mercoledì 6 marzo 2019
Lo chiede il presidente Carlo Sangalli per tamponare l'emorragia di negozi nei centri storici delle città. Una delle poche note positive: l'aumento di imprese e occupati stranieri
Carlo Sangalli presidente di Confcommercio

Carlo Sangalli presidente di Confcommercio

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I centri storici negli ultimi dieci anni hanno perso il 13% dei negozi, mentre crescevano a doppia cifra alberghi, bar e ristoranti (+18,6%). Si sono ridotte anche le bancarelle, con un calo del commercio ambulante del 9%. Mentre le imprese straniere registrate nel comparto sono passate da 166 nel 2012 a 211 nel 2018 (27,1%) e gli occupati stranieri da 2.110 a 2.457 (16,5%). Sono i dati della ricerca di Confcommercio Il ruolo del commercio e del turismo per il rilancio delle città, basata su 120 comuni di medie e grandi dimensioni, escluse le metropoli policentriche di Roma, Milano e Napoli. Lo studio mostra che il calo dei negozi non ha riguardato tutte le tipologie e che tengono le botteghe alimentari nei centri storici (+0,8%) e sono sempre di più negozi di computer e telefonia (+26,3%) e le farmacie (i negozi in maggiore espansione, +29,2%). Chiudono, invece, in centro, i negozi di vestiti e calzature (-15,4%), di libri e giocattoli (-22,9%) e di mobili e ferramenta (-23,2%), ma anche i distributori di carburanti (-27,9%).

«Stimiamo che il 70-80% della riduzione del totale numero dei negozi non sia dovuto alla crisi dei consumi - spiega il direttore dell'ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella - ma a razionalizzazioni e scelte imprenditoriali per l'insufficiente redditività, oltre alla competizione di commercio elettronico, centri commerciali e outlet».

In periferia le dinamiche del commercio sono attenuate rispetto a quelle dei centri storici, anche per effetto del calo maggiore dei canoni di locazione: il commercio in sede fissa cala del 10,3% in un decennio nelle periferie delle città, quello ambulante del 14,4% mentre alberghi, bar e ristoranti crescono del 17,7%.

«La riduzione dell'offerta commerciale di 64mila negozi in meno negli ultimi dieci anni e la convulsa e
disordinata evoluzione delle strutture di ristorazione e alloggio stanno impoverendo le nostre città che ora più che mai devono essere rilanciate», segnala il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, paventando un «rischio desertificazione dei centri storici». Secondo Sangalli «c'è bisogno dunque di un piano nazionale di rigenerazione urbana fondato sul riconoscimento del rapporto strettissimo tra commercio e vivibilità delle città e di misure destinate all'innovazione per le piccole superfici di vendita». «Città più belle e attrattive - conclude Sangalli - danno fiducia e sicurezza e costituiscono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori. Commercio, turismo e servizi vivono delle città e le fanno vivere».

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