Sull'ex Ilva l'accordo è in bilico. Uliano: tutelare acciaio e operai

Per il segretario della Fim Cisl «siamo davanti a uno scaricabarile. Nessuno si assume la responsabilità». Il sindaco di Taranto ritira le dimissioni e chiede più tempo per trovare un’intesa
July 31, 2025
Sull'ex Ilva l'accordo è in bilico. Uliano: tutelare acciaio e operai
Imagoeconomica | Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl
Rischiava di saltare il Tavolo con i sindacati convocato per questa mattina a Palazzo Chigi. La richiesta di rinvio era arrivata dal sindaco di Taranto Piero Bitetti. Un atteggiamento che preoccupa Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl. Anche se la Camera approva il decreto che assegna 200 milioni di euro per assicurare la continuità produttiva e la sicurezza degli stabilimenti dell'ex Ilva di Taranto.
Temeva l’annullamento del Tavolo?
Purtroppo siamo davanti a uno scarica barile, nessuno si assume la responsabilità: il sindaco di Taranto appena eletto si è dimesso per non decidere, poi ha ritirato le dimissioni per partecipare al Tavolo ministeriale chiedendo un rinvio del Tavolo con i sindacati. È un comportamento a dir poco singolare. Mentre il governo non si assume la responsabilità di decidere e considerare strategica la fornitura di gas. E l’opposizione è divisa tra chi vuole chiudere e chi non decide. Questo atteggiamento è irresponsabile, si parli chiaramente. Le istituzioni non possono chiedere ad altri di comportarsi da istituzioni. Se vogliono chiudere il siderurgico non decidendo lo dicano. Oggi chi ci sta rimettendo da questa situazione di stallo e indecisione sono i lavoratori e le loro famiglie che non intravedono prospettive per il futuro.
Cosa chiederà il sindacato al governo?
Innanzitutto di governare la transizione con una salvaguardia occupazionale importante. Bisogna prevedere che nel piano di decarbonizzazione ci siano i forni elettrici, ci siano i Dri, ossia i preridotti necessari per far funzionare bene gli impianti dal punto di vista industriale e ridurre l’impatto occupazionale ai minimi termini. A Taranto l’acciaio “verde” può salvare posti di lavoro e salute.
Temete qualche sorpresa?
Prima di tutto dobbiamo dirci chiaramente se la siderurgia è un asset strategico non solo per Taranto, dove tra diretti e indiretti sono coinvolti oltre 17mila lavoratori, ma anche l’intero Paese e l’industria italiana. Il piano di rilancio industriale metteva insieme salute, ambiente e occupazione, con l’obiettivo di portare il siderurgico, entro otto anni, alla decarbonizzazione attraverso i forni elettrici e il pre-ridotto. Questo è necessario per centrare l’obiettivo e per farlo serve il gas.
Pensa sia possibile?
In tutt’Italia ci sono impianti siderurgici di questo tipo che conciliano sostenibilità ambientale, sanitaria e sociale. Non capisco perché a Taranto non si possa fare.
E invece cosa servirebbe?
Bisogna costruire tutte le condizioni per rilanciare lo stabilimento e garantire l’occupazione di tutti i lavoratori, sia dei vari stabilimenti sia dell’indotto. Siamo di fronte al rischio di una bomba sociale. Chiediamo a istituzioni ed enti locali di mettere in campo tutte le iniziative possibili per garantire la fase di transizione, quindi il funzionamento di tre altoforni, il passaggio alla fase di decarbonizzazione, con il rilancio anche attraverso il preridotto.
Siete pronti anche alla mobilitazione?
Se serve sì. Con i lavoratori e le lavoratrici siamo favorevoli a realizzare un piano che abbia tre obiettivi: risanamento ambientale, decarbonizzazione e garanzie occupazionali per superare il ciclo produttivo a carbone garantendo salute e ambiente, da anni perseguito per il territorio. Il rischio concreto è che senza la certezza di un piano industriale e delle risorse - anche se sono previsti 9,7 miliardi di euro di finanziamenti - ci sia un vero e proprio fallimento. Inoltre, con l’attuale autorizzazione integrata ambientale e in assenza di un vero progetto con forni elettrici e Dri, si rischia di non raggiungere il passaggio dal ciclo integrale a quello decarbonizzato.
C’è il rischio di una nuova Bagnoli?
Speriamo di no. Il fallimento e la chiusura dell’ex Ilva di Taranto sarebbero un disastro ambientale, sociale, occupazionale e produttivo. La continuità produttiva è necessaria al progressivo processo di sostituzione del ciclo integrale con il piano presentato: otto anni con quattro forni elettrici (tre a Taranto, uno a Genova), Polo Dri a Taranto, investimenti nei vari plant sulla verticalizzazione degli impianti garantendo l'approvvigionamento energetico di gas con tutte le soluzioni tecniche possibili, nessuna esclusa. Compreso il gas dalla Basilicata e con la nave. È tempo di assumersi la responsabilità di decidere per il bene comune e traguardare una transizione ecologica e sociale per cui lottiamo dal 26 luglio del 2012.

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