giovedì 3 novembre 2011
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Assenze di malattie più “sicure” per i lavoratori, con la procedura di invio telematico dei certificati medici. Le indennità di malattia, infatti, sono meno esposte al rischio di venire rettificate dall’Inps perché la certificazione compilata e trasmessa online consente un minore numero di errori (soltanto due), dando maggiori garanzie al lavoratore di non ricevere successivamente variazioni dall’Inps. A spiegarlo è lo stesso ente di previdenza nel messaggio n. 18654/2011.Dal 14 settembre 2011, sia nel settore del lavoro pubblico che privato, i certificati di malattia non sono più redatti su carta ma vengono gestiti completamente in via telematica. Una gestione “online” che riguarda non solo il rilascio da parte dei medici ma anche i successivi controlli da parte dei datori di lavoro e dell’Inps (quest’ultimo è l’istituto che eroga le indennità ai lavoratori per mezzo dei datori di lavoro). Come quella cartacea anche la certificazione telematica, per essere idonea a comprovare lo stato di malattia indennizzabile dall’Inps, deve contenere alcuni elementi essenziali e obbligatori, i quali, se omessi o indicati in maniera incompleta, la rendono invalida. In particolare, il certificato compilato a mano, nel passato, poteva presentare diverse tipologie di anomalie: assenza di date, mancanza di diagnosi o di anagrafica, etc.; alcune di queste erano sanabili, altre rendevano invece nulla la certificazione. In questi casi, l’Inps apponeva un codice di anomalia e inviava una lettera al lavoratore chiedendo le conseguenti rettifiche.Oggi, spiega l’Inps, con la telematizzazione del certificato medico sono possibili soltanto due tipi di anomalie: “anomalia CM5” relativa a diagnosi non comprovante incapacità al lavoro; e “anomalia A” relativa ad anomalie generiche (informazioni, ad esempio, non esplicative della diagnosi oppure diagnosi incomplete tipo: “gravidanza”, “trauma”, “intervento”, “disfonia”, etc.). Anche nell’attuale sistema telematizzato, le anomalie continuano ad essere oggetto di segnalazione ai lavoratori con specifica lettera inviata dall’Inps.Attenzione alle “ricadute”. Il diritto del lavoratore a ottenere l’indennità di malattia durante le assenze (indennità che è a carico dell’Inps ma erogata per mezzo dei datori di lavoro) parte dal 4° giorno, in quanto i primi tre giorni sono (cosiddetti) di “carenza” e non indennizzati dall’Inps ma, se previsto dal contratto di lavoro, sono a carico dell’azienda; il diritto cessa con la scadenza della prognosi (con la fine malattia). Ai lavoratori, insomma, l’indennità spetta dal 4° al 20° giorno, in misura del 50% della retribuzione media giornaliera; nonché dal 21° al 180° giorno in misura del 66,66% della medesima retribuzione media. Il resto della paga (50 e 33,34%) resta a carico dell’azienda. Questo conteggio dei giorni di malattia, ai fini della carenza e dell’applicazione delle predette percentuali di integrazione (50% e 66,66% a carico Inps), scatta per ogni nuovo evento morboso. In altro messaggio (il n. 19405/2011), l’Inps spiega che i medici devono precisare nel certificato se la malattia si riferisce a un precedente evento morboso; ciò serve a evitare, al lavoratore, la trattenuta retributiva relativa ai tre giorni “di carenza”. In particolare, quando l’evento morboso si viene a configurare come una “continuazione” dello stato patologico in corso, il medico curante deve farne menzione negli appositi campi previsti nel certificato e nell’attestazione di malattia; e inoltre la stessa annotazione deve riportarla pure nel caso di “ricaduta”, ipotesi ricorrente quando il lavoratore, rientrato in servizio dopo un periodo di assenza per malattia, è costretto ad assentarsi nuovamente a causa di stato patologico riconducibile al precedente evento morboso “nell’arco temporale di 30 giorni dalla ripresa dell’attività lavorativa”. Tali annotazioni servono a configurare la seconda assenza per malattia non come nuovo evento morboso, ma come la prosecuzione del primo; con la conseguenza che, agli effetti della liquidazione delle prestazioni economiche, l’Inps non effettuerà la trattenuta dei giorni di “carenza” (i primi tre), e potrà effettuare correttamente il calcolo dell’elevazione della misura dell’indennità in base ai limiti temporali previsti dalla normativa.
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