Così il "core funding" può cambiare la filantropia

La responsabile Impact di Oak Foundation: «Se una realtà è allineata con i nostri principi, perché imporre fondi per un progetto invece di darle risorse per crescere?»
October 30, 2025
Così il "core funding" può cambiare la filantropia
Silvia Guizzardi
Ai professionisti della filantropia di famiglia italiana riuniti in questi giorni a Napoli per il “Simposio delle fondazioni di famiglia” organizzato da Assifero, Silvia Guizzardi presenterà una modalità diversa di sostenere le organizzazioni non profit, per andare oltre il modello tradizionale bando-progetto-finanziamento. È il modello del “core funding” che Guizzardi, forte di un’esperienza ventennale nel monitoraggio e valutazione, cooperazione internazionale e nella filantropia quasi tutta costruita all’estero, presenterà sulla base del lavoro che sta portando avanti come senior adviser for impact di Oak Foundation, una fondazione di famiglia che supporta organizzazioni in 40 paesi del mondo nata nel 1983.
Che cosa significa per una fondazione fare core funding?
Essenzialmente il modello del core funding consiste nel finanziare le organizzazioni non per i singoli progetti, ma per i costi del loro funzionamento in generale, come i compensi dello staff, le spese amministrative o anche altre attività, ad esempio la comunicazione e i progetti Per lo sviluppo delle competenze all’interno dell’organizzazione stessa, per supportarne la crescita e la stabilità di lungo periodo. Significa svincolare i fondi dai progetti specifici ma investire sull’organizzazione in quanto tale.
Perché Oak Foundation ha scelto di adottare questo tipo di strategia?
Oak non ha iniziato in questo modo. Per i primi quindici anni, abbiamo risposto a proposte su argomenti che ci stavano a cuore – diritti umani, questioni femminili, sistemi educativi – e per lo più abbiamo sostenuto progetti. Ci siamo resi conto che questo rendeva difficile costruire relazioni durature con le organizzazioni partner o raggiungere risultati sostenibili. A un certo punto, ci siamo chiesti: se un'organizzazione è in linea con i nostri principi e obiettivi, perché limitare i finanziamenti a un progetto specifico invece di fornirle le risorse per crescere, stabilizzarsi e realizzare la sua missione generale?
È chiaro che questo tipo di approccio richiede molta fiducia nelle organizzazioni che finanziate.
Sì, è proprio un approccio “trust based”. Prima di concedere qualsiasi finanziamento, c'è un processo di due diligence molto dettagliato e meticoloso. Mentre nel processo di monitoraggio dell’attività dell’organizzazione, non si guarda alla spesa del singolo dollaro, ma alla performance complessiva dell'organizzazione. A volte, accettiamo semplicemente il rapporto annuale dell'organizzazione stessa come forma di rendicontazione. L'obiettivo è contribuire allo sviluppo generale dell'organizzazione che sosteniamo. Attualmente, almeno il 50% delle nostre sovvenzioni ai partner sono di core funding o includono una componente di core funding.
Che risultati state ottenendo con il sistema del core funding?
Questo approccio ci ha permesso di creare relazioni di lunghissimo periodo, spesso 10 anni o più, con le organizzazioni. Poi c’è un tema importante di contrasto al sottofinanziamento permanente delle realtà non profit. Le risorse per chi fa attività sociale si stanno riducendo drasticamente, non solo per via dei tagli agli aiuti degli Stati Uniti – purtroppo questo è un trend gobale. E sempre più spesso chi fa attività sociale ottiene finanziamenti sufficienti a portare avanti un progetto specifico, ma non per retribuire giustamente le risorse umane, o per stabilizzare sistemi interni e i processi di crescita. Questi costi indiretti restavano spesso in larga parte scoperti con i fondi di progetto. Un esempio pratico: funzioni cruciali come la comunicazione, il monitoraggio e valutazione o il fundraising sono quasi sempre sottofinanziate dai fondi di progetto. Ma se non fai fundraising, non puoi andare avanti. Questo sottofinanziamento lascia le organizzazioni vulnerabili alle crisi, molte non hanno riserve finanziare per reggere in una situazione di difficoltà, come il Covid ha evidenziato duramente. Aiutare le organizzazioni a coprire i costi reali del loro lavoro le permette di uscire da questa situazione di fragilità finanziaria permanente. C’è infine un altro aspetto importante: finanziare le organizzazioni in questo modo consente loro di prendere rischi e poter sbagliare. È fondamentale per potere innovare, discutere idee, tentare progetti pilota e testare soluzioni nuove.
Quali invece i problemi ancora da risolvere?
Un problema cruciale è che con il core funding è più difficile misurare l'impatto. Non si può determinare esattamente come sono stati utilizzati i fondi e a quale specifico aspetto del successo abbiano contribuito. Questo era particolarmente difficile in passato, quando c’era molta enfasi sugli indicatori e sul sapere esattamente come “ogni dollaro ha contribuito a ottenere qualcosa”. Oggi un po’ meno. C'era inizialmente una certa reticenza anche all'interno del nostro staff, che temeva che le organizzazioni potessero abituarsi e diventare dipendenti dalla fondazione. Ma poi abbiamo visto che non e’ cosi – organizzazioni più “forti” diventano più’ affidabili e competitive, anche nell’ottenere fondi da altre istituzioni.
Quello del core funding è un modello che si sta diffondendo?
Il modello si sta diffondendo molto, anche a livello europeo. C'è un movimento crescente e un riconoscimento dell'importanza del core funding, specialmente in un periodo difficile per la società civile a causa della situazione politica e finanziaria. Lo adottano grandi fondazioni, come la Ford Foundation o MacKenzie Scott, e anche realtà più piccole. Siamo in una rete, la Funding for Real Change, che mette assieme fondazioni che adottano e promuovono questo tipo di approccio. Ci sono paure ricorrenti tra le fondazioni, come la sensazione di perdere il controllo sull'uso dei fondi, di non poter monitorare l'impatto, o che le organizzazioni diventino dipendenti o accondiscendenti. La letteratura degli ultimi dieci anni e non c'è alcuna evidenza che queste paure si concretizzino. Anzi, contribuire alla crescita dell'organizzazione ne diminuisce la dipendenza, rendendola più capace di attrarre altri fondi con un importante impatto moltiplicativo.

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