giovedì 8 maggio 2025
Praticare attività fisica - anche a livello agonistico - può migliorare i rapporti con sé stessi e gli altri. Oltre a sviluppare caratteristiche che possono rivelarsi utili nella ricerca di un lavoro
L'esperienza della tennista Jasmine Paolini a servizio dei giovani

L'esperienza della tennista Jasmine Paolini a servizio dei giovani - Simone Passeri

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In Italia circa 37 milioni di persone praticano sport e ben 17 milioni sono tesserati. Sono alcuni dei dati diffusi dal Rapporto Sport 2024: tra questi, ben 16,2 milioni lo praticano in maniera regolare e continuativa, attestando il miglior dato mai registrato e segnando un incremento negli ultimi dieci anni di 3,6 milioni. L’ultima rilevazione Istat sul tema, ci dice che il 16,8% degli sportivi di tre anni e più, pratica sport meno di una volta a settimana, il 49,2% una o due volte a settimana e il 34% tre o più volte a settimana.

Praticare attività fisica - anche a livello agonistico - può migliorare i rapporti con sé stessi e gli altri. Oltre a sviluppare caratteristiche che possono rivelarsi utili nella ricerca di un lavoro. Indicare nel curriculum il proprio impegno nello sport, infatti, specificando il livello raggiunto e il ruolo ricoperto, può comunicare ai selezionatori importanti qualità personali. Come testimoniato anche nell'episodio dedicato del podcast, spesso l'enorme valore formativo dell'esperienza sportiva rischia di rimanere inespresso nel curriculum vitae. Proprio per valorizzare questo patrimonio, è fondamentale fornire gli strumenti per rendere visibili queste competenze: attraverso un processo di valutazione mirato, è possibile certificare abilità cruciali come la gestione del tempo, la resilienza, la leadership e il team working, traducendole in un linguaggio professionale efficace.

«La prestazione è il riflesso diretto dell’impegno, della tecnica e della determinazione. Il talento può dare una spinta iniziale, ma è il lavoro quotidiano, la capacità di rimanere concentrati, di gestire la pressione e di affrontare i propri limiti che costruisce davvero il risultato. Tutte queste competenze, che maturano nello sport, sono le stesse che ci portiamo anche nel lavoro: affrontare una sfida con lucidità, fare squadra, rialzarsi dopo un errore. Lo sport è una palestra, non solo fisica, ma soprattutto mentale», spiegano Matteo Restivo e Lorenzo Zazzeri, nuotatori olimpici e conduttori del podcast Sportiva-Mente, in cui esplorano come le dinamiche sportive si riflettano nel mondo del lavoro.

L’obiettivo è divulgare come le competenze acquisite in contesti non convenzionali possano tradursi in vantaggi concreti nel mondo del lavoro. La dedizione agli allenamenti, la gestione della pressione pre-gara, un aspetto che può essere paragonato alla gestione dello stress in ambito lavorativo, la collaborazione con i compagni di squadra, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta, la definizione di obiettivi e la perseveranza per raggiungerli: sono tutte competenze preziose e altamente trasferibili al contesto professionale.

Nel mercato del lavoro, le sole competenze tecniche, pur rimanendo fondamentali e spesso certificate da titoli di studio, non sono più sufficienti a garantire il successo professionale. A fare la vera differenza sono quelle abilità trasversali che definiscono il modo in cui interagiamo, comunichiamo e affrontiamo le sfide.

«Per chi si affaccia al mondo del lavoro, inserire queste competenze rappresenta un elemento distintivo fondamentale nel cv, comunicando ai selezionatori un set di abilità umane preziose e difficilmente quantificabili con i soli strumenti tradizionali. Perché - come sottolinea Donatella Pinto, presidente di Arca Partners srl e ideatrice di SportQb, programma innovativo che certifica le competenze trasversali acquisite attraverso la pratica sportiva e le rende comprensibili e apprezzate nel contesto lavorativo -. Mentre gli algoritmi analizzano dati, la visione prospettica, la leadership, la gestione dello stress e la capacità di lavorare in team: sono le caratteristiche intrinseche che fanno la vera differenza e che un algoritmo da solo non può pienamente valutare».

Il percorso verso le decisioni che riguardano la carriera professionale, è spesso costellato di incertezze. Ci troviamo a dover bilanciare un approccio analitico, basato sulla valutazione di dati e scenari futuri, con le nostre inclinazioni personali e le passioni che ci animano. Non esiste una formula magica per prendere la decisione "giusta", ma un elemento si rivela costantemente prezioso: la ricerca attiva di supporto e di prospettive esterne.

Parlare con persone di fiducia, professionisti che operano nei settori di nostro interesse o esperti in orientamento, può offrire spunti di riflessione inediti e aiutarci a considerare aspetti che da soli potremmo trascurare. Anche ricevere feedback diversi, talvolta contrastanti, può stimolare una visione più ampia e consapevole delle opzioni disponibili.

In questo contesto, l'orientamento professionale e scolastico rimane uno degli strumenti fondamentali per acquisire una maggiore chiarezza sul proprio profilo di competenze, sui propri interessi e sulle reali opportunità del mercato del lavoro. Comprendere le proprie attitudini e passioni, unitamente a una solida conoscenza del panorama professionale, permette di effettuare scelte più mirate e di costruire un percorso di crescita personale e professionale più efficace e soddisfacente.

L'autostima al centro della ricerca su ragazze e sport

Tre ragazze su quattro pensano che lo sport sia un modo per costruire la propria autostima, tuttavia una ragazza su due tra i 13 e i 17 anni abbandona l’attività sportiva. Di queste, due su tre lo fanno per mancanza di fiducia nel proprio corpo, evidenziando incertezze profonde legate a una scarsa sicurezza in sé. Questi i dati più significativi che emergono da una ricerca condotta da Dove, brand di Unilever, volta ad indagare il rapporto tra adolescenti e attività sportiva.

