Le risposte difficili da trovare e la preghiera: l'ultimo saluto a don Matteo

Il vescovo Brambilla ha celebrato a Cannobio i funerali del giovane sacerdote che si è tolto la vita: «Impariamo a condividere le nostre paure e a viverle assieme, con Dio»
July 7, 2025
Le risposte difficili da trovare e la preghiera: l'ultimo saluto a don Matteo
. | Cannobio, i compagni di Messa di don Matteo Balzano portano a spalle il feretro del giovane sacerdote originario di Grignasco in diocesi di Novara
Riconoscenza. Preghiera. Silenzio. Tre parole per l’ultimo saluto a don Matteo Balzano, che nei giorni scorsi si è tolto la vita a 35 anni. La Collegiata di Cannobio, in diocesi di Novara, questa mattina non bastava a contenere le persone. Forse solo in un’altra occasione si vede così: a inizio gennaio, giorno in cui la comunità rivive il Miracolo della Sacra Costa.
In prima fila tra i banchi loro, i ragazzi. Che tanto amava e con i quali camminava nel suo ministero. Attoniti, lacrime agli occhi, una maglietta indosso “don Matteo, per sempre con noi”. Accanto mamma Rita, papà Giovanni, la sorella Elsa, i famigliari. E il presbiterio diocesano. I compagni di seminario, amici dai tempi della scuola. Un paese intero che si è fermato e ha accolto gli abitanti vicini della Valle Cannobina, oltre che del suo paese natale, Grignasco, in Valsesia.
Don Matteo Balzano in una foto del 2016 - Dalla pagina Facebook dell'Oratorio San Giuseppe (Vanzone con San Carlo)
Don Matteo Balzano in una foto del 2016 - Dalla pagina Facebook dell'Oratorio San Giuseppe (Vanzone con San Carlo)
Il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, visibilmente commosso. Una vicinanza che supera i confini diocesani: «In questi giorni ho ricevuto messaggi da almeno trenta vescovi da tutta Italia e da molte associazioni». Poi ha aggiunto: «Oggi vorrei proporre a tutti noi tre domande a cui provare, se non a dire, quanto meno a balbettare una risposta a proposito della tragedia che stiamo vivendo. Cosa dice a tutti noi, la morte di don Matteo? Anzitutto, cosa dice a me vescovo, a noi sacerdoti e alle persone che vivono al nostro fianco nella comunità?».
Una risposta, il presule la cerca nelle Letture che il rito ambrosiano propone e narra dei preparativi per l'ultima cena: «Ecco, vivere la Pasqua del Signore è il senso profondo del ministero del prete. Pasqua significa “passaggio”. Nei momenti più bui e difficili che sperimentiamo, ricordiamoci che questo “passaggio” lo viviamo sempre accanto al Signore. Per farlo dobbiamo imparare a non nasconderci di fronte alle nostre paure e fatiche. Dobbiamo imparare ad ascoltarci. E a trovare, nei nostri rapporti fraterni, linguaggi e parole di accoglienza e comunione».
La seconda domanda posta da Brambilla è: «Cosa dice ai giovani questa morte? Domenica scorsa ho incontrato il gruppo di ragazze e ragazzi dell’oratorio di Cannobio, affranti dal dolore - ha raccontato il vescovo -. Anche le parole che mi hanno rivolto echeggiavano in qualche modo le parole di Gesù in croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Li incontrerò ancora per parlare con loro. Ma intanto ho chiesto di scrivere quello che stanno vivendo, di raccontare il loro rapporto con don Matteo. E ho posto a loro la domanda “cosa dice a voi questo dramma?”. Vorrei che ascoltaste la loro risposta».
All'ambone è quindi salita Alessia, una ragazza di Cannobio, per leggere un testo condiviso con tutti i giovani dell’oratorio: «Caro don Matteo – le parole della lettera – sei stato più del nostro “don”, più del nostro confessore e più della nostra guida. Sei stato un nostro amico sincero. Non dimenticheremo mai il tempo speso insieme, durante i gruppi in oratorio. Affrontando temi seri e importanti per le nostre vite. Ma anche quelli più leggeri. Il nostro rapporto con te non è finito. Si è solo trasformato. Perché sappiamo che tu sarai sempre con noi».
