lunedì 22 maggio 2017
Trionfo dell'Italia all'edizione numero 90, vinta da Vesco e Guerini a bordo dell'Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport, la stessa che guidò Nuvolari nel 1933. Una storia di fascino che continua
Avventura e libertà: la Mille Miglia ha ancora un senso
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Trionfo dell'Italia e dell'Alfa Romeo, all'edizione numero 90 della Mille Miglia, la trentacinquesima della serie rievocativa. Dopo
quattro giorni di guida, 40 ore al volante e l'attraversamento di 7 Regioni e della Repubblica di San Marino, a Brescia è
salito sul gradino più alto del podio l'equipaggio formato da Andrea Vesco, 29 anni, e Andrea Guerini, 38 anni, a bordo di un'Alfa
Romeo 6C 1750 Gran Sport del 1931.
Una vittoria che assume un valore tutto particolare non solo per essere la seconda consecutiva di questo equipaggio ma anche perché l'Alfa Romeo 6C 1750 Gran Sport di Vesco e Guerini è quella che prese parte alla Mille Miglia del 1933 guidata dal grande Tazio Nuvolari. Al secondo posto un altro equipaggio italiano - composto da Luca Patron e Massimo Casale - a bordo di una OM 665 Sport Superba 2000 del 1925 che ha sfidato i vincitori con un testa a testa durato fino alla fine. Completa il podio un'altra Alfa, la 6C 1500 GS Zagato dell'equipaggio dei coniugi mantovani Giordano Mozzi e Stefania Biacca, una coppia ben nota agli appassionati della “Freccia Rossa” in quanto ha vinto le edizioni 2011 e 2014 della Mille
Miglia.

La corsa più bella del mondo

Compie 90 anni, e non può evitare di guardarsi alle spalle. La strada era sterrata, in molti tratti gibbosa, senza illuminazione notturna. E loro erano solo polvere e rumore a infastidire il panorama. Molti piloti si portarono appresso il bagaglio, nel dubbio si dovesse pernottare da qualche parte. Invece Giuseppe Morandi e Ferdinando Minoja si fermarono solo per fare rifornimento. Vinsero la prima edizione a bordo di una Om spyder impiegando 21 ore e 4 minuti, alla media “strabiliante” di 77 km orari. Il “Corriere della Sera”, il giorno dopo, scrisse che era nata una nuova epoca. E che l’automobile «dominatrice del tempo e dello spazio» si era rivelata «un grande strumento di libertà».

Quando la prima Mille Miglia partì, il 26 marzo del 1927, nessuno aveva idea della straordinaria leggenda che sarebbe poi diventata. Ma anche oggi una definizione univoca è difficile. E rischia di non comprendere la complessità di storia, passione e ardimento che la corsa della “Freccia Rossa” si porta appresso. Secondo Wikipedia, «La Mille Miglia è stata una gara di lunga distanza che si disputò in Italia per ventiquattro volte, dal 1927 al 1957 (13 edizioni prima della guerra e 11 dopo il 1947). Dal 1982 invece, rivive sotto forma di gara di regolarità per auto d’epoca. La partecipazione è limitata alle vetture, prodotte non oltre il 1957, che avevano partecipato alla corsa originale». Descrizione semplice, essenziale, ineccepibile. Manca il sentimento che si porta dietro però. Quello che oggi anima chi lucida la propria automobile da museo e si mette gli occhialoni in faccia preparandosi alla partenza. E che soprattutto mosse Nuvolari, Varzi, Farina, Campari: campioni ed eroi di un altro tempo, quando l’elettronica non interveniva con i suoi componenti e le macchine si muovevano grazie alle loro parti meccaniche. Quando i piloti erano gentleman intorno ai quali fiorivano straordinarie leggende. E le auto capolavori di ingegneria e di design futuristico.

Questo è lo spirito della carovana della Mille Miglia che nella sua 35ª rievocazione storica, partita giovedì scorso da Brescia con 450 vetture d’epoca costruite prima del 1957 di straordinario valore storico, tecnico e sportivo, appartenenti a 85 diverse Case costruttrici, in centinaia di differenti modelli, mantiene ancora intatto quel fascino molto retrò e parecchio avventuroso che da sempre ha segnato l’inizio della grande epopea dell’automobile. Hanno percorso in quattro giorni e quattro tappe circa 1.700 km di strade italiane, accompagnate e seguite da altre 150 automobili - prodotte dopo il 1958 - partecipanti al “Ferrari Tribute to Mille Miglia” e al “Mercedes-Benz Mille Miglia Challenge”, riservati a vetture in prevalenza moderne delle due Case.

La corsa vera invece la inventarono due ragazzi di 22 e 23 anni, Franco Mazzotti e Aymo Maggi, che nel 1926 sognavano di imitare Gabriele d’Annunzio che aveva conquistato Fiume a bordo di una Fiat Torpedo. Vivevano a Brescia, frequentavano caffè dove Futurismo e Ardimento erano le parole d’ordine: il padre di Mazzotti era un importante azionista dell’Isotta Fraschini, auto che i due giovanotti provavano spesso per raggiungere Milano. Là, insieme ad un appassionato motociclista, Renzo Castagneto, e a Giovanni Canestrini, il primo giornalista italiano che scrisse di auto, Mazzotti e Maggi idearono la “follia” di una grande corsa tra vetture di serie, su strade aperte alla circolazione.

Poiché il fascismo imponeva che tutto in qualche modo facesse riferimento a Roma, la gara sarebbe partita da Brescia per arrivare – appunto – a Roma, transitando sulla via Cassia, per tornare poi ancora a Brescia. Un’avventura di 1.600 km in tutto, che Mazzotti decise che si sarebbe potuta chiamare “Corsa delle Mille Miglia”, approfittando dei 1.600 metri del miglio anglosassone. Il regime non avrebbe mai accettato un nome che richiamava una misurazione straniera, ma l’obiezione fu superata facendo notare che furono gli antichi romani ad inventare il miglio, e che sulla via Cassia ogni 1.480 metri (corrispondenti a mille passi), c’era anticamente una pietra miliare. Da allora divenne un appuntamento annuale. Nel 1938 l’Alfa Romeo 8C spider di Biondetti e Stefani vinse alla media di 135 km orari, in 11 ore e 58 minuti. In poco più di dieci anni, il tempo necessario per andare a Roma e tornare si era quasi dimezzato. Una conquista per la tecnica e il progresso, ma un allarme grande per quello che poteva comportare.

Proprio nel ’38 infatti il primo incidente tragico (dieci spettatori, tra cui sette bambini uccisi dall’uscita di strada di una Lancia Aprilia) rese evidente che quelle auto ormai erano troppo veloci per gareggiare su strade normali. Mussolini in segno di lutto decretò la fine della Mille Miglia, che ricominciò solo nel 1947 quando Tazio Nuvolari annerito dal fumo e inzuppato di tempesta la disputò (in quel caso senza vincerla) per l’ultima volta.Fu ancora un dramma a segnare la Mille Miglia del 1957, e a fermarla definitivamente nella sua formula storica, quando Alfonso De Portago, cugino del re di Spagna, a Guidizzolo (Mantova) in seguito allo scoppio di una gomma della sua auto investì la folla a bordo strada: morirono lui, il suo assistente pilota e nove persone tra il pubblico. Era la fine di una competizione pericolosa e inadeguata, e l’inizio della sua leggenda che un quarto di secolo dopo convinse gli organizzatori a ripeterla, in piena sicurezza e solo con uno spirito goliardico e rievocativo.

Oggi i paesaggi ai margini delle strade sono del tutto cambiati, così come è cambiata profondamente l’Italia. Ma qualcosa di immutato è rimasto: la passione per la Freccia Rossa e per il rombo dei motori. Fu Enzo Ferrari, negli anni Cinquanta, a pronunciare la fatidica definizione di “corsa più bella del mondo”. E fu sempre lui – negli anni ’80, mentre assisteva al passaggio della rievocazione negli Stabilimenti Scaglietti di Modena – a definirla «un museo viaggiante unico e affascinante, allestito in una straordinaria cornice di pubblico festante». La Mille Miglia odierna, effervescente miscela di sport, cultura, turismo, spettacolo e amicizia internazionale, condotta attraverso alcune tra le località italiane più cariche di storia e più ricche di bellezze artistiche, architettoniche e naturali, l’ha portata a uscire dalla dimensione di semplice rievocazione. Perché la storia della mobilità che sfila per strada nelle sue forme più antiche rappresenta, oggi come allora, la conquista del futuro.

Ada Negri ha scritto: «Fra i piaceri moderni non ve n’è uno che sorpassi o uguagli quello di un viaggio in automobile. Nel veicolo nostro, obbediente a noi soltanto, che ci conduce soltanto dove il nostro capriccio vuole, il bisogno di libertà che è in noi diviene certezza di libertà, senso di plenitudine, d’evasione, di possesso dello spazio e del tempo, che trascende il limite umano...». Ecco, piacere e libertà. Questo e nient’altro forse è la Mille Miglia. Oggi come allora.


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