamente ampi, se solo si considera che Inps e Istat stimano l’esistenza oggi di oltre un milione di rapporti “in nero”.

Lavoro domestico, il “nero” che emerge

In teoria, il decreto flussi prevede che il lavoratore extracomunitario autorizzato a soggiornare in Italia in virtù di un contratto di lavoro si trovi nella sua patria al momento della presentazione della domanda da parte del datore di lavoro. Ma l’esperienza degli ultimi decenni mostra come ciò avvenga solo in una parte di casi. Per colf e badanti spesso la domanda viene presentata per chi già è impiegato in nero presso quel datore di lavoro o per coloro che sono temporaneamente disoccupati ma già presenti nel nostro Paese. La natura stessa – altamente fiduciaria – del rapporto di lavoro domestico, infatti, rende molto improbabile l’assunzione di un lavoratore extracomunitario reclutandolo da un Paese estero senza conoscerlo personalmente. Chi affiderebbe infatti a uno sconosciuto che vive all’estero il proprio genitore anziano da custodire e curare? Di solito, in molti casi, quel lavoratore o quella lavoratrice già operano con un contratto non regolare presso una famiglia italiana oppure si trovano senza impiego per cause impreviste (è accaduto durante il Covid per molte badanti in seguito al decesso degli anziani di cui si prendevano cura). Così, quella persona può essere regolarizzata facendola tornare in patria (in genere i Paesi dell’Est Europa, raggiungibili con viaggi brevi, in aereo, treno o corriera) per qualche tempo – dopo aver visto accolta la domanda del click day – e poi da lì rientrare in Italia, rispettando le norme previste dal decreto flussi e con tutte le carte in regola. Accanto a questi, ci sono poi chiaramente gli ingressi ex novo dai Paesi esteri per i quali sono previsti i flussi: in genere si tratta di assunzioni di persone residenti in nazioni non vicine (ad esempio in America Latina, come il Perù, o in Asia, come Filippine o Sri Lanka) per cui parenti o amici in Italia si fanno garanti presso le famiglie datrici di lavoro.

L’incognita dei tempi

Sul buon esito dell’operazione, infine, aleggia il rischio che – al di là delle buone intenzioni – l’esame delle centinaia di migliaia di pratiche finisca per durare anni, per via della cronica scarsità di personale civile del ministero dell’Interno, addetto in questure e prefetture all’esame delle pratiche amministrative. Una situazione denunciata dai sindacati di settore e che Avvenire ha segnalato ad agosto in un’approfondita inchiesta, che ha dato luogo a interrogazioni parlamentari. «Il piano di assunzioni del Viminale è iniziato - osserva Dario Montalbetti, coordinatore della sigla sindacale Flp Interno - ma per noi è insufficiente, non garantisce il turn over dei pensionamenti che nei prossimi anni riguarderanno gran parte dei dipendenti civili: andranno via in 10mila su 16mila entro il 2029». Non si tratta di fare le cassandre, dunque, ma di essere realisti, visto lo sconfortante precedente della regolarizzazione del 2020 – avviata dal governo Conte II e proseguita da quelli di Draghi e Meloni –, per la quale l’esame delle oltre 200mila domande non è ancora incredibilmente terminato (a Roma, ad esempio, restano da vagliare circa la metà di quelle presentate). E siccome le domande preliminari registrate solo per questi primi click day sono oltre 600mila (il triplo di quelle del 2020), è opportuno che il governo attrezzi in breve tempo un’adeguata “macchina” di funzionari (e non qualche centinaio di lavoratori interinali), se non si vuole correre il rischio di far arenare un meccanismo di regolarizzazione cruciale per il mercato del lavoro del Paese.

Come funzionano i 3 “click day” per presentare le istanze

In base alla procedura definita nel sito del ministero dell’Interno, le istanze potranno essere trasmesse, in via definitiva, esclusivamente in modo telematico, a decorrere dalle:
- ore 9:00 del 2 dicembre 2023 (sessantesimo giorno dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del dpcm) per gli ingressi per lavoro non stagionale;
- ore 9:00 del 4 dicembre 2023 (sessantaduesimo giorno dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del dpcm) per gli ingressi nel settore dell'assistenza familiare e socio-sanitaria;
- ore 9:00 del 12 dicembre 2023 (settantesimo giorno dalla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del dpcm) per gli ingressi per lavoro stagionale.
Va ricordato che, per l'inoltro telematico delle istanze sul sito https://portaleservizi.dlci.interno.it/ è necessario il possesso di un'identita' Spid o della Carta d’identità elettronica (Cie). Tutte le domande potranno essere presentate fino al 31 dicembre 2023. Qualora l'istanza non rientrasse in quota in base all'ordine cronologico di presentazione, il datore di lavoro visualizzerà sul portale ALI l’avviso: “La pratica risulta al momento non in quota”. Lo prevede la circolare congiunta dei ministeri dell’Interno, del Lavoro, dell’Agricoltura, del Turismo, che riporta le indicazioni operative per l’attuazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri sulla programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari stagionali e non nel territorio dello Stato per il triennio 2023-2025 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 3 ottobre 2023).

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