Lino Banfi: «Il mondo aspetta Francesco. Per lui ho pianto in questi giorni»
di Enrico Lenzi
Tra i tanti che in questi giorni pregano per la salute del Papa c'è anche l'attore pugliese, legato a Bergoglio da affetto e stima. «Ricordo con gratitudine la sua vicinanza quando persi mia moglie»

«Non le nascondo che in questi giorni sono molto preoccupato. E non mi vergogno a dire che ho anche pianto». La voce è commossa. L’amicizia e l’affetto che legano Lino Banfi a papa Francesco è nota e in questi giorni in molti lo hanno cercato per ottenere una testimonianza, un pensiero, un augurio. «Li capisco, ma in questo momento vorrei mantenere un atteggiamento di basso profilo». Accetta, però, di parlare con Avvenire, anche perché del suo rapporto di amicizia e stima con papa Francesco aveva già raccontato in occasione del numero speciale che il nostro quotidiano aveva dedicato nel 2023 al decennale del pontificato di Bergoglio. Il loro rapporto è costellato di diversi incontri e di moltissimi episodi di affetto che adesso è messo a dura prova dal ricovero del Papa al Policlinico Gemelli di Roma.
«In queste due settimane di ricovero, il 22 febbraio, è caduto anche il secondo anniversario della morte di mia moglie Lucia, che lui ha conosciuto – racconta Banfi –. E tempo fa mi aveva promesso che quel giorno avrebbe celebrato una Messa per lei. Ovviamente il ricovero gli ha impedito tutto questo, ma ricordo con gratitudine la sua attenzione nei miei confronti». Non solo. «In questi giorni sono diventato bisnonno – prosegue – e avrei voluto comunicarglielo, visto che proprio lui mi ha “promosso” da nonno d’Italia a nonno d’Europa. E così mi piacerebbe fargli sapere che adesso posso essere considerato anche il “bisnonno” d’Europa. Non vedo l’ora di poterglielo dire quando farà ritorno a Casa Santa Marta. Perché sono sicuro che ritornerà a casa pur continuando a curarsi».
Il rapporto tra l’attore pugliese e il Papa argentino è segnato anche da molti momenti di divertimento. «Conservo gelosamente il file audio che mi ha mandato il 9 luglio dello scorso anno in occasione del mio compleanno. Avevo ricevuto una telefonata da un numero riservato e non avevo risposto come faccio di solito in queste occasioni. Così per farmi capire che era lui, mi ha inviato un messaggio audio. Ma neppure questo mi aveva convinto pienamente. Pensavo a qualche collega imitatore, ad esempio Massimo Lopez molto bravo nell’imitazione di papa Francesco, che voleva farmi uno scherzo. Allora ho richiamato il numero da cui mi era arrivato l’audio e quando mi hanno risposto ho sentito dire “è Banfi, le passo il suo amico”. Ed era davvero Francesco».
E quella è stata anche l’occasione per il Papa di scherzare con Lino Banfi sul fatto che il compleanno dell’attore si snoda su tre giorni, «“come per i Principi”, mi disse». «Sono infatti nato il 9 luglio 1936 – tra l’altro cinque mesi prima del Papa che è del 17 dicembre 1936 – ma all’anagrafe sono stato registrato solo l’11 luglio», spiega Banfi.
Del resto quello di far sorridere il Papa è «la mia missione. Glielo ho detto chiaramente che desidero essere il suo giullare, cioè quello che gli offre un momento di spensieratezza tra i tanti problemi che deve affrontare. Con lui sono stato chiaro: io vengo qui, le racconto una barzelletta, la faccio sorridere e poi me ne vado». Missione che Banfi ha cercato di compiere anche il giorno del ricovero del Papa al Policlinico Gemelli. «Quel giorno gli ho mandato un messaggio nel quale gli ho scritto che lui e io non ci possiamo permette di morire. Lei, Santità, perché deve far finire le guerre e far diventare la gente più buona; io perché devo far ridere le persone. Abbiamo due compiti, gli ho scritto, difficili ma che dobbiamo compiere ancora per una decina d’anni. I tempi supplementari ci devono essere concessi». L’importanza del saper sorridere «papa Francesco l’ha sottolineata in molte occasioni definendo “il sorriso come un solletico al cuore, una carezza all’anima” – ricorda l’attore pugliese –, e so che lo avrebbe ribadito nella visita a Cinecittà, saltata per il ricovero e che spero possa recuperare in futuro».
Sorrisi, ma anche colloqui intensi e personali che sono rimasti nel cuore di Banfi. «Mia moglie mi fece chiedere al Papa se lui, che era più vicino a Dio, potesse farci la grazia di morire insieme. Il Papa rimase molto colpito e commosso, e mi rispose che non era nelle sue possibilità, ma che avrebbe continuato a pregare per noi. E sottolineò come era importante la mia capacità di far sorridere mia moglie nel corso della malattia. “Magari le persone avessero vicine persone come te”, mi disse». Preghiera che non è mancata neppure il giorno del funerale di Lucia quando il Papa mandò un commosso messaggio. Ora è Banfi a trepidare per la sorte del suo “amico Papa”. «Non vedo l’ora di poterlo incontrare ancora a Santa Marta. Il mondo ha ancora bisogno di Francesco».
«In queste due settimane di ricovero, il 22 febbraio, è caduto anche il secondo anniversario della morte di mia moglie Lucia, che lui ha conosciuto – racconta Banfi –. E tempo fa mi aveva promesso che quel giorno avrebbe celebrato una Messa per lei. Ovviamente il ricovero gli ha impedito tutto questo, ma ricordo con gratitudine la sua attenzione nei miei confronti». Non solo. «In questi giorni sono diventato bisnonno – prosegue – e avrei voluto comunicarglielo, visto che proprio lui mi ha “promosso” da nonno d’Italia a nonno d’Europa. E così mi piacerebbe fargli sapere che adesso posso essere considerato anche il “bisnonno” d’Europa. Non vedo l’ora di poterglielo dire quando farà ritorno a Casa Santa Marta. Perché sono sicuro che ritornerà a casa pur continuando a curarsi».
Il rapporto tra l’attore pugliese e il Papa argentino è segnato anche da molti momenti di divertimento. «Conservo gelosamente il file audio che mi ha mandato il 9 luglio dello scorso anno in occasione del mio compleanno. Avevo ricevuto una telefonata da un numero riservato e non avevo risposto come faccio di solito in queste occasioni. Così per farmi capire che era lui, mi ha inviato un messaggio audio. Ma neppure questo mi aveva convinto pienamente. Pensavo a qualche collega imitatore, ad esempio Massimo Lopez molto bravo nell’imitazione di papa Francesco, che voleva farmi uno scherzo. Allora ho richiamato il numero da cui mi era arrivato l’audio e quando mi hanno risposto ho sentito dire “è Banfi, le passo il suo amico”. Ed era davvero Francesco».
E quella è stata anche l’occasione per il Papa di scherzare con Lino Banfi sul fatto che il compleanno dell’attore si snoda su tre giorni, «“come per i Principi”, mi disse». «Sono infatti nato il 9 luglio 1936 – tra l’altro cinque mesi prima del Papa che è del 17 dicembre 1936 – ma all’anagrafe sono stato registrato solo l’11 luglio», spiega Banfi.
Del resto quello di far sorridere il Papa è «la mia missione. Glielo ho detto chiaramente che desidero essere il suo giullare, cioè quello che gli offre un momento di spensieratezza tra i tanti problemi che deve affrontare. Con lui sono stato chiaro: io vengo qui, le racconto una barzelletta, la faccio sorridere e poi me ne vado». Missione che Banfi ha cercato di compiere anche il giorno del ricovero del Papa al Policlinico Gemelli. «Quel giorno gli ho mandato un messaggio nel quale gli ho scritto che lui e io non ci possiamo permette di morire. Lei, Santità, perché deve far finire le guerre e far diventare la gente più buona; io perché devo far ridere le persone. Abbiamo due compiti, gli ho scritto, difficili ma che dobbiamo compiere ancora per una decina d’anni. I tempi supplementari ci devono essere concessi». L’importanza del saper sorridere «papa Francesco l’ha sottolineata in molte occasioni definendo “il sorriso come un solletico al cuore, una carezza all’anima” – ricorda l’attore pugliese –, e so che lo avrebbe ribadito nella visita a Cinecittà, saltata per il ricovero e che spero possa recuperare in futuro».
Sorrisi, ma anche colloqui intensi e personali che sono rimasti nel cuore di Banfi. «Mia moglie mi fece chiedere al Papa se lui, che era più vicino a Dio, potesse farci la grazia di morire insieme. Il Papa rimase molto colpito e commosso, e mi rispose che non era nelle sue possibilità, ma che avrebbe continuato a pregare per noi. E sottolineò come era importante la mia capacità di far sorridere mia moglie nel corso della malattia. “Magari le persone avessero vicine persone come te”, mi disse». Preghiera che non è mancata neppure il giorno del funerale di Lucia quando il Papa mandò un commosso messaggio. Ora è Banfi a trepidare per la sorte del suo “amico Papa”. «Non vedo l’ora di poterlo incontrare ancora a Santa Marta. Il mondo ha ancora bisogno di Francesco».
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