Volontariato, ecco le competenze utili anche per il lavoro

Un progetto e una ricerca di Anpas "fotografano" i valori legati alle soft e alle hard skill di chi è impegnato ad aiutare gli altri
December 5, 2025
Volontariato, ecco le competenze utili anche per il lavoro
Due giovani volontarie di Anpas/ WEB
C’è un’Italia che si forma mentre si mette a servizio degli altri. Un’Italia fatta di giovani e meno giovani che scoprono, spesso senza aspettarselo, che il volontariato non è solo aiuto, ma anche apprendimento. Un’Italia che oggi vede riconosciuto questo valore: ciò che i volontari imparano sul campo, nella quotidianità come nelle emergenze, è finalmente considerato competenza, un patrimonio spendibile nella vita, nel lavoro, nei concorsi pubblici. Il recente decreto interministeriale che ha inserito il volontariato nel sistema nazionale di certificazione delle competenze segna un passaggio atteso da tempo. Non riguarda più soltanto il servizio civile, ma anche l’esperienza volontaria nelle pubbliche assistenze. È una novità che premia le soft skill sviluppate nella relazione con gli altri – ascolto, gestione dello stress, lavoro di squadra, responsabilità – e valorizza allo stesso tempo le hard skill costruite nei percorsi formativi: sicurezza, protocolli operativi, gestione delle emergenze, organizzazione dei servizi. Come nel caso di Anpas (oltre 930 pubbliche assistenze, più di 102mila volontari e 500mila soci), che si è riunita per due giorni a Lazise (Verona) in occasione della II Convention nazionale delle pubbliche assistenze dal titolo Convers-Azioni. Un appuntamento biennale nel corso del quale Anpas ha presentato il progetto Impact e premiato le iniziative strategiche volte allo sviluppo della rete delle pubbliche assistenze.
Il progetto Impact-Impegno sociale coeso per un’azione organizzata
Per trasformare questa analisi in azione concreta, Anpas ha costruito un progetto articolato: Impact-Impegno sociale coeso per un’azione organizzata, sviluppato in collaborazione con la rete delle Pro Loco e con il sostegno delle istituzioni nazionali. Il progetto si è mosso su quattro grandi direttrici. Capire per agire ha significato tracciare un profilo dei cittadini che si attivano nelle emergenze, analizzando motivazioni, tempi di impegno, canali di mobilitazione e criticità. È emersa un’Italia composta da gruppi molto diversi: giovani reattivi, comunità territoriali esposte a rischi ricorrenti, associazioni culturali e gruppi religiosi che diventano punti di riferimento, aziende e attività locali capaci di attivarsi rapidamente. Strumenti per il coordinamento è stata la seconda direttrice: dal confronto tra Anpas e le realtà coinvolte è nato un insieme di indicazioni operative per i territori. Procedure, ruoli e modalità di comunicazione condivise sono state elaborate per garantire che, nei momenti critici, l’afflusso di volontari spontanei non generi improvvisazione ma sicurezza, rapidità ed efficacia. Le piazze come luoghi di educazione civile hanno rappresentato il cuore più innovativo di Impact: portare l’educazione all’emergenza tra le persone, trasformando spazi pubblici in luoghi di apprendimento. Il gioco di simulazione digitale ha permesso ai cittadini di immedesimarsi in ruoli decisionali durante tre diversi scenari di crisi, mostrando quanto sia facile sbagliare senza preparazione e quanto sia prezioso il coordinamento. Attorno a questo strumento hanno preso forma momenti di dialogo, materiali informativi e attività pensate per avvicinare i cittadini ai temi della responsabilità e della sicurezza. Dal sapere al fare è stata infine la fase conclusiva: sono state prodotte indicazioni operative per enti, associazioni e istituzioni, dedicate soprattutto al coinvolgimento dei giovani, al sostegno dei volontari nelle fasi critiche e alla costruzione di reti territoriali solide, capaci di attivarsi anche oltre l’emergenza. Una delle priorità emerse riguarda la necessità di percorsi formativi flessibili e modulari, adattabili ai tempi delle persone e coerenti con le diverse motivazioni che spingono a partecipare.
La ricerca
Sul palco di Convers-Azioni, durante la presentazione pubblica dei risultati, sono intervenuti tre protagonisti del percorso: Alessandro Benini, responsabile nazionale della Protezione Civile Anpas; Massimiliano Falerni, responsabile nazionale della Protezione Civile Unpli; Silvia Aru, professoressa associata di Geografia economica e politica dell’Università di Torino, responsabile della ricerca sociologica alla base del progetto. La professoressa Aru ha illustrato un’indagine imponente, che ha coinvolto oltre 2.400 volontari organizzati e cittadini attivi nelle emergenze. Dalla ricerca è emerso che la disponibilità ad aiutare nasce spesso da valori profondi – senso di comunità, responsabilità, desiderio di contribuire – ma anche dalla necessità di colmare un vuoto, trovare legami o mettere a frutto competenze personali. È emerso anche che il volontariato spontaneo, se ben accompagnato, rappresenta una risorsa capace di potenziare l’intero sistema, mentre se lasciato senza coordinamento rischia di trasformarsi in un problema per la sicurezza. Le testimonianze raccolte nei territori colpiti dalle alluvioni degli ultimi anni hanno confermato la forza civica dei cittadini, ma anche la necessità di strumenti, ruoli e linguaggi condivisi per permettere alle persone di agire senza esporsi a rischi inutili. La ricerca ha inoltre evidenziato l’importanza delle reti territoriali, del capitale sociale e di un ecosistema di relazioni in grado di attivarsi rapidamente nei momenti critici.
Le dichiarazioni
Il presidente di Anpas, Niccolò Mancini, sintetizza così il senso del percorso: «La pubblica assistenza è un ambiente educativo naturale: si impara la responsabilità, la cura, la collaborazione. In un’epoca di crescente conflittualità sociale, il volontariato ricorda che non c’è comunità senza reciprocità, non c’è cura senza relazione». A sottolineare il valore strategico del coinvolgimento giovanile e il ruolo di Impact nella crescita del sistema Anpas interviene anche il vicepresidente vicario, Lamberto Cavallari, con parole che guardano al futuro: «Non possiamo permetterci di disperdere l’energia, la creatività e la motivazione dei giovani. Ogni ragazza e ogni ragazzo che si avvicina al volontariato porta nuovi linguaggi, nuove competenze e un modo diverso di guardare le comunità. Impact ha mostrato che, se offriamo spazi, accompagnamento e strumenti giusti, i giovani non solo si attivano, ma diventano un motore di innovazione sociale. Dobbiamo però anche accettare che i giovani possono sbagliare: fa parte del loro percorso di crescita. Non possiamo essere pronti a trasformare ogni errore in un processo pubblico, ma dobbiamo mantenere posizioni ferme, capaci di insegnare qual è la strada giusta, così come hanno fatto i nostri nonni con noi. Il nostro compito è creare le condizioni perché questa energia non si esaurisca, ma diventi parte stabile della rete delle pubbliche assistenze».  Tutto questo lavoro ha trovato una sintesi in Convers-Azioni, il percorso di confronto di Anpas dedicato a dirigenti, volontari, giovani e istituzioni. Uno spazio per discutere del significato del volontariato oggi: non solo servizio, ma educazione permanente; non solo risposta ai bisogni, ma capacità di costruire comunità più solide; non solo emergenza, ma visione del futuro. Mancini chiude così: «Mettere insieme idee e progetti in rete, il percorso di formazione territoriale di Impact e le riflessioni di Convers-Azioni significa guardare al volontariato per ciò che è: non una parentesi della vita, ma una parte della vita che forma. Una forma di formazione civica, relazionale e professionale, oggi finalmente riconosciuta anche dallo Stato. Dove c’è volontariato, ci sono competenze. E dove ci sono competenze, c’è un Paese più forte».  
 
 

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