Coinvolgere e comunicare: «Il riciclo può diventare bene comune»

Micol Bertoni, direttore Italia di Food and beverage Carton Alliance: «Gettare nell’indifferenziato un brick di cartone è un danno per la collettività, per l’industria e per l’economia»
September 23, 2025
Coinvolgere e comunicare: «Il riciclo può diventare bene comune»
«Non c’è riciclo senza raccolta». Micol Bertoni, direttore Italia di FBC (Food and beverage Carton Alliance) è molto diretta e quella che sembra un’affermazione banale, in realtà ci porta dritto al cuore del problema dell’economia circolare. Non si riutilizza nel consumo di massa, senza una filiera ben organizzata che recuperi ciò che merita una seconda vita e che renda remunerativa questa raccolta e il reimpiego. Uno dei malintesi più comuni in una società come la nostra è che disporre di cibi biologici, di carta riciclata, di trasporti ecocompatibili sia un “diritto” che prescinde da un nostro contributo. In una economia liberale non esiste il dovere di un operatore economico a investire a dispetto dei costi e dell’esistenza di una organizzazione sociale ed economica in cui si inserisce quella produzione. Vale anche per scatole e affini. La riciclabilità di un imballaggio parte infatti dalla progettazione, che deve essere rispondente ai criteri dell’eco-design, e si concretizza con l’adozione di soluzioni innovative capaci di coniugare la sua funzionalità rispetto al prodotto contenuto e la minimizzazione degli impatti ambientali lungo l’intero ciclo di vita. Ma non può fare tutto chi lo produce.
«Il coinvolgimento consapevole e la responsabilità del cittadino è la chiave di successo per raccolte differenziate efficaci, il cui fine, ricordiamolo sempre, è garantire che i nostri rifiuti vengano avviati a riciclo: in coerenza con i principi dell’economia circolare l’obiettivo è diminuire sempre più l’uso di materie “vergini” e impiegare materie riciclate, quando possibile. Infine, la riciclabilità a monte dell’imballo e il gesto quotidiano della corretta raccolta differenziata trovano la propria motivazione nell’infrastruttura impiantistica necessaria a selezionare e avviare a riciclo gli imballaggi, prima, e nella tecnologia industriale di riciclo per la produzione di nuove materie, poi» racconta il direttore dell’associazione che riunisce i produttori di imballaggi in cartone per il settore food e beverage. Il problema tecnico del riciclo è che tutti i passaggi che descrive Bertoni debbono essere coerenti tra loro ed è la ragione per cui nel recente regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, noto come PPWR, il legislatore europeo ha stabilito che ciò che viene immesso al consumo venga effettivamente riciclato su scala europea, non solo nazionale. Oggi, il cartone per bevande utilizzato da tanti cittadini in vari momenti della giornata, dalla colazione alla merenda, è progettato e creato nel pieno rispetto dei criteri dell’eco-design definiti a livello europeo. È composto in media per il 75% di carta e per la restante parte da componenti di plastica e alluminio. È fondamentale dunque che i cittadini facciano una corretta raccolta differenziata poiché ancora oggi abbiamo ampi margini di miglioramento. Ciò tenendo ben presente due aspetti: non gettare il cartone per bevande vuoto nell’indifferenziata, di solito indicata con il sacco nero, e seguire attentamente le indicazioni che il proprio comune o ente gestore forniscono per non commettere errori.
«Proprio per aiutare i cittadini l’industria si sta impegnando in una comunicazione più trasparente sul tema “di cosa è fatto” l’imballo e in iniziative di collaborazione lungo l’intera filiera della gestione integrata dei rifiuti, del recupero e del riciclo», precisa la manager. La quale ammette che «negli anni, la raccolta differenziata di questo tipo di imballaggio ha presentato alcune complessità, dovute al fatto che in alcuni Comuni venga conferito insieme alla carta, mentre in altri (seppur in misura minoritaria) venga destinato alla raccolta della plastica. Questa diversità può aver generato qualche incertezza nel cittadino, ma al tempo stesso ha stimolato un crescente impegno verso una comunicazione più efficace e un miglioramento continuo delle pratiche locali. È importante ricordare che la modalità di conferimento non è definita dal comparto industriale, ma stabilita dai singoli Comuni, che operano in base alla disponibilità impiantistica e infrastrutturale del territorio».
Dobbiamo ricordarci – sottolinea – che gettare nell’indifferenziato un brick è un danno per la collettività, per l’industria e per l’economia. Per la collettività, perché un brick non raccolto è un rifiuto non riciclato, che dovrà essere incenerito o mandato in discarica; per l’industria, che non potrà mettere in pratica i propri piani di economia circolare, su cui è chiamata a render conto; e, non ultimo, per l’economia, perché, mentre un cartone del latte riciclato genera valore attraverso il recupero e la produzione di materia prima seconda, un cartone incenerito costa e inquina di più. Queste esigenze discendono dalla parte finale della filiera. Il fine vita del cartone per bevande, ovvero l’industria dove viene riciclato, è la cartiera, nella quale avviene il processo di riciclo. «Se abbiamo dubbi su dove gettarlo – conclude Bertoni – quando abbiamo finito di utilizzarlo, dopo averlo ben svuotato e schiacciato, mettiamo il cartone assieme alla carta (salvo appunto disposizioni del Comune di metterlo nella plastica). In Italia il settore cartario ne garantisce il riciclo della parte carta e, nello specifico, due sono le cartiere all’avanguardia che, grazie a soluzioni innovative, producono nuove materie dalla separazione di tutte le componenti dell’imballaggio – carta, plastica e alluminio: nuova carta e il cosiddetto PolyAl, che può essere impiegato in vari settori».

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