Studio sulle scelte dei giovani di espatriare

Il 61% si dichiara pronto a trasferirsi fuori dall'Italia per un periodo superiore ai tre mesi, escludendo le vacanze, con l’obiettivo di costruire il proprio futuro, formarsi o lavorare
July 16, 2025
Studio sulle scelte dei giovani di espatriare
Myllennium Award 2025 | La cerimonia di premiazione
Si è svolta a Roma l’XI edizione del Myllennium Award, il primo premio multidisciplinare italiano dedicato agli under 30, promosso dal Gruppo Barletta e dalla Fondazione omonima, con il sostegno della Regione Lazio, del ministero dell’Istruzione e del Merito, del ministero dell’Università e della Ricerca, del ministero della Cultura e dal ministro per lo Sport e i Giovani. Nato per valorizzare merito, talento e visione delle nuove generazioni, il premio è cresciuto negli anni fino a diventare un punto di riferimento a livello nazionale. In 11 edizioni, ha ricevuto oltre 5.500 candidature, premiato più di 350 progetti e assegnato oltre 1.800.000 euro in borse di studio, esperienze formative e premi economici. Nel corso della cerimonia di premiazione di 23 giovani è stato presentato lo studio Ipsos Giovani tra radici e nuovi orizzonti, realizzato su un campione di 800 italiani tra i 18 e i 30 anni. La ricerca esplora il rapporto delle nuove generazioni con il futuro, tra opportunità da cogliere in Italia e il desiderio – spesso necessario – di guardare all’estero.
Sei giovani italiani su dieci (61%) si dichiarano pronti a trasferirsi all’estero per un periodo superiore ai tre mesi, escludendo le vacanze, con l’obiettivo di costruire il proprio futuro, formarsi o lavorare. È questo il dato principale emerso dall’indagine Ipsos commissionata dal Myllennium Award 2025. È stato chiesto a un campione di 800 giovani dai 18 ai 30 anni residenti sul territorio italiano di tracciare l’identikit della persona tipo orientata a vivere all’estero. Emerge un quadro interessante. Innanzitutto, il genere non sembra essere un fattore particolarmente determinante, a esserlo sono invece altre caratteristiche come l’età che la vedono compresa tra i 21 e i 24 anni (45%), il titolo di studio che percepiscono alto (laurea per il 52%) e provenienza principalmente dal Nord-Ovest (30%) o dal Sud e Isole (29%). La netta maggioranza (83%) pensa che la persona tipo disposta a vivere all’estero, anche solo per un periodo, appartiene ad una classe sociale medio-bassa. Nell’immaginario giovanile non è necessario appartenere ad una famiglia benestante per fare questa esperienza, anche perché chi si sposta lo fa soprattutto per trovare un lavoro migliore rispetto a quello che troverebbe in Italia.

Non sorprende che si immagini che la conoscenza della lingua inglese sia fondamentale (72%), anche più di quella della lingua locale del Paese di destinazione (57%). Deve avere esperienze lavorative pregresse? Secondo i nostri giovani non è così necessario: il 34% vede più frequente lo spostamento di chi non ha alcuna esperienza mentre il 44% opta al massimo per un paio d’anni di attività lavorativa, a testimonianza dell’idea che l’estero sia una vera e propria palestra formativa di risorse anche da definirsi sul piano professionale.

L’Europa è la destinazione percepita come privilegiata per il 77% dei giovani, con Germania, Regno Unito, Spagna e Svizzera in testa. Uno su cinque guarda verso l’America (20%), soprattutto agli Stati Uniti. Chi ha già vissuto un’esperienza all’estero superiore ai tre mesi – il 23% del campione – la valuta molto positivamente (76%) e nella maggior parte dei casi è pronto a rifarlo.

Il 46% dei giovani pensa che chi parte farà ritorno in Italia, ma la maggioranza (54%) ritiene che chi va via non tornerà più e i dati reali confermano questo scetticismo: dal 2011 al 2023 solo il 31% dei giovani che si sono trasferiti all’estero è rientrato. Chi vede i giovani far ritorno in Italia pensa succeda mediamente dopo circa 2-5 anni (50%). Chi ha già vissuto un’esperienza all’estero superiore ai tre mesi è rientrato principalmente per motivi familiari, perché aveva concluso il proprio percorso formativo all’estero o per nuove opportunità professionali in patria.

Il 17% dei giovani non prenderebbe mai in considerazione un’esperienza all’estero. Tra i principali ostacoli emergono l’attaccamento al proprio territorio (24%), la barriera linguistica (23%), il legame con la propria famiglia (11%) e la percezione che l’esperienza costi troppo (7%). Un 8% esprime paura di non sapere cosa li aspetta fuori confine e un altro 14% confida nelle prospettive offerta dall’Italia.

La posizione degli intervistati è divisa: il 41% auspica che il governo italiano incentivi le esperienze all’estero, vedendole come un’opportunità di crescita culturale e professionale e uno strumento per ridurre la disoccupazione giovanile. Al contrario, il 42% teme che questo fenomeno provochi una perdita di capitale umano e indebolisca l’economia interna, dunque auspica che le nostre istituzioni lo frenino. Un consenso più ampio emerge invece verso l’Unione Europea (63%), le Università (60%) e la scuola (56%) per un ruolo attivo nell’incoraggiare la mobilità internazionale. Il mondo del lavoro risulta più diviso, con un 36% che opta per arginare l’uscita in questa sfera perché teme di perdere risorse qualificate fondamentali per il nostro Paese.

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