sabato 21 dicembre 2019
Due volte alla settimana l’incontro in chiesa delle prostitute fra canti, invocazioni, richieste di perdono e di “bene per tutti” L’idea del vescovo Anselmi, che le chiama «sorelline»
Uno dei caruggi di Genova, i vicoli del centro storico (Boato)

Uno dei caruggi di Genova, i vicoli del centro storico (Boato) - Boato

COMMENTA E CONDIVIDI

La preghiera delle “sorelline” si tiene due volte alla settimana all’ora di pranzo in due chiese dei caruggi, nel centro storico di Genova. Si parte con la lettura del Vangelo del giorno in due o tre lingue, si canta e si prega per le intenzioni delle partecipanti. Che sono le prostituite di giorno nei vicoli attorno alla basilica di Santa Maria delle Vigne e a quella di Maria Maddalena. Molte vengono dall’America Latina e vivono in Liguria da anni. Integrate e tollerate, ciascuna ha una storia di povertà, sacrifici e umiliazioni.

La preghiera è guidata da una suora africana di Nostra Signora degli Apostoli, suor Anicette. Vi assistono padre Marco Prada, sacerdote della Società delle missioni africane, cui è affidata la parrocchia di Santa Maria di Castello, e il vescovo ausiliare Nicolò Anselmi, parroco anche di queste anime della città vecchia cantata da Fabrizio De Andrè.

È stato Anselmi ad aver avuto questa idea nel nome di quella Chiesa “in uscita” cara al Papa, dal quale ha portato in udienza quelle che chiama “sorelline”. E la preghiera mostra la forza spirituale della Chiesa degli ultimi, aperta a tutte e a tutti. Viene annunciata da alcuni volontari un’ora prima circa con un giro nei vicoli alle spalle delle Strade Nuove e del sistema dei Palazzi dei Rolli, patrimonio Unesco dell’umanità, dove la prostituzione viene esercitata in casa e le donne aspettano sui portoni.

Sono latinoamericane, perlopiù domenicane e colombiane. L’approccio è amichevole, i volontari parlano anche del Natale imminente. Niente toni paternalistici e rimproveri. «Gesù non ha giudicato nessuna – dicono i volontari – anzi ha detto che molte di loro precederanno tanti di noi nel Regno dei cieli. Questa frase le rasserena, le rassicura e le commuove. Sono cattoliche e non hanno perso il senso religioso. Le invitiamo liberamente alla preghiera bisettimanale organizzata per loro».

In chiesa le sedie vengono disposte in cerchio. Un volontario accorda la chitarra. Arrivano alla spicciolata, alla fine ne saranno una ventina. Ragazze, mamme e nonne. Dopo la lettura del Vangelo di Matteo, commentato brevemente dal vescovo, iniziano i canti in spagnolo che animano le celebrazioni sudamericane.

Inevitabile chiedersi perché vivano così. È la durezza della vita che le ha portate su questa strada e ormai, confidano, non sanno e non potrebbero fare altro per mantenere famiglie numerose lontane o dare un’esistenza migliore a figli studenti.

Nella preghiera si sciolgono amarezza e dolore, sentono la vicinanza di Dio. Lo si capisce dal calore con cui partecipano a canti che conoscono dall’infanzia e che parlano della bontà del Signore, di bellezza, di salvezza. Dalle braccia e dalle gambe che prendono a muoversi in una danza leggera, dalle mani che battono il tempo per rendere grazie a Dio della vita e che si cercano con solidarietà sincera.

La più anziana prega per il padre malato rimasto a casa. C’è chi ricorda i figli. Chi si commuove pensando ai parenti. Chi augura buon Natale al mondo e ricorda i bambini che soffrono. Dopo queste esperienze alcune hanno cambiato vita.

Le volontarie del Cif, storica associazione femminile cattolica, sono pronte ad aiutarle. Ma oggi la preghiera dei carruggi è soprattutto risposta ai cercatori del senso smarrito del Natale. Nei vicoli dove non pensavi soffiasse lo Spirito si trova una fede vera nel Salvatore che nasce. Molte ci precederanno.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: