giovedì 23 settembre 2010
Istat: il tasso lievita all’8,5% ma per gli «under 24» vola al 28%. Nel periodo aprile-giugno la percentuale, che prima che scoppiasse la recessione era intorno al 6,5%, ha raggiunto l’8,5% dall’8,4% di gennaio-marzo: il livello più alto dal terzo trimestre del 2003 .
- Delzio: i ragazzi pagano il prezzo delle rigidità del sistema
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Mentre la ripresa economica in Italia mostra evidenti segni di stanchezza, la disoccupazione continua a crescere colpendo in particolare i giovani e tra questi soprattutto le ragazze meridionali. Ma la nuova disoccupazione, spiega l’Istat che ieri ha diffuso i dati sul lavoro nel secondo trimestre dell’anno, si concentra nel nord del Paese dove sono alla disperata ricerca di un posto numerosi ex-occupati i quali evidentemente non hanno potuto usufruire della cassa integrazione guadagni.Nel periodo aprile-giugno il tasso dei senza lavoro, che prima che scoppiasse la recessione era intorno al 6,5%, ha raggiunto l’8,5% dall’8,4% di gennaio-marzo, il livello più alto dal terzo trimestre del 2003. E tra i giovani di 15-24 anni la crisi economica ha fatto praticamente strike: sono infatti senza un lavoro quasi un ragazzo su tre (27,9%), mentre sono addirittura circa una su due (40,3%) le giovani donne del Sud, un valore che non si vedeva dal secondo trimestre del 1999.Nel secondo trimestre, dunque, nonostante la discreta accelerazione mostrata dalla nostra economia (+0,5% sul primo trimestre), l’occupazione è risultata ancora in affanno. Rispetto allo scorso anno peggiora sia il numero degli occupati sia quello dei senza lavoro e, come se non bastasse, sempre secondo l’Istat tende a cambiare anche la forma dei contratti. Infatti vengono registrati sempre meno dipendenti permanenti a tempo pieno e sempre più occupati a orario ridotto. Evidentemente si è innescata una spirale perversa: le aziende licenziano gli addetti con i vecchi contratti a tempo indeterminato e ne assumono di nuovi con contratti precari. E tutto questo mentre l’economia mostrava segni di ripresa, ora invece che seppure non in retromarcia l’economia quantomeno sta rallentando, c’è rischio chiaramente di ulteriori rialzi della disoccupazione. Vedremo nei prossimi mesi. Comunque, per il ritorno alla crescita dei posti l’esperienza purtroppo insegna che c’è da aspettare, basti pensare che nella precedente recessione, quella del 1992-93 che ha tagliato almeno un milione di occupati, ci sono voluti tre anni (nel 1996) prima di vedere nuovi posti, ma in quel caso la riduzione del Pil si è verificata solo nel 1993 (-0,9%) mentre durante questa crisi il calo del Pil è stato dell’1,3% nel 2008 e del 5% nel 2009.Ma torniamo ai giorni nostri. I disoccupati ad aprile-giugno risultano 2.136.000 (in termini destagionalizzati), con un aumento dell’1,1% rispetto al trimestre precedente e del 13,8% sullo scorso anno; comunque con il tasso di disoccupazione complessivo all’8,5%, nel Nord è al 6,1%, al Centro si trova al 7,7% e al Sud al 13,4%. Ma non basta. Alla mancanza di lavoro si accompagna in particolare nel Meridione il fenomeno degli inattivi, cioè quelli che rinunciano anche a cercarla una occupazione, che in un anno sono cresciuti complessivamente di 92mila.Quanto agli occupati, in termini destagionalizzati sono a 22.915.000 con un aumento rispetto al trimestre precedente dello 0,1%, ma sullo stesso trimestre del 2009 la riduzione è stata dello 0,8% (-195mila). A questo punto il tasso di occupazione è pari al 57,2%, con una flessione di sette decimi di punto percentuale in un anno. A perdere il lavoro sono in particolare gli italiani (-366mila unità) contro una significativa crescita degli stranieri (+171mila unità). A livello settoriale, poi, persiste su base annua la forte riduzione del numero degli occupati nell’industria in senso stretto, soprattutto nel Nord dove la recessione ha fatto sparire numerose imprese mandando in fumo migliaia di posi di lavoro.
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