Viaggio fra gli esclusi nel palazzo occupato. «Riscatto e giustizia per il Giubileo»
di Giacomo Gambassi, Roma
A Roma il condominio abusivo «Spin Time», che dal 2013 è in mano a 400 “senza casa”, accoglie l’incontro del movimenti popolari nato da un’intuizione di papa Francesco. «Uno scandalo? No, il Vangelo chiede di soccorrere gli ultimi». Gli inquilini: il dono dall'Anno Santo? La regolarizzazione dello stabile

Sulla vetrata d’ingresso il cartello è affisso con il nastro adesivo da pacchi. «Andiamo a trovare il Papa», annuncia il foglio scritto a mano. «Papa Leone XIII», è stato annotato in prima battuta. Per certi versi, un Papa affine a chi vive qui: quello della questione sociale e della vicinanza agli sfruttati. Anche se è stato eletto quasi 150 anni fa. Poi una mano anonima ci ha messo sopra uno strappo di scotch di carta. Per sostituire quel “XIII” in “XIV”. Nessuno fa troppo caso alla svista. Anzi, la lista dei nomi è lunga per l’udienza con il primo Papa statunitense: Maurita, Guadalupe, Asli, Isaac, Halyna… Bambini e anziani, donne e uomini, italiani e stranieri. Gli uni accanto agli altri. Nel palazzone che li accoglie. E nell’elenco a penna che racconta il piccolo mondo ospitato al civico 55 di via Santa Croce di Gerusalemme nell’hinterland della stazione Termini.

«Buongiorno e benvenuto», saluta appena entrati il ragazzo dai tratti latinoamericani che siede dietro il bancone della portineria. Più che altro un tavolo, sistemato appena sopra la rampa di scale che si apre dentro la recinzione affacciata su una delle strade del quartiere Esquilino. Autosorveglianza agli ingressi del parallelepipedo di mattoni e cemento dove la parola d’ordine è autogestione. Sopra l’enorme cancello rosso, lo striscione che a Roma già dice tutto: “Spin Time”. Lo stabile occupato dal 2013. Il colosso di 21mila metri quadrati che dà un tetto a quasi 400 «brave persone», come si definiscono in uno dei manifesti affissi sulle facciate, che «non rispettano le leggi ingiuste» perché le hanno lasciate “senza dimora”. Il monoblocco che, secondo i punti di vista, è l’icona dell’illegalità tollerata in città o il simbolo del riscatto degli esclusi dove la lotta per il diritto alla casa ha fatto nascere all’interno centri d’aggregazione e sportelli sociali all’insegna del motto “Più umanità e cultura, meno profitto e mercato”.

E adesso “Spin Time” è la sede del quinto Incontro mondiale dei movimenti popolari che si tiene a Roma per il Giubileo. Un raduno che era stato voluto da papa Francesco e che Leone XIV ha abbracciato. «Una sorpresa da parte del nuovo Pontefice? No. L’attenzione agli ultimi è il cuore del Vangelo», spiega don Mattia Ferrari. Cappellano di Mediterranea, la ong salva-migranti, e membro della «comunità di Spin Time», come si descrive, è il coordinatore della piattaforma ecclesiale targata papa Bergoglio che raccoglie i movimenti di tutto il pianeta. E la mente dell’appuntamento nel “grattacielo ribelle” organizzato con gli inquilini del palazzone assieme al Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Non è un caso che il cardinale prefetto Michael Czerny si presenti fra i corridoi e gli appartamenti “conquistati”. «I poveri non solo subiscono le angherie, ma lottano contro di esse. C’è bisogno di costruire una società fraterna. E la Chiesa è accanto a chi cerca modelli alternativi di sviluppo economico e di utilizzo delle risorse rispetto a quello dominante che ogni giorno mostra tutti i suoi dannosi effetti», dice Czerny. Prima di lui è la volta del cardinale vicario di Roma, Baldassare Reina, che apre i lavori nei sotterranei del fabbricato. «L’accoglienza e l’amore per il prossimo sembrano usciti dal vocabolario contemporaneo. La comunità ecclesiale intende fare proprio il grido dei poveri», incoraggia. Venerdì 24 ottobre, ultima delle cinque giornate del summit popolare, tocca al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, varcare i portoni del condominio abusivo. A precederli, nel 2019, era stato l’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski, mandato a riattaccare l’energia elettrica che era stata tagliata per morosità.



