sabato 5 novembre 2016
La Messa in San Pietro con mille detenuti. Un’occasione per riflettere sulla vita dentro gli istituti di pena. «Nelle carceri facciamo crescere il rispetto per la persona umana»
Domenica Papa Francesco celebra il Giubileo dei carcerati
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Il programma del Giubileo dei carcerati

Sabato 5 novembre i circa mille detenuti che stanno partecipando a questo momento giubilare, dalle 15 alle 17, hanno visitato le chiese giubilari del centro storico della Capitale: San Salvatore in Lauro, Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova), San Giovanni Battista dei Fiorentini. Durante la sosta a questi luoghi di culto i detenuti hanno partecipato all’adorazione eucaristica e hanno potuto accostarsi al sacramento della Riconciliazione. Poi si è svolto il pellegrinaggio verso la Porta Santa in San Pietro.

Domenica 6 novembre il Giubileo dei carcerati vivrà il suo momento centrale nella Basilica di San Pietro. Alle 9 sono previste le testimonianze di alcuni reclusi. A seguire il Rosario in preparazione alla Messa. Poi alle 10 l’Eucaristia presieduta da papa Francesco (tra i concelebranti vi saranno anche i cappellani di alcuni penitenziari). Successivamente i detenuti accompagnati dai loro familiari assisteranno alle 12 alla preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro. Per l’occasione è prevista, tra l’altro, una esposizione di prodotti realizzati nelle carceri. Per questa iniziativa senza scopo di lucro si aprirà uno stand nei pressi di Castel Sant’Angelo.


Con questo Giubileo, l’opera di misericordia andrà aggiornata. «Non più e non solo visitare i carcerati – spiega don Virginio Balducchi – e neanche la comunità ecclesiale che li va a incontrare. Ma un incontro con la comunità cristiana del carcere. Per dialogare, pregare insieme, creare prospettive di riparazione sociale». Balducchi è l’ispettore generale dei cappellani cattolici delle carceri italiane, 230 in tutto, carceri minorili compresi.

La visita diventa incontro, dunque. E la comunità cristiana del carcere come sta vivendo il Giubileo, e l’attesa per domani?

La speranza, forse perfino il sogno che sta cominciando a realizzarsi, è di essere pensati dalla comunità ecclesiale come fratelli e sorelle; in altri termini, considerati non solo per il reato commesso, per il quale responsabilmente stanno pagando, ma anche per la capacità di operare il bene.

Voi cappellani avete dei segnali precisi in merito?

Sono arrivate e stanno arrivando molte lettere a papa Francesco di questo tenore. Alcune sono state preparate durante il percorso formativo in carcere, altre sono del tutto spontanee. I carcerati desiderano sentirsi parte della comunità cristiana.

Si sentono e sono comunità. Quindi «visitare i carcerati» diventa...

Diventa, si trasforma, cresce in un incontro tra comunità che dialogano. D’altronde tra “dentro” e “fuori” contatti e collaborazione sono già attivi. Ad esempio, ci sono comunità parrocchiali che accolgono detenuti in articolo 21. E il gesto del Papa che li invita a casa sua obbedisce proprio a questa logica: se il carcere “separa”, Francesco unisce.

Chi incontrerà domani il Papa?

Chi sconta pene alternative al carcere; carcerati in permesso premio, e sono detenuti condan- nati per ogni genere di reato; minori; agenti di polizia penitenziaria; i familiari; le vittime di reati; il mondo del volontariato che opera dentro il carcere e fuori, per il reinserimento; naturalmente noi cappellani e altri operatori, come direttori, educatori, magistrati di sorveglianza.

Un vero incontro di comunità. Ma quali problemi porteranno con sé?

Il primo obiettivo per il quale impegnarsi sempre di più in carcere credo sia di crescere nella capacità di rispetto per la persona, sempre. Ma con le carceri strapiene non è affatto facile. Poi sarebbe bene migliorare le condizioni di salute, rendere più facili gli incontri con i familiari, poter avere lavoro per tutti.

E il sovraffollamento?

Certo, sarebbe molto meglio se ci fossero meno detenuti, anche se chi lavora nel carcere, posso garantirlo, si sforza affinché le cose comunque migliorino. Però negli istituti più grossi, con più di mille detenuti, un lavoro educativo personalizzato è molto, molto difficile.

Per non dire quasi impossibile. Che cosa vi aspettate domani dal Papa?

Credo che le persone detenute si aspettino soprattutto tre cose. Un appello di Francesco ai po-litici, affinché si sforzino di trovare soluzioni alternative al carcere. Poi, vorrebbero che il Papa parlasse loro di Dio, un Dio vicino che vuole loro bene. Infine, sperimentare il perdono di Dio misericordioso, e dei fratelli e delle sorelle che hanno offeso.

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