Brambilla, quindi, riprendendo la parola ha posto la terza domanda: cos dice questa morte a tutte le famiglie e alla città? «Cosa ci dice questa morte che ha colpito così nel profondo i nostri cuori? Dice dell’importanza e dell’urgenza di rimettere al centro la cura dell’anima. Perché nelle nostre vite siamo troppo spesso distratti da altre priorità, da cose superficiali che ci distraggono da quelle importanti. L’affetto e il dolore per Matteo, che così in tanti hanno manifestato in questi giorni e che oggi ci unisce, potrà forse indicarci la strada per rispondere a queste domande».
Brambilla, poi, proseguendo l'omelia fino a quel momento pronunciata a braccio, ha voluto leggere «l’unica cosa che mi sono sentito di scrivere in questi giorni. Proprio dopo aver incontrato i ragazzi di Cannobio: dolce fratello, giovani orfani affranti, pianto infinito. Non so quando il mio cuore potrà smettere di piangere. Di certo anch’io, come questi giovani, non dimenticherò don Matteo».
Toccanti, poi, le parole di don Mauro Caglio, il parroco che in questi mesi ha vissuto nella quotidianità con don Matteo: «Grazie – ha esordito -. Ce lo siamo detti tante volte in questi venti mesi di condivisione fraterna. Quanta passione hai messo nel nostro oratorio. Eppure tutto questo, amico fedele, non è bastato». Don Gianmario Lanfranchini, vicario territoriale, nel leggere la biografia di don Balzano, ha aggiunto: «Il giorno di Pentecoste, poco dopo la calata della Sacra Costa, ti avevo chiesto: come stai? "Bene", mi hai risposto, "con tanti impegni"... Oggi ci troviamo qui uniti nella speranza e nella preghiera».
Al rito di commiato erano presenti anche i sindaci del territorio e, a nome di tutti, ha parlato il primo cittadino di Cannobio, Gianmaria Minazzi: «Era un punto di riferimento, un sacerdote tra i giovani. Lascia un vuoto in tutti noi. È il tempo di stringerci attorno ai familiari, a don Mauro e ai ragazzi dell’oratorio. Il ricordo di don Matteo rimane in ogni gesto di solidarietà».
Poi l'ultimo breve percorso per don Matteo, il cui feretro è stato portato a spalle proprio dai suoi compagni di Messa all'esterno per essere trasferito nella sua Grignasco, nella Valsesia. Qui, nel pomeriggio, un altro vescovo ha celebrato la Messa: Adriano Ciocca Vasino, originario della vicina Borgosesia. Che ha affidato l’omelia a don Franco Giudice, vicario episcopale per il clero. «Non siamo eremiti nel deserto ma pastori – ha esordito – e quando c’è qualcosa che pesa dobbiamo avere qualcuno che ci ascolti, che ci aiuti. Anche nei piccoli gesti. Perché è proprio nelle cose piccole che nascono i cambiamenti, che si strappano i sorrisi».
Poi don Giudice, riprendendo un discorso di san Carlo Borromeo ai sacerdoti, ha rimarcato: «Per aiutare gli altri anche noi preti dobbiamo trovare uno spazio opportuno per il nostro io. Gli esercizi spirituali e la riflessione, ad esempio, così come momenti liberi e di svago per gustare le cose belle della vita non sono inutili ma sono parte del nostro cammino di vita. Perché da soli non si va da nessuna parte e se si va ci si perde. Anche per questo è importante avere una guida spirituale. C’è poi un ultimo aspetto: il sacramento non è solo grazia ma è il simbolo di servire il Cristo e ci garantisce un rapporto personale con il Signore. È un modo particolare di avvertire il senso ecclesiale e deve permetterci di allargare i nostri orizzonti».
Commosso anche il ricordo del sindaco della cittadina, Roberto Beatrice: «Ho avuto il privilegio di assistere alla tua ordinazione sacerdotale, ho avuto l'onore di assistere alla tua prima Messa. Ho avuto la fortuna di conoscerti quando eri "solo" Matteo. Mi sembra tutto così surreale, così impossibile, invece è tutto tremendamente vero. In questi giorni ho riflettuto su quanto le persone che servono le comunità si ritrovino inevitabilmente un po' sole e il ruolo del prete, tra queste figure, è forse il più difficile. Spero tu possa avere trovato la pace e la serenità che cercavi, hai servito le comunità che ti hanno affidato con orgoglio e dedizione: c'è una marea di gente che ti vuole bene e sei stato un don speciale, soprattutto per i ragazzi. Il tuo sorriso rimarrà per sempre nei nostri cuori».

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