mercoledì 5 luglio 2017
Dalle 16 la camera ardente a Sant'Eugenio. Domani alle 11 i funerali nella stessa chiesa di Roma
Una foto d'archivio del 24 gennaio 1994, durante la visita di Giovanni Paolo ll alla Sala stampa del Vaticano (Massimo Capodanno/Ansa)

Una foto d'archivio del 24 gennaio 1994, durante la visita di Giovanni Paolo ll alla Sala stampa del Vaticano (Massimo Capodanno/Ansa)

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Sarà esposta a partire dalle 16 nella sagrestia della Basilica di Sant'Eugenio (Viale delle Belle Arti, 10) la salma di Joaquin Navarro-Valls, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 1984 al 2006, morto mercoledì sera a Roma. Le esequie, informa la Sala Stampa, saranno celebrate da monsignor Mariano Fazio, vicario generale della prelatura dell’Opus Dei, domani, venerdì 7 luglio alle ore 11.00, presso la medesima Basilica.

Quel 2 aprile di 12 anni fa gli era rimasto accanto anche nel momento supremo. Joaquin Navarro-Valls fino alla fine insieme al Papa, Giovanni Paolo II, che lo aveva eletto a suo portavoce. E chissà che questa sera, al momento del trapasso del giornalista spagnolo, dal 1984 al 2006 direttore della Sala Stampa della Santa Sede, non sia stato proprio il Pontefice ora santo a spalancargli le porte della Casa del Padre. Di certo è suggestivo pensarlo, visto il rapporto specialissimo che per oltre due decenni legò il vescovo di Roma a questo laico, membro numerario dell’Opus Dei, da molti all’epoca considerato anche più importante di un cardinale.

A dare notizia del decesso è stato l’attuale direttore, Greg Burke, twittando una foto che ritrae il suo predecessore sorridente proprio insieme a Giovanni Paolo II. «Joaquin Navarro. 1936-2017. Continua a sorridere». Poco prima in un altro tweet aveva scritto: «Joaquin Navarro. Rip. La grazia sotto pressione».



In effetti sotto pressione, Navarro si è trovato molte volte nel suo lavoro, avendo condiviso con papa Wojtyla (attentato a parte) tutte le pagine più importanti di uno straordinario pontificato: le visite di capi di Stato (Gorbaciov in testa), la caduta del muro di Berlino (avvenimento che, come disse alla Radio Vaticana, in qualche modo Giovanni Paolo II sembrava aver "preavvertito"), i soggiorni estivi in montagna, i viaggi internazionali, le Gmg e i ricoveri in ospedale, lui che era laureato in medicina e che spesso traduceva per i giornalisti il "medicalese" dei bollettini ufficiali, specie nell’ultimo doloroso periodo, fino appunto a quella sera del 2 aprile.


Ventidue anni accanto a un santo di cui era stato la voce, e poi per quasi un anno a fianco a papa Benedetto XVI. E del resto alla compagnia dei santi Navarro era in qualche modo "abituato" fin da giovanissimo, visto che l’incontro con Josemaria Escrivà de Balaguer – fondatore dell’Opus Dei, con il quale aveva abitato nella casa romana dell’Obra – gli aveva cambiato la vita. Nato a Cartagena, in Castiglia, il 16 novembre 1936, si laureò all’università di Granada nel 1961 , continuando gli studi per un dottorato in Psichiatria. Sette anni dopo, la laurea anche in giornalismo e nel 1980 quella in scienze della comunicazione.

Inizia così la sua carriera più importante, lavorando per Nuestro Tiempo e poi inviato all’estero per il quotidiano di Madrid ABC. Proprio mentre è a Roma per conto di questa testata, Giovanni Paolo II lo chiama al servizio della Santa Sede («E come avrei potuto dire no al Papa?», disse qualche anno dopo ricordando quella chiamata, per cui sulle prime pensò a uno scherzo. «Ricordo che il Papa mi disse: "Io vorrei migliorare il modo con cui la Santa Sede informa il mondo". Allora chiesi: "Quanto tempo ho per pensarci?", e lui mi disse: "Faccia con calma. Domani mattina ci dà la risposta"»).


Navarro diviene così l’uomo di punta di una comunicazione a tutto tondo. Elegante e raffinato, sia nel vestire che nel parlare, cambia progressivamente le prassi sino ad allora in voga in Vaticano e arriva ben presto a stabilire un rapporto diretto con il Papa e i suoi più stretti collaboratori, sicché i giornalisti accreditati sanno che ciò che riferisce è sempre frutto di questo rapporto senza altre intermediazioni. Resta al suo posto anche oltre la fine del pontificato di Wojtyla, accompagnando i primi 15 mesi di quello di Joseph Ratzinger. A luglio del 2006, dopo la Giornata mondiale delle famiglie di Valencia (un canto del cigno a casa sua, in pratica), passa la mano a padre Federico Lombardi.


La fiducia di Giovanni Paolo II nei suoi confronti è pressoché totale e ne è prova il fatto che egli fa parte della delegazione della Santa Sede anche alle conferenze internazionali delle Nazioni Unite al Cairo (1994), a Copenaghen (1995), a Pechino (1995) e ad Istanbul (1996).


Nel 1994 porta il Papa nella rinnovata Sala Stampa vaticana, il giorno dell’inaugurazione. E talvolta ai giornalisti rivela anche il Wojtyla più nascosto. Come quella volta che il Papa lo chiamò per dirgli alcune cose e lo pregò di aspettare in cappella con lui perché doveva pregare. «Non so quanto tempo passò – raccontò –. Alla fine si rialzò e sembrò stupito di vedermi ancora lì. Ma il Papa era un mistico. Rapito da Dio». Da questa sera potranno di nuovo pregare insieme.

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