Mancanza di fiducia che viene spesso minata dall’esterno, da commenti e giudizi negativi che le ragazze si trovano ad affrontare. Secondo la ricerca infatti, il 49% delle ragazze che abbandonano lo sport ha subito critiche per il proprio aspetto fisico che, per loro, conta più delle abilità atletiche. Più in generale, il 46% (43% in Italia) si è sentita dire che il proprio corpo non è adatto a praticare sport e sempre il 46% (42% in Italia) si è sentita più volte trattata come “oggetto” durante la pratica sportiva.

In risposta a questo fenomeno allarmante Dove - da oltre 20 anni impegnato sul fronte dell’educazione all’autostima - insieme a Jasmine Paolini, tennista nel top ranking mondiale e Ambassador del brand per tutto l’anno, avvia una campagna di sensibilizzazione per promuovere la fiducia nelle giovani ragazze attraverso il programma Body Confident Sport. Un percorso formativo gratuito, creato con il supporto di partner scientifici autorevoli e rivolto ad allenatori, che vengono coinvolti grazie alla partnership con Laureus (Fondazione impegnata da oltre 20 anni a promuovere il cambiamento sociale positivo attraverso lo sport). Da settembre il programma sarà disponibile anche per gli insegnanti di educazione fisica delle scuole secondarie di primo grado su tutto il territorio italiano.

Sono proprio allenatori e insegnanti, infatti, a rivestire un ruolo fondamentale nel delineare il rapporto delle ragazze con lo sport, essendo riconosciuti come figure di riferimento a cui le ragazze si rivolgono per confronto, dialogo e ispirazione. Al pari dei famigliari, che per tutte indistintamente hanno un ruolo cardine, emerge in modo chiaro anche la figura centrale di allenatori e insegnanti che nel 70% dei casi sono decisivi nella scelta delle ragazze di smettere o di continuare a praticare sport.

Un tema che trova riscontro da una recente indagine svolta in Italia da AstraRicerche e commissionata da Dove. Ad emergere è infatti il peso centrale del giudizio altrui: il 47% delle ragazze italiane si sente a disagio per le pressioni che le vorrebbero in forma e attraenti e, nel 45% dei casi, le critiche subite provengono soprattutto da compagni e coetanei, anche dello stesso genere. Ma è anche attraverso l’abbigliamento sportivo che le ragazze si sentono più o meno in imbarazzo con il proprio corpo: per più di 1 ragazza su 2 l’abbigliamento sportivo è fonte di disagio, perché è restrittivo ed espone eccessivamente il corpo.

Il programma Body Confident Sport, dunque, si pone l’obiettivo di rafforzare la sicurezza delle ragazze e generare un cambiamento positivo, lavorando sull’autostima e sulla consapevolezza del proprio corpo. L’obiettivo è quello di ricreare, attraverso lezioni ed esercizi pratici, da proporre alle ragazze in campo o in palestra, un contesto di allenamento inclusivo e sicuro, nel quale tutte possano ritrovarsi a proprio agio e concentrarsi sui valori e le sensazioni positive che lo sport trasmette, impedendo alle ragazze di rinunciare.

«Dal 2004, grazie al Dove Progetto Autostima, lavoriamo per aiutare le nuove generazioni a costruire la propria autostima, con il desiderio di riscrivere il concetto di Bellezza Autentica, fornendo un’alternativa agli standard di bellezza irraggiungibili e poco realistici che minano la fiducia in sè. Come azienda pioniere su questa tematica, sentiamo oggi la responsabilità di sostenere le ragazze e promuovere l'accettazione del proprio corpo anche nello sport che deve rimanere un contesto sano e positivo per la loro crescita. Abbiamo avviato quindi Body Confident Sport, un supporto concreto per favorire un ambiente sportivo inclusivo per i giovani, per far sì che fin dalla giovane età si confrontino con diverse attività e possano sperimentare e scoprire quello che è più adatto per far emergere il loro talento», afferma Ugo De Giovanni, General Manager Personal Care Unilever Italia.

«Sono entusiasta di aderire a questa iniziativa che rispecchia lo spirito e i valori che mi contraddistinguono. Io stessa nel mio percorso ho subito forti critiche per non essere abbastanza alta o per non avere il fisico adatto per ottenere risultati in campo, ma ho cercato di non perdere la fiducia in me stessa seguendo la mia passione per lo sport. Credo che ogni tipologia di corpo sia adatta a fare qualsiasi disciplina e ognuno possa fare piccoli miracoli, a prescindere dai limiti veri o presunti. Insieme possiamo rafforzare la sicurezza nel nostro corpo, e continuare a fare lo sport che amiamo», dichiara Paolini.

«Per Fondazione Laureus Italia è davvero importante poter essere qui oggi con una realtà come Dove, che sostiene e crede nel lavoro che ci vede impegnati da diversi anni per abbattere tutte quelle barriere culturali che impediscono alle ragazze di coltivare la propria passione sportiva e sentirsi bene nel proprio corpo. Per questo ci impegniamo, anche attraverso uno strumento preziosissimo come il toolkit "Body Confident Sport", ad accompagnare e sostenere i percorsi di allenatrici e allenatori, affinché sappiano creare degli spazi che valorizzino le risorse fisiche ed emotive di ogni ragazza. Solo così lo sport potrà essere un compagno di benessere e sana socialità, in ogni fase della loro vita», conclude Lara Tagliabue, responsabile Programmi Fondazione Laureus.

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