giovedì 15 maggio 2025
In tre anni si è passati da 125 a 140 dipendenti. Senza contare gli effetti su indiretto e indotto: 5.300 persone per un valore condiviso di 445 milioni di euro
L'interno dello stabilimento Ichnusa ad Assemini (Cagliari)

L'interno dello stabilimento Ichnusa ad Assemini (Cagliari) - Archivio

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Più posti di lavoro, più investimenti, più attenzione al territorio. Il birrificio Ichnusa di Assemini, nella zona industriale di Cagliari, è diventato il simbolo dell'isola. Un motivo di orgoglio per i sardi e per chi ci lavora. In tre anni si è passati infatti da 125 a 140 dipendenti. Senza contare gli effetti su indiretto e indotto: 5.300 persone per un valore condiviso di 445 milioni di euro.

Si può essere birra “di territorio” per caso, ovvero perché si è nati in questa terra stupenda. Oppure lo si può essere per scelta, una scelta che va rinnovata costantemente. Ichnusa, nata in Sardegna nel 1912, risponde perfettamente al secondo esempio. E lo fa non per una questione di diffusione o di consumi, ma proprio per tutta una serie di scelte, di vicinanza e di valorizzazione delle eccellenze di tutto un territorio e di “gesti di rispetto” per generare un vero e sostanziale cambiamento.

E i legami con la Sardegna e i sardi cominciano con le idee rivolte ai giovani. Giornate di testimonianze, formazione, confronto e lavori di gruppo: sono questi i punti di forza che oramai da 14 anni contraddistinguono il Progetto Ichnusa, l’iniziativa che coinvolge gli studenti dell’Università di Cagliari in un’esperienza altamente formativa. Nel solco di questa consolidata tradizione, anche l'edizione 2025 si è conclusa con un momento di grande condivisione. Al primo posto Rebecca Putzu e Martina Marongiu con il progetto Un passo verso la sostenibilità: bicchieri riutilizzabili nei festival. Al secondo posto Daniele Palla, Federico Alberti, Simone Sabatini e Lorenzo Sechi con il progetto Se deve finire così, beveteci pure. E infine, al terzo posto, Carlotta Ruiu, Gabriele Montisci, Annalisa Salis, Emma Tocco e Marta Aresu con il progetto Il nostro Fast Food.

Proprio tra queste giovani leve, dopo una selezione condotta con un esperto in Risorse Umane, verrà individuato il candidato più idoneo per uno stage retribuito di sei mesi nel team marketing di Ichnusa. Questo è, forse, uno degli aspetti più attrattivi del programma, un’occasione che rappresenta un importante trampolino di lancio per intraprendere un’esperienza nel marketing e nella comunicazione.

Questa iniziativa è ormai un punto di riferimento per l’accesso al mondo del lavoro in una regione dove il tasso di occupazione giovanile tra gli under 30 è al 29,6%: sette giovani sardi su dieci, quindi, sono disoccupati. Negli ultimi 14 anni, oltre 700 studenti hanno preso parte all’iniziativa e, anche quest'anno, le iscrizioni hanno registrato una partecipazione significativa da parte di studenti e studentesse dei corsi triennali e magistrali di molteplici facoltà. Anche perché l’iniziativa che nasce all'interno del corso di Marketing della Facoltà di Scienze economiche, giuridiche e politiche dell’Ateneo cagliaritano, permette di applicare le conoscenze teoriche a un progetto concreto, legato al territorio e basato su un caso studio reale.

Da anni, poi, Ichnusa ha un obiettivo: il rispetto per la sua Sardegna. Una missione di grande valore, che il birrificio porta avanti attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte all’intera comunità e azioni concrete per far sì che l’isola resti un paradiso. Oggi, questo impegno supera per la prima volta i confini regionali, diventando un appello nazionale. Un messaggio forte, che il birrificio di Assemini rilancia attraverso la nuova edizione della campagna contro l’abbandono del vetro nell’ambiente: partendo dalla Sardegna, cuore pulsante delle attività, per arrivare in altre città della Penisola e coinvolgere un numero sempre maggiore di persone. E così, quest’anno, per dare ancora più concretezza al suo impegno, Ichnusa annuncia una donazione diretta di 30mila euro a Legambiente Sardegna per sostenere le attività di tutela dell’isola e la promozione di percorsi di sensibilizzazione e formazione rivolti alle giovani generazioni. A completamento dell’iniziativa, prenderà il via un’asta benefica: sono 15 le bottiglie Ichnusa recuperate e decorate a mano da sei muralisti sardi e donate da Ichnusa a Legambiente Sardegna che promuoverà un’asta online per supportare azioni a sostegno della cultura del rispetto. Ma non finisce qui: per sensibilizzare le persone circa l’importanza di non abbandonare le bottiglie dopo l’utilizzo, Ichnusa ha deciso di fare un passo in più, regalando alla sua terra un murale che racconta il problema dell’abbandono di vetro nell’ambiente, invitando tutti a un gesto di responsabilità. L’opera, simbolo della volontà del birrificio di proteggere e salvaguardare la sua terra, sorge a Quartu Sant’Elena (Cagliari).

E, per dare il buon esempio - perché il fenomeno dell’abbandono del vetro è un problema che riguarda tutti - anche quest’anno alle iniziative di sensibilizzazione fa seguito l’impegno “sul campo” delle persone del birrificio che, lungo i mesi di maggio e di giugno, saranno impegnate con Legambiente in giornate di raccolta del vetro abbandonato in luoghi simbolo della Sardegna (Cagliari, Nuoro, Olbia, Sassari e Carbonia) e, per la prima volta, anche nella Penisola, a Milano e Bologna.

«Da anni siamo impegnati, assieme alla comunità, alle persone del birrificio e ai volontari di Legambiente, per proteggere la nostra terra. Per contrastare il fenomeno dell’abbandono del vetro ci siamo attivati con giornate di pulizia nelle principali zone della movida sarda e, per la prima volta, anche in alcune città della Penisola. Riteniamo essenziale fare la nostra parte, non solo con azioni concrete, ma anche con un contributo economico concreto a progetti che assicurino la tutela della nostra isola. Con l’annuncio dell’asta benefica e l’inaugurazione del murale a Quartu Sant’Elena, aggiungiamo un nuovo tassello al mosaico di rispetto per la Sardegna. Tutto questo portando un messaggio sociale estremamente importante e in cui crediamo profondamente. Lo abbiamo detto fin dall’inizio: se una bottiglia deve finire per terra, allora preferiamo che la nostra birra non venga bevuta affatto», conclude Paolo Ciccarelli, direttore del birrificio Ichnusa.



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