Se contro lo spreco alimentare ridistribuire non basta

Secondo l’esperto Avagliano non bisogna sovrapporre lotta allo spreco con lotta alla povertà: «Il primo obiettivo è quello di ridurre gli scarti»
October 17, 2025
La lotta allo spreco alimentare vista da dentro, vista dal basso. Nel libro “Nostra eccedenza” Raffaele Avagliano, giornalista e comunicatore specializzato in non profit, racconta impegno, risultati e utopie di una battaglia ancora lontana dall’essere vinta. Colpa di cattive abitudini dure a morire, ma anche di pregiudizi e velleità ideologiche che a volte finiscono per deviare il percorso verso altri obiettivi. Certamente nobilissimi, ma talmente ambiziosi che finiscono per allontanarsi da quelli di chi bussa ai supermercati per recuperare il cibo avanzato. Un grande equivoco da cui Avagliano mette subito in guardia: «Stiamo attenti a non sovrapporre lotta allo spreco e lotta alla povertà. Certamente, oggi si recupera per donare ai poveri, però il primo obiettivo è ridurre gli scarti. Un meccanismo che se funziona porta a raccogliere meno alimenti da ridistribuire. Dunque è un tema più legato alla sostenibilità ambientale che alla solidarietà in senso stretto. E poi non basta ridistribuire, perché alcuni prodotti ad esempio non ci sono mai: basti pensare all'olio, o ai prodotti per bambini. Non a caso qualcuno dice: recuperiamo pane e ridistribuiamo diabete. Una provocazione, ovviamente, che però spiega bene come la dieta da recupero può essere squilibrata perché si recuperano soprattutto pizze, dolci e appunto tanto pane».
Avagliano parla per esperienza diretta, visto che a Bergamo ha ideato la Dispensa Re-Store, il negozio della cooperativa Namasté (in collaborazione con Foria srl e Comune di Bergamo) che raccoglie le eccedenze dei supermercati per poi metterle a disposizione gratuitamente di chi non ha la possibilità di fare la spesa normalmente. Una bottega che da quando ha aperto, nel 2022, ha visto crescere la “clientela”: se all’inizio ad ogni apertura si riempivano 32 carrelli, oggi si è saliti a 42. In totale, più di 200 spese gratuite in più all’anno. «Ma è difficile dire se sono aumentati i bisogni o se viene più gente perché si è sparsa la voce». Quel che è certo è che la fame continua ad abitare anche in città, così come gli sprechi – pur se minori – restano. Sforzi inutili, allora? «A volte c’è la sensazione di provare a svuotare il mare con il cucchiaino – osserva Avagliano – ma se questo accade è perché siamo ancora lontano da un cambio di paradigma più che mai necessario e non più rimandabile».
Per studiare buone pratiche, lui si è spinto fino a Parigi. Dove si è imbattuto nei “colleghi” di Biocycle, che riciclano cibo chiedendo ai supermercati di cedere loro una piccola percentuale degli sgravi fiscali percepiti. «Un modo pragmatico per passare dalla prospettiva della donazione a quella del servizio, perché di questo si tratta quando parliamo di recupero di beni alimentari scartati dalla grande distribuzione. Un servizio che, come tale, ha un suo costo. Questo approccio responsabilizza gli stessi supermercati».
Avagliano insiste sulla necessità di un salto di qualità prima di tutto culturale. Anche nella lotta allo spreco non è più tempo di fai da te, così come non bastano i buoni propositi. «Se vogliamo davvero cambiare le cose, occorre mettere a sistema le buone pratiche e fare in modo che abbiano un impatto concreto sulla filiera. Per riuscirci bisogna dialogare con la politica e dimostrare ai decisori che alcune scelte possono davvero portare a un cambio di rotta generale. A Roma, ad esempio, è nato il Consiglio del cibo: l’iniziativa è partita da 2 associazioni, adesso ne fanno parte 147 realtà, tra cui anche università, agricoltori, mense. Una rete che elabora proposte concrete, che approdano in Consiglio comunale».
La strada è tracciata: meno proclami, più pragmatismo. «Il consumatore è certamente cambiato, è più attento a cosa e quanto acquista. Certo, molto dipende ancora dal reddito e dal tempo a disposizione. Non sempre si riesce ad andare dal contadino per comprare la verdura a chilometro zero. Ma il punto è che, se si vuole incidere, bisogna andare oltre il gesto del singolo. Comprare le bustine di the equosolidale è sicuramente un bel gesto, ma purtroppo non basta più».

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