sabato 17 dicembre 2022
I tre elementi scultorei conservati ai Musei Vaticani rappresentano una piccola porzione del vasto patrimonio artistico dell’Acropoli, ospitato principalmente al British Museum di Londra
Dall’alto in senso orario, il frammento della testa di un cavallo, la testa di fanciullo e la testa virile provenienti dal Partenone di Atene e fin dall’Ottocento conservati presso le Collezioni Pontificie e nei Musei Vaticani

Dall’alto in senso orario, il frammento della testa di un cavallo, la testa di fanciullo e la testa virile provenienti dal Partenone di Atene e fin dall’Ottocento conservati presso le Collezioni Pontificie e nei Musei Vaticani - Ansa / Musei Vaticani

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Papa Francesco, «quale segno concreto del sincero desiderio di proseguire nel cammino ecumenico di testimonianza della Verità, ha deciso di donare a sua beatitudine Ieronymos II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, i tre frammenti del Partenone, da secoli custoditi con cura presso le Collezioni Pontificie e nei Musei Vaticani ed esposti a milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo», come recita il comunicato ufficiale diffuso dalla Santa Sede.

Si tratta di tre frammenti realizzati in marmo pentelico, la finissima pietra estratta poco lontano da Atene, giunti in Vaticano nel corso del XIX secolo e che e appartenevano originariamente alla decorazione scultorea del Partenone, il tempio che domina tuttora l’Acropoli della capitale ellenica, costruito per volontà di Pericle tra il 447 e il 432 a.C. e affidato alla creatività dello scultore Fidia.

Il primo tre frammenti donati dal Papa all’arcivescovo di Atene raffigura una testa di cavallo che proviene dal frontone occidentale dell’edificio, sul quale era rappresentata la disputa tra Atena e Poseidone per il dominio dell’Attica: gli archeologi hanno individuato nel frammento uno dei cavalli che trainavano la quadriga di Atena.

Il secondo frammento raffigura una testa di fanciullo, identificato con un personaggio presente nel fregio che avvolgeva la cella del tempio: in particolare, poteva trattarsi di un portatore delle focacce che venivano offerte durante la processione della Panatenee in onore sempre di Atena.

Il terzo frammento è a sua volta una testa d’uomo, questa volta di età più matura e con la barba: potrebbe trattarsi di una delle metope presenti sul lato meridionale dell’edificio, dove era raffigurata una Centauromachia.

I tre reperti al centro della donazione rappresentano soltanto una piccola frazione del ricchissimo apparato scultoreo che ornava il Partenone, così come l’intera Acropoli; la maggior parte dei fregi è conservata presso il Britsh Museum di Londra ed è da anni al centro di un vasto dibattito internazionale tra chi ne vorrebbe il trasferimento ad Atene e chi preferirebbe mantenerli nella capitale britannica. L’acquisizione da parte del British, dove sono esposti in ampie sale gratuitamente accessibili, risale al 1816, quando il museo londinese rilevò la grande quantità di reperti portati in Inghilterra da Thomas Burce di Elgin, il quale a sua volta nel 1811 ne aveva ottenuto l’autorizzazione dal governo ottomano che all’epoca deteneva la sovranità sulla Grecia. Da tempo Atene chiede il rimpatrio dei fregi, che vorrebbe collocare in un proprio museo il quale, nelle intenzioni, dovrebbe riunire tutti i frammenti del Partenone sparsi nel mondo; l’opzione di una ricomposizione in situ non appare al momento percorribile ed è in corso da anni una mediazione Unesco tra Grecia e Gran Bretagna.

La donazione di papa Francesco muove quindi verso la direzione tanto desiderata dalla Grecia, nella sua gratuità e spontaneità, e al contempo si inserisce nell’ancora più ampio dibattito sul ruolo delle collezioni museali nel mondo, concentrate per evidente ragioni storiche nelle grandi città dell’Occidente. Se infatti, da un lato, un movimento di opinione di matrice principalmente - ma non solamente - postcoloniale vorrebbe “restituzioni” di massa, restano dall’altra solide ragioni - di conservazione, di tutela, di accessibilità dei reperti - in difesa delle istituzioni museali tradizionali, le quali peraltro stanno conoscendo a loro volta negli ultimi anni un profondo processo di ripensamento del loro ruolo, incentrato sempre più sulla comunità e sulla relazione e sempre meno sulla mera conservazione.

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