mercoledì 8 luglio 2020
I primi dati ufficiali raccolti dall'Ocse confermano quanto si sospettava: i profitti vanno dove la tassazione è più bassa. Per questo si pensa a una tassa minima globale sui redditi delle imprese
Una vista del castello di Città del Lussemburgo: il Granducato è una delle mete preferite dei profitti delle grandi aziende

Una vista del castello di Città del Lussemburgo: il Granducato è una delle mete preferite dei profitti delle grandi aziende

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Dal 2016 le multinazionali con più di 750 milioni di dollari di fatturato sono tenute a comunicare i dati sulla loro attività Paese per Paese nell’ambito del Beps, la strategia coordinata dell’Ocse per contrastare l’elusione fiscale e lo spostamento dei profitti. Questi numeri restano riservati, ma ieri l’Ocse ha pubblicato diversi dati a livello cumulato. Numeri che per la prima volta confermano in via ufficiale quello che gli economisti e gli esperti fiscali dicono da tempo: le multinazionali sfruttano le diverse scappatoie legali che permettono di spostare i profitti in “generosi” Stati a bassa pressione fiscale invece di lasciarli dove svolgono davvero la loro attività.

Più precisamente, l'aggiornamento sulle statistiche delle tasse sulle imprese dell’Ocse rivela che in media le sedi delle multinazionali negli Stati considerati “hub per gli investimenti” (quelli che ospitano investimenti dall’estero per cifre superiori al 150% del loro Pil) riportano il 25% dei profitti dell’azienda, ma hanno soltanto il 4% dei dipendenti e l’11% degli asset tangibili. C’è un «disallineamento tra il luogo dove i profitti vengono registrati e il luogo in cui avviene l’attività economica» nota l’Ocse.

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A beneficiare di questa situazione sono, oltre naturalmente alle multinazionali, questi “hub degli investimenti”, a partire da Paesi Bassi, Irlanda, Lussemburgo e Singapore, che insieme raccolgono circa il 29% del flusso internazionale di investimenti esteri.

Questi dati rafforzano la proposta lanciata dall’Ocse lo scorso autunno e portata al G20: la creazione di una tassa minima globale sul reddito di impresa, una soluzione che chiuderebbe una volta per tutte il problema di queste “scappatoie fiscali”. Entro la fine dell’anno l’Ocse dovrà portare una proposta dettagliata. Sarà una base di partenza, dopodiché starà ai governi decidere.

Non sarà certo una trattativa facile. Per molti Stati significherà perdere una parte del loro gettito fiscale. Altri ci guadagneranno: è la stessa Ocse a calcolare che le tecniche elusive permettono alle multinazionali di risparmiare fino a 240 miliardi di dollari all’anno di tasse. Tra chi avrà solo da guadagnarci c’è certamente l’Italia, che secondo lo studio "The Missing Profits of Nations" pubblicato ad aprile da economisti di Berkeley e dell’Università di Copenaghen nel 2015, unico anno analizzato, si è vista "soffiare" da altri Paesi circa 6,4 miliardi di euro di gettito fiscale tramite i trasferimenti all’estero dei profitti delle multinazionali.

Gli Stati dove la tassazione sul reddito di impresa contribuisce di più e di meno al totale del gettito fiscale

Gli Stati dove la tassazione sul reddito di impresa contribuisce di più e di meno al totale del gettito fiscale - Oecd

A sorpresa, tra l'altro, nello studio dell’Ocse, l’Italia risulta tra i Paesi che ottengono meno di tutti dalla tassazione del reddito d’impresa: l’Ires porta infatti appena il 5% delle entrate fiscali (se si considerano anche i contributi). È molto meno del 9,3% della media Ocse. Solo in quattro giurisdizioni la tassazione del reddito d’impresa dà un contributo più basso del nostro al totale del gettito: in Slovenia, in Estonia, alle isole Bahamas e a Tokelau, atollo corallino sperduto nel Pacifico. Non agli antipodi, ma quasi.



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