Denuncia e dialogo: Leone XIV ha lanciato un'offensiva di pace su Gaza
Le dure parole del Papa all’Angelus: «Attacchi contro la gente», «uso indiscriminato della forza», «spostamenti forzati». Ma anche telefonate ai capi di Stato e «comunione» fra le religioni

La denuncia di Leone XIV è netta. E le sue parole inequivocabili su quanto sta accadendo a Gaza. «Continui attacchi militari contro la popolazione civile e i luoghi di culto», spiega il Papa; «punizione collettiva» per indicare la vendetta contro la comunità palestinese, rea – agli occhi delle autorità israeliane – di non prendere le distanze da Hamas; «uso indiscriminato della forza» per censurare quello che viene etichettato come “fuoco sproporzionato”; «spostamento forzato della popolazione» per biasimare i piani di evacuazione dei palestinesi dalla Striscia che, invece, il governo di Tel Aviv considera un “trasferimento volontario”. Parole che il Pontefice pronuncia domenica dopo la preghiera dell’Angelus a Castel Gandolfo, la cittadina a trenta chilometri da Roma dove sta trascorrendo il suo soggiorno estivo.
Eppure la sua condanna “senza sé e senza ma” della «barbarie della guerra» a Gaza non è chiusura. Anzi, com’è nello stile della Chiesa, è chiamata al dialogo. Impegno a «far dialogare i nemici», aveva annunciato papa Leone nei primi giorni di pontificato, che vale tanto più in Terra Santa. Telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu che venerdì lo aveva chiamato dopo l’attacco alla chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. «Abbiamo insistito sulla necessità di proteggere i luoghi sacri e di lavorare insieme in questo senso per lasciare tanta violenza e tanto odio» alle spalle, spiega il Papa ai giornalisti dopo la Messa di domenica nella Cattedrale di Albano. E chiarisce: «Dobbiamo dialogare». Telefonata ieri mattina con Mahmoud Abbas (Abu Mazen), «presidente dello Stato di Palestina», come viene definito nel comunicato della Sala Stampa vaticana che ne dà conto. Fra i temi della conversazione il rinnovato «appello» del Papa «al pieno rispetto del diritto internazionale umanitario»; l’«obbligo di proteggere i civili e i luoghi sacri»; l’«urgenza di prestare soccorso a chi è maggiormente esposto alle conseguenze del conflitto e di permettere l’ingresso adeguato di aiuti» di fronte alla «drammatica situazione umanitaria».
È la necessità di creare ponti ciò che anima il Papa e la comunità ecclesiale; non di alzare muri. Lo ribadisce il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, ai media vaticani: non «abbiamo nulla contro il mondo ebraico e non vogliamo assolutamente apparire come coloro che vanno contro la società israeliana e contro l’ebraismo, ma abbiamo il dovere morale di esprimere con assoluta chiarezza e franchezza la nostra critica alla politica che questo governo sta adottando a Gaza». Distinzione chiara. E indicazione a tenere aperti i canali con lo Stato d’Israele e tanto più con il mondo ebraico. Un’occasione è offerta anche dai 60 anni – che si celebrano nel 2025 – di Nostra aetate, la dichiarazione conciliare che ha scritto un nuovo capitolo nelle relazioni fra Chiesa cattolica e popolo dell’Alleanza. Un’esigenza di riavvicinamento che Leone XIV condensa domenica, durante l’Eucaristia ad Albano, nel richiamo «a superare fratture, ostilità e a costruire comunione tra le persone, tra i popoli, fra le religioni».
Tutto ciò non esclude il bisogno di dare voce a chi non ce l’ha. Come chi viene bersagliato dai raid israeliani. All’Angelus il Papa chiama per nome i tre cristiani morti nell’attacco alla parrocchia di Gaza – Saad Issa Kostandi Salameh, Foumia Issa Latif Ayyad, Najwa Ibrahim Latif Abu Daoud – perché nei loro nomi «sono presenti tutte le vittime della tragedia» della Striscia, sottolinea il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, commentando l’intervento del Pontefice. «Ai nostri amati cristiani mediorientali – aggiunge Leone XIV – dico: sono vicino alla vostra sensazione di poter fare poco davanti a questa situazione così drammatica. Siete nel cuore del Papa e di tutta la Chiesa. Grazie per la vostra testimonianza di fede». È lo stesso Pizzaballa che, di rientro da Gaza dove domenica ha presieduto la Messa nella chiesa colpita, definisce la politica di Netanyahu sulla Striscia «non giustificabile». E racconta le due immagini che si porta con sé: le «lunghe distese di tende dove la gente vive in condizioni di estrema precarietà sia»; e l’«ospedale» con «i bambini mutilati, accecati per le conseguenze dei bombardamenti». Altrettanto forti le parole del cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali: «gesto disumano» il blitz contro la Sacra Famiglia. Alla comunità internazionale il Pontefice ripete ancora una volta di «osservare il diritto umanitario» e di «rispettare l’obbligo di tutela dei civili». Poi invita alla preghiera «chiedendo al Signore di illuminare i nostri governanti e ispirare in loro progetti di pace». A partire da quelli che il Papa e la Chiesa considerano i primi destinatari della loro offensiva di pace.
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