giovedì 20 marzo 2014
Il progetto europeo non deve essere messo a rischio o abbandonato, abbiamo troppo da perdere. Tutti dobbiamo contribuire in maniera costruttiva a plasmare il futuro della Ue. (Francesco Ognibene)
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L’Europa unitaria è a «un punto di svolta». La situazione che sta vivendo la Ue, stretta tra recessione, disoccupazione e le risorgenti tentazioni isolazioniste, esige parole chiare nel momento in cui 400 milioni di elettori nei 28 Paesi della Ue si accingono a rinnovare – dal 22 al 25 maggio – il Parlamento di Strasburgo. A condensarle in una dichiarazione diffusa ieri è la Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), che esprime consapevole preoccupazione per il momento sociale ed economico della Ue mettendo in guardia da rischi sinora forse sottovalutati: «Il progetto europeo non venga messo a rischio o abbandonato sotto le attuali costrizioni. È essenziale che tutti noi – politici, candidati all’ufficio parlamentare, tutti i soggetti interessati – contribuiamo in maniera costruttiva a plasmare il futuro dell’Europa. Abbiamo troppo da perdere da un eventuale deragliamento del progetto europeo». Esortando a riflettere sull’importanza del proprio voto, che va espresso a partire da «una coscienza informata», l’organismo ecclesiale incoraggia anzitutto i giovani – «molti purtroppo disoccupati» – perché facciano in modo «che la loro voce venga ascoltata, impegnandosi nel dibattito politico e, soprattutto, votando». A chi si candida a un seggio all’Europarlamento i vescovi chiedono di essere «coscienti» dei danni causati dalla crisi in particolare sui «già poveri e vulnerabili», sui «giovani» e i «disabili», rivolgendo la loro attenzione ai «nuovi poveri». La crisi «ha messo alla prova le relazioni tra gli Stati membri» generando una «situazione drammatica, per molti addirittura tragica». La Comece propone il ritorno alla «temperanza» e a una «cultura di moderazione» che dia «forma all’economia sociale di mercato»: «Dobbiamo imparare a vivere con meno», e «allo stesso tempo fare in modo che coloro che si trovano in una condizione di reale povertà ottengano una parte più giusta». Fissati i criteri generali, i vescovi Ue scendono alle indicazioni concrete richiamando l’attenzione su otto «aree specifiche delle politiche Ue». L’elenco argomentato è aperto dal «principio di sussidiarietà», definito «pilastro basilare dell’unica famiglia di Stati-nazione che costituiscono l’Ue», senza compromettere «le tradizioni prevalenti in così tanti tra gli Stati membri». Pescando nella dottrina sociale della Chiesa la Comece insiste poi sulla «solidarietà» e su una «visione dell’uomo radicata in un profondo rispetto della dignità umana»: «La vita – si legge nel documento – deve essere protetta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale», ma anche «la famiglia» deve restare come «elemento costruttivo fondamentale della società» cui accordare la «protezione di cui necessita». La Commissione degli episcopati europei cita poi l’«immigrazione» – «la responsabilità dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e dei richiedenti asilo deve essere condivisa in maniera proporzionata dagli Stati membri» –, la «sostenibilità», la «libertà religiosa», il rispetto del «giorno di riposo settimanale comunemente condiviso, che è la domenica», e l’attenzione per gli «anziani» cui vanno garantiti «il livello e la qualità delle cure alle quali hanno diritto».
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