C’è chi storce il naso di fronte alla scelta di portare un evento dell’Anno Santo in un angolo “rivoluzionario”. Soprattutto se si guarda al suo passato. Ex centro direzionale dell’Inpdap, l’Istituto nazionale di previdenza dei dipendenti pubblici, era stato abbandonato prima di finire nelle mani di 150 famiglie con il blitz «a scopo abitativo» di Action-Diritti in movimento. La maggioranza di loro sotto sfratto. E dal 2021 sotto sgombero è l’intero edificio: acquistato dal fondo Investire Sgr che ne pretende la restituzione e che, almeno sulla carta, l’ha ottenuta in tribunale. «Spin Time non è un albergo», denuncia un totem lungo gli scaloni. Perché era stato ipotizzato che qui dovesse sorgere un hotel di lusso. «Piano casa subito», reclamano i residenti. Quello annunciato dall’amministrazione di Roma Capitale per rilevarlo, risistemarlo e riconsegnarlo al “popolo” che lo abita dal primo al settimo piano o che lo frequenta nei due piani seminterrati, fra teatro, barbiere, studio di registrazione, biblioteca, punto Asl e 24 associazioni che lo animano. Costo stimato: 36 milioni di euro.

«Una provocazione il nostro incontro? Macché - replica don Mattia -. Perché a “Spin Time” si sperimenta la cultura dell’incontro fra 27 nazionalità che convivono nello stesso luogo. E perché si tocca con mano il dialogo fra realtà che possono apparire distanti: i collettivi, la Chiesa, le istituzioni». Come testimonia anche il linguaggio di chi partecipa all’incontro: 170 delegati di 26 Paesi. C’è chi parla di «fratelli e sorelle»; chi si rivolge ai «compagni» e alle «compagne». Chi fa riecheggiare le «classi subalterne» e «l’imperialismo americano», ad esempio l’argentino Alejandro Gramajo; chi cita il Magnificat per ricordare che «gli umili saranno innalzati», come l’ambasciatrice della Bolivia presso la Santa Sede, Teresa Susana Subieta Serrano. A fare da comune denominatore “3 T” che riassumono i diritti fondamentali per i quali i movimenti popolari si impegnano: tierra, techo, trabajo, ossia terra, tetto, lavoro.

Non si stupiscono di trovarsi nel “palazzo delle violazioni” i vescovi e i sacerdoti arrivati da Europa, Africa e America che ci vedono una battaglia per il “tetto”. «Occorre andare da chi reclama giustizia - spiega il vescovo nigeriano Luka Sylvester Gopep -. La giustizia è uno dei fulcri della Dottrina sociale. E la Chiesa è tenuta a dare voce a chi non ha voce, denunciando affarismo, sfruttamento, emarginazione». Vale per la gente di “Spin Time”. Vale per gli ultimi in ogni angolo del mondo. Compresi gli Stati Uniti dell’era Trump. «Noi immigrati non siamo solo malpagati e ghettizzati, ma adesso anche criminalizzati», fa sapere Gloria Morales Palos, californiana d’origine messicana. È la spagnola Xaro Castellò del Movimento mondiale dei lavoratori cristiani ad anticipare l’agenda politica dell’assemblea: «salario universale che chiede anche la Chiesa», «lavoro dignitoso e sicuro», «riduzione degli orari di lavoro», «urgenza della pace perché la guerra fa comodo al sistema economico capitalistico».

«Globalizziamo la battaglia; globalizziamo la speranza», rimarca Rose Molokane di Slum Dwellers International Sudafrica, il network concepito per contrastare la povertà urbana. «Come facciamo a “Spin Time” - sottolinea Giovanna Cavallo -. In questa cattedrale dello scarto mostriamo che un mondo diverso è possibile: senza proprietà privata, nel segno della fratellanza e della responsabilità, dove la povertà diventa forza di cambiamento». Con il Giubileo che dalle stanze requisite invita a «includere i dimenticati», afferma il cardinale Czerny. E nel caseggiato sospeso in molti auspicano che l’Anno Santo non porti soltanto la «nuova maglietta» di “Spin Time”, come annuncia un avviso vicino agli ascensori, ma soprattutto una svolta. «La nostra non è un’occupazione illegale ma una comunità aperta - ribadisce Andrea Alzetta, nome di battaglia Tarzan -. Il Comune compia l’auspicato scatto: passi dalle parole ai fatti, e regolarizzi il nostro avvenire».

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