mercoledì 29 novembre 2017
Ieri è partito il primo convoglio diretto a Chengdu con una ventina di container: sarà la nuova via della seta. In nave lo stesso percorso si fa in 40 giorni
Ecco il nuovo «China-Express», merci in viaggio per 18 giorni
COMMENTA E CONDIVIDI

Seppur con un leggero ritardo rispetto a quelli già avviati tra Cina ed Europa, ora anche l’Italia ha il suo treno merci 'per' e 'dalla' Cina. Diretto. Salutiamo il vecchio bastimento? È presto per dirlo, ma il collegamento tra l’Asia e l’Europa via ferro può essere una grande svolta: fa risparmiare tempo, denaro e pure riduce l’inquinamento. Senza scomodare i cammelli di cui usufruiva Marco Polo non si può, però, non parlare della Via della Seta. In quel mondo lontano era un segno sconvolgente del progresso, oggi, con il progetto per una Nuova Via della Seta lanciato proprio dal governo cinese, è la dimostrazione del 'si può fare', capovolgendo certezze come il trasporto marittimo.

Il Polo logistico integrato di Mortara, nel Pavese, ieri, a pochi minuti dallo scandire dell’ora di pranzo, ha visto muovere il primo convoglio: trainato da una locomotiva dell’operatore privato Captrain (del gruppo Sncf), il convoglio di 17 carri gemellari (due vagoni hanno un carrello in comune), lungo 450 metri (la lunghezza per ora consentita sui binari italici in attesa degli adeguamenti per passare a 750 metri come vuole l’Europa) è partito – non proprio a pieno carico, una parte dei carri erano vuoti – con i suoi container blu con la scritta bianca China Railway Express in direzione Novara Boschetto dove avviene l’operazione di cambio direzione e poi di lì per Tarvisio, con arrivo previsto attorno alle 22. Qui viene preso in consegna dalle ferrovie austriache e via, verso la Polonia. Lassù, al confine con i binari russi, i container vengono scaricati e trasferiti su un treno equivalente, perché le rotaie dei Paesi dell’ex Unione Sovietica hanno uno scartamento differente (più largo rispetto a quello europeo), per partire verso la Cina dove, un’altra volta, dovranno essere trasferiti su vagoni 'indigeni' visto che le rotaie di Pechino hanno scartamento uguale all’europeo. E arriveranno infine a Chengdu, capoluogo dello Sichuan, nel cuore della nazione, dopo avere percorso quasi 11mila chilometri in 18 massimo 20 giorni. Altro che i 40 di una nave.

Un servizio che serve, basta vedere i dati dell’export del Bel Paese verso Pechino: nel 2014 era pari a 10.494 milioni di euro, saliti a 11.113 nel 2016 e arrivare, solo nei primi sei mesi di quest’anno, a 7.818 milioni. Analizzando i comparti nel 2016, il lusso, con l’abbigliamento vede un export per 614 milioni, gli articoli in pelle per 730 milioni. Nei prodotti chimici l’export è a quasi 727 milioni, negli autoveicoli a 994 milioni. Ma è nei macchinari e nelle attrezzature che facciamo 'affari d’oro', con il nostro export che vale oltre 3.378 miliardi. Il treno va, la cura del ferro italica sposa la nuova Via della Seta. La globalizzazione ha capito che la logistica può essere più elastica, veloce e sostenibile. È dal maggio 2015 che si parla di questo progetto. Trenta mesi fa sembrava pura fantasia, perché realizzare un collegamento tra Oriente ed Occidente sui binari appariva irto di ostacoli da superare. Anche se l’intervento era considerato importante perché andava ad intersecare la rete europea Ten-T che dovrebbe essere completata entro il 2030. Oggi la fantasia si sta trasformando in realtà, soprattutto col nuovo anno quando la Via della Seta di Mortara entrerà a regime con due coppie di convogli settimanali. Carichi di macchinari, mobili, elettronica, piastrelle, automobili e componentistica, ma pure moda, cibo e vino. Per uno scambio favorito anche dalla recente riduzione dei dazi all’importazione verso la Grande Muraglia. «È il primo tassello di un disegno affascinante» afferma il presidente del Polo logistico integrato di Mortara, Andrea Astolfi che auspica una rapida crescita. «Avevamo treni in 12 Paesi dell’Europa, mancava l’Italia. Ora abbiamo coperto anche questo importante tassello» gli fa eco Gang Chen, vice presidente di Changjiu international logistics. Anche perché la posizione dell’Italia nel Mediterraneo è ritenuta strategica da Pechino, che dopo aver comprato il Pireo e la costruenda piattaforma di Savona-Vado cerca nuovi hub d’accesso all’Europa confermandopure l’impegno a valutare un investimento sui porti italiani. Perchè il traffico marittimo, comunque, è ben lontano da essere accantonato e le navi portacointainer stanno diventando sempre più mega